Mettete via il pugnale e prendete il pop-corn: “Signori, il delitto è servito” compie quarant’anni. Quattro decadi da quando, nel 1985, la Paramount decise di trasformare il gioco da tavolo Cluedo in un film giallo dai toni surreali, una black comedy che all’epoca fu un clamoroso flop e oggi è un cult assoluto. È una storia che i nerd amano proprio perché ribalta il concetto di successo: un insuccesso commerciale diventato leggenda, una pellicola che ha continuato a vivere nei VHS impolverati, nei meme, nelle citazioni e nelle maratone notturne dei cinefili più appassionati.
Dal salotto del mistero al cinema: un gioco di società diventato arte
Uscito come Clue negli Stati Uniti nel dicembre del 1985 e arrivato in Italia l’anno dopo, “Signori, il delitto è servito” è firmato da Jonathan Lynn, con la produzione di Debra Hill (già collaboratrice di John Carpenter in Halloween). L’idea era tanto folle quanto geniale: prendere un gioco di logica, farne una commedia nera e ambientarlo in una villa vittoriana piena di segreti, sospetti e cadaveri.
Al centro della scena c’è Tim Curry — il leggendario Frank-N-Furter di The Rocky Horror Picture Show — che qui interpreta Wadsworth, un maggiordomo dal sorriso ambiguo e dai movimenti frenetici. Attorno a lui, un cast da sogno per qualunque appassionato di cinema anni ’80: Eileen Brennan, Madeline Kahn, Christopher Lloyd, Michael McKean e Leslie Ann Warren. Ognuno di loro incarna un personaggio iconico del gioco, con i rispettivi colori e misteri.
La trama è un meccanismo perfetto da escape room ante litteram: una cena elegante, un temporale, un padrone di casa che finisce stecchito e sei ospiti che nascondono scheletri nell’armadio. Tutti sono sospettati, tutti mentono, tutti hanno un movente. E mentre il corpo si raffredda, le battute si moltiplicano: ironia tagliente, ritmo teatrale e una satira feroce sul moralismo americano dell’epoca.
Un esperimento narrativo folle (e interattivo)
Il vero colpo di genio — e di marketing incompreso — fu l’idea dei tre finali alternativi. Sì, proprio come nel gioco da tavolo, dove le combinazioni cambiano di volta in volta, anche il film offriva tre possibili soluzioni diverse. Ogni cinema proiettava una versione con un finale differente, costringendo il pubblico a tornare più volte per scoprire “chi ha ucciso il signor Boddy?”.
Nel mercato home video i finali vennero riuniti tutti insieme: i primi due come opzioni “ipotetiche” e il terzo come quello “vero”. Una trovata troppo avanti per il 1985, ma perfettamente in linea con la cultura partecipativa e interattiva di oggi, quando la linea tra spettatore e giocatore si è ormai dissolta.
Cluedo: il genio che nacque in un blackout
Per capire la magia del film, bisogna tornare alle origini del gioco. Cluedo nasce nel 1943 in Inghilterra, in piena Seconda guerra mondiale, da un’idea di Anthony E. Pratt, un musicista di Birmingham. Le serate di coprifuoco lo spinsero a inventare un passatempo ispirato ai romanzi di Agatha Christie: un’indagine ambientata in un maniero dove si deve scoprire chi ha ucciso chi, dove e con quale arma.
Quando nel 1949 la Waddingtons Games lo pubblicò, il successo fu immediato. Sei sospettati, sei armi, nove stanze: la formula perfetta. Ma più che un semplice gioco, Cluedo è teatro. Ogni partita è un piccolo atto di improvvisazione, un giallo da salotto in cui si bluffa, si sospetta e si ride. Il film di Jonathan Lynn ha colto proprio questo spirito: la teatralità elegante e caotica di un mistero che non si prende mai troppo sul serio.
Dal flop al culto: la vendetta del delitto perfetto
Al momento dell’uscita, Clue fu travolto dalla concorrenza di blockbuster e commedie più “pop”. Incassò poco e fu liquidato come una curiosità. Eppure, negli anni, ha guadagnato lo status di film di culto. Oggi è citato da registi come Rian Johnson (Cena con delitto: Knives Out) e omaggiato in serie come Community, Family Guy e Brooklyn Nine-Nine.
La sua riscoperta passa attraverso il linguaggio dei fan: gif animate, meme, serate a tema e versioni teatrali. È diventato una bandiera per chi ama i film intelligenti che sanno ridere di sé stessi, e una pietra miliare per tutti i nerd che vedono nel “gioco” una forma d’arte narrativa.
Un’eredità sempre viva (e sanguinolenta)
A quarant’anni di distanza, “Signori, il delitto è servito” rimane un capolavoro di ritmo, ironia e mistero. È un film che ha anticipato i tempi, mischiando linguaggi, generi e media. In un’epoca in cui tutto torna — remake, reboot, sequel — Cluedo è più attuale che mai.
Forse perché, nel profondo, continuiamo a essere affascinati da quella domanda immortale: chi è l’assassino? In salotto, con la corda? In biblioteca, col candeliere? O nella nostra stessa memoria, dove si nascondono i delitti che amiamo rivivere all’infinito?
💬 E voi? Quale finale preferite? E, se foste nel cast, quale arma usereste per eliminare il vostro compagno di gioco più sleale? Raccontatecelo nei commenti, e ricordate: in ogni buona storia, come in ogni partita di Cluedo, nessuno è mai davvero innocente.
