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Jules Verne: il visionario che immaginò il futuro

Jules Verne, nome leggendario della letteratura francese, non ha solo appassionato generazioni di lettori con i suoi romanzi avventurosi, ma ha anche profetizzato con sorprendente accuratezza alcune delle invenzioni che avrebbero rivoluzionato il mondo.

Un’epoca di prodigi e di fantasia

Nato a Nantes nel 1828, Verne visse in un’epoca di grandi sconvolgimenti tecnologici. La Prima e la Seconda Rivoluzione Industriale spinsero l’umanità verso traguardi mai visti prima: ferrovie, automobili, dirigibili, telegrafi, telefoni, navi a vapore… La fantasia degli uomini era inebriata da queste conquiste e Verne, spirito curioso e visionario, seppe cogliere l’essenza di questo fermento e plasmarlo nelle sue opere.

Viaggio verso la Luna: un sogno diventato realtà

Forse la “predizione” più famosa di Verne è quella dei viaggi lunari. Nei romanzi “Dalla Terra alla Luna” (1865) e “Intorno alla Luna” (1870), descrisse con ingegno un cannone gigante in grado di lanciare una capsula spaziale verso il nostro satellite. Un’impresa che, pur con alcune differenze, si sarebbe avverata circa un secolo dopo, con le missioni Apollo della NASA.

Ventimila leghe sotto i mari: esplorando le profondità oceaniche

Un altro capolavoro di Verne, “Ventimila leghe sotto i mari” (1870), ci porta nelle profondità oceaniche a bordo del Nautilus, il sottomarino del misterioso Capitan Nemo. Un’invenzione che all’epoca era solo un sogno, ma che già affascinava gli ingegneri e gli inventori. Verne, con la sua penna visionaria, ne descrisse le caratteristiche con sorprendente accuratezza, anticipando persino l’utilizzo di motori elettrici per la propulsione.

Parigi del XX secolo: uno sguardo al futuro

In “Parigi nel XX secolo” (1863), Verne immagina la capitale francese nel 1960, popolata da grattacieli di vetro, collegata da una rete di treni ad alta velocità e dotata di automobili a gas. Un quadro futuristico che, seppur con alcune licenze poetiche, coglie alcuni elementi chiave dello sviluppo urbano e tecnologico del secolo successivo.

Come ha fatto Verne a predire il futuro?

Se da un lato Verne era dotato di una fervida immaginazione, dall’altro era anche un attento osservatore del suo tempo. Attratto dalle novità tecnologiche e appassionato di scienza, seppe cogliere le tendenze del suo tempo e proiettarle in un futuro che, seppur immaginario, presentava sorprendenti affinità con la realtà.

Un lascito inestimabile

Le opere di Jules Verne non sono solo storie avvincenti, ma anche un invito a sognare e a spingersi oltre i confini dell’immaginabile. La sua capacità di prevedere il futuro, pur con alcune inesattezze, ci ricorda che l’innovazione nasce spesso da un connubio tra fantasia e conoscenza, spingendoci a guardare sempre oltre l’orizzonte e a sognare un mondo migliore.

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La Storia Vera di Luciano di Samosata: il primo libro di Fantascienza

Il romanzo greco “La storia vera” di Luciano di Samosata, scritto nel secondo secolo d.C. è il primo, vero “viaggio” nello spazio letterario ben prima della Fantascienza. Prima dei Cavalieri Jedi, prima della USS Enterprise, prima di Gundam o degli alieni Xenomorfi, la Fantascienza è un genere che ha accompagnato la storia dell’umanità negli ultimi due millenni. Ma andiamo con ordine!

La parola italiana Fantascienza è stata coniata non troppo tempo fa, questo termine è stato probabilmente utilizzato per la prima volta da Giorgio Monicelli nel 1952 sulle pagine di Urania,  calco dell’inglese science fiction. L’iconica parola inglese  fu coniata da Hugo Gernsback il 5 aprile del 1926, quando uscì negli Stati Uniti la prima rivista di fantascienza, Amazing Stories: Gernsback inizialmente chiamò questo genere di storie scientific fiction: l’espressione poi si contrasse in scientifiction, per ridursi infine a science fiction (spesso abbreviata Sci-Fi dagli anglosassoni).  A questo neonato genere, come sappiamo bene, possono essere ascritte numerose opere precedenti, dal Frankenstein di Mary Shelley e ai grandi romanzi di Jules Verne e H. G. Wells.  Andando ancor più indietro nel tempo troviamo “I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift” (1726) e “Il viaggio sotterraneo” di Niels Klim di Ludvig Holberg (1741); oppure il “Somnium” di Giovanni Keplero (1634), “Gli stati e gli imperi della Luna” del 1657 di Savinien Cyrano de Bergerac, proprio il grande autore da cui Rostand trasse il  suo poetico guascone!

Luciano di Samosata, invece, molto ma molto prima (visse tra il 107 e il 192 d.C.) creò una straordinaria opera narrativa in due libri, in forma autobiografica e con intento parodistico. È uno dei più noti e fantasiosi romanzi prodotti dalla letteratura greca, in cui è narrata l’avventura di un gruppo di persone, che, capitanate dall’autore, decidono di attraversare le Colonne d’Ercole per vivere avventure strabilianti. Come sostenuto già da Fozio di Costantinopoli, la narrazione di Luciano possa essere stata ispirata (e dunque resa una parodia) dal romanzo “Le incredibili meraviglie al di là di Tule” di Antonio Diogene, purtroppo perduto. Pur non conoscendo totalmente l’opera originale “ispiratrice”, nella sua “La Storia Vera“, Luciano trasporta il lettore in un’atmosfera di fantastica parodia che permea tutto il romanzo, rinunciando ad ogni pretesa di verosimiglianza e lasciando viaggiare senza freni la sua fantasia. È il primo testo fra quelli conservati in cui viene descritto un viaggio sulla Luna e l’incontro/Scontro tra civiltà aliene.

“Racconto tutti i tipi di menzogne in un modo plausibile e specioso, ma anche perché tutto nella mia storia è una parodia più o meno comica dell’uno o dell’altro dei poeti, storici e filosofi del passato, che hanno scritto molto che sa di miracoli e favole”.

Il primo libro inizia con il viaggio di Luciano, per mare insieme a cinquanta compagni d’avventura, alla volta delle Colonne d’Ercole, con l’obiettivo di “arrivare dove nessuno è mai giunto prima”. A metà tra Ulisse e il Capitano Kirk, la ciurma si imbatte ben presto in una serie di sciagure atmosferiche di ogni tipo e di avventure in terre mitiche e sconosciute … ancora terrestri. Dopo aver visitato l’Isola meravigliosa già visitata nell’Età d’Oro da Ercole e Dioniso, un tornado porterà i malcapitati fino alla Luna che lo stesso autore descrive come:

“una terra vasta come un’isola, splendente e sferica e illuminata da una grande luce”

La loro esplorazione è immediatamente bloccata dall’arrivo di Ippogipi (uomini che cavalcano enormi avvoltoi) al servizio del Re della Luna Endimione in eterna lotta con il Re del Sole, Fetonte, per il controllo di Venere. Il gruppo di Luciano, suo malgrado, viene coinvolto nello scontro a suon di catapulte lancia rape giganti, cavalieri di pulci grandi come dodici elefanti, scudi di funghi e lance fatte di asparagi. Sarà Fetonte a vincere lo scontro e a catturare i 50 terrestri che, dopo essere stati interrogati per scoprire le “usanze” dei lunatici (un popolo totalmente maschile che procrea tramite il polpaccio …) viene, infine rilasciato per far ritorno sulla Terra. Non paghi delle precedenti, ironiche, peripezie, gli eroi, tornati sul pianeta natio vengono inghiottiti dalle fauci di una specie di leviatano, una balena di mille e cinquecento stadi di lunghezza, che ha, nelle viscere, un intero ecosistema ricco di isole e strane tribù indigene.

Inizia così la seconda parte del racconto (Libro Secondo): Luciano e i suoi riescono a scappare dal ventre del mostro attraversando un mare fatto di latte e approdando in un’altra isola fantastica, quella dei Beati, dove incontrano proprio Omero, lo stesso Ulisse, Socrate, Pitagora e altri famosi personaggi mitologici e storici defunti..  Dopo una parentesi apparentemente tranquilla, la nave dei 50 sfigati marinai viene attratta da un gorgo nell’oceano, profondo 1000 stadi, che riescono a superare remando faticosamente su un ponte d’acqua che unisce le due sponde e si ritrovano in un mare tranquillo. Dopo aver visto altre isole, scoprono un continente. Mentre discutono se sbarcare per poco tempo o inoltrarsi nell’entroterra, una violenta tempesta distruggerà alla fine la nave lasciando gli eroi in balia dei flutti.

Non sapremo mai la fine della narrazione “La storia vera” si conclude così: lo stesso autore si augura di continuare il racconto in altri libri che purtroppo non sono mai stati scritti. Come avete letto, la storia è altresì molto “moderna”, divertente, dissacrante e racchiude in se, due millenni fa, molti degli stereotipi moderni che vedremo poi, molto ma molto più parti nei libri di Jules Verne, di Jonathan Swift o nei film Georges Méliès.