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Alien³ compie trent’anni!

Compie oggi trent’anni il film Alien³,  diretto da David Fincher, con Sigourney Weaver, Charles S. Dutton, Charles Dance, Pete Postlethwaite, Ralph Brown e Paul McGann. Terzo capitolo della celebre saga iniziata nel lontano 1979 con Alien e proseguita nel 1986 con Aliens – Scontro finale, ha avuto un seguito nel 1997 con Alien – La clonazione.

Anno 2179. Sulla USS Sulaco, la nave con cui il tenente Ellen Ripley, il caporale Hicks, la piccola Newt e l’androide Bishop stanno tornando sulla Terra, si verifica un cortocircuito che provoca un incendio, costringendo la nave ad espellere un modulo di salvataggio contenente le capsule criogeniche per un atterraggio di fortuna su Fiorina “Fury” 161, una colonia penale abitata solo da 25 detenuti con la sindrome di Jacobs. Durante l’espulsione delle capsule, uno scanner rivela un Facehugger attaccato al viso di un membro dell’equipaggio.Dopo l’impatto, solo Ripley sopravvive, salvata miracolosamente. Hicks muore a causa di un incidente con la sua capsula criogenica, mentre Newt annega a seguito di un cortocircuito nella sua capsula. Bishop, già disattivato, si danneggia ulteriormente durante l’atterraggio.Ripley si riprende dalle ferite e apprende la morte dei suoi compagni. Sospettando che uno Xenomorfo si sia infiltrato nella nave, chiede di esaminare il cadavere di Newt. Durante il funerale, un cane infettato dallo Xenomorfo dà alla luce una nuova forma letale della creatura. Ripley viene rinchiusa per non subire violenze dai detenuti.Dopo aver riparato Bishop, Ripley scopre che lo Xenomorfo era presente sulla nave. Dopo che la creatura uccide diversi detenuti, Ripley convince gli altri della sua esistenza. Si scopre che Ripley è stata infettata ed ospita un’aliena regina. Una nave della Compagnia atterra per prelevare Ripley e l’embrione Xenomorfo. Dopo un’epica battaglia, Ripley riesce nel suo intento sacrificandosi. Mentre precipita verso il metallo fuso, l’alieno esce dal torace ma viene trattenuto con le mani da Ripley finendo ucciso con lei nel metallo fuso. La colonia penale, senza più nessun prigioniero (tranne Morse, che viene portato via), viene chiusa e smantellata. Il film termina col messaggio di Ripley registrato dopo la vicenda della USS Nostromo, che si ripete incessantemente dentro il relitto della scialuppa di salvataggio della USS Sulaco.

La genesi di Alien 3 è stata estremamente problematica, con numerosi tentativi falliti e cambiamenti di sceneggiatori e registi. Questa lunga gestazione ha inciso negativamente sul risultato finale del film, che viene spesso considerato un insuccesso. La storia di Alien 3 ha avuto diverse fasi di sviluppo, con l’intento di discostarsi dai primi due film e concentrarsi sul ruolo della corporazione e sulla colonia penale come nuovo contesto. Tuttavia, le potenzialità di rinnovamento non sono state sfruttate appieno e il film sembra ripiegare sui cliché già visti nei precedenti capitoli. Dal punto di vista tecnico, si nota il talento di Fincher nella regia e nell’attenzione per i dettagli, soprattutto nelle scene iniziali più investigative. Tuttavia, nella seconda metà del film, l’azione prende il sopravvento e si perde un po’ di profondità e interesse. La fotografia con tonalità calde e la scelta degli effetti speciali, sebbene misti, non sempre coerenti, contribuiscono a creare un’atmosfera distintiva. Le musiche di Elliot Goldenthal sono eleganti e ben realizzate, sebbene non riescano a raggiungere lo status iconico di altri compositori della saga.

In definitiva, Alien 3 presenta buone intuizioni che purtroppo non sono state sviluppate in modo adeguato, a causa dei problemi nel processo di produzione. La paura di osare e la tendenza a riproporre schemi già visti hanno reso il film un risultato complicato e insoddisfacente, non all’altezza dei suoi illustri predecessori.

Vij – La maschera del demonio

Il regista russo Oleg Stepčenko ha dato vita a una pellicola che ha saputo combinare elementi del folklore slavo con l’attrattiva di un fantasy dallo stile gotico, creando così un’opera cinematografica unica: Vij – La maschera del demonio. Il film, liberamente ispirato all’omonimo racconto di Nikolaj Vasil’evič Gogol’ e remake dell’omonimo Vij del 1967, offre una rilettura contemporanea e personale di una delle leggende più oscure e affascinanti della letteratura ucraina.

L’opera di Gogol, pubblicata per la prima volta nel 1835, racconta la storia di Khoma Brut, uno studente di filosofia che si trova a dover vegliare il corpo di una giovane donna morta, la quale, come scoprirà presto, è in realtà una strega che ha il potere di evocare il terribile Viy, una creatura demoniaca dalle sembianze mostruose. Il racconto di Gogol, impregnato di atmosfere cupe e misteriose, è una riflessione sulle paure primordiali dell’umanità, sulle superstizioni e sull’eterna lotta tra il bene e il male.

Stepčenko, partendo da questa base, crea un film che riesce a mescolare sapientemente il fantastico con una forte dose di autoironia. Vij – La maschera del demonio narra le vicende di Jonathan Green, un cartografo britannico del XVIII secolo, interpretato da Jason Fleming. Green, dopo essere stato costretto ad abbandonare la sua fidanzata incinta a causa dell’ostilità del padre di lei, si mette in viaggio attraverso l’Europa dell’Est, spinto dalla sua missione di mappare territori inesplorati. Il suo cammino lo conduce in un villaggio sperduto nei Carpazi, un luogo immerso in un’atmosfera di paura e superstizione, dove gli abitanti vivono nel terrore di oscure entità demoniache.

Il film si sviluppa su una trama che, pur avvicinandosi per certi versi ai canoni del fantasy, non rinuncia mai a confrontarsi con temi più profondi. Il contrasto tra la razionalità di Jonathan Green, figlio del Secolo dei Lumi, e la superstizione dei paesani crea un dinamismo narrativo che spinge lo spettatore a interrogarsi sulla natura del male, sulla sua origine e sulla sua manifestazione. Stepčenko, infatti, sfrutta la figura di Green come simbolo di un’umanità che tenta di spiegare l’inspiegabile attraverso la scienza, senza però riuscire a liberarsi del tutto delle ombre che il folklore e le leggende continuano a gettare sul cammino degli uomini.

Dal punto di vista estetico, Vij – La maschera del demonio è un vero spettacolo per gli occhi. Le scenografie e le inquadrature ricordano le opere della pittura preraffaellita, con i loro colori intensi e la loro attenzione al dettaglio. Il villaggio dei Carpazi, dove si svolge gran parte della storia, è reso con una tale maestria da sembrare uscito direttamente dalle pagine di un’antica fiaba mitteleuropea. Gli effetti speciali, utilizzati con intelligenza e misura, contribuiscono a creare un’atmosfera carica di tensione, dove il confine tra realtà e fantasia si fa sempre più labile.

Interessante è anche l’approccio che il film adotta nei confronti della religione. Se da un lato la chiesa viene rappresentata come un’istituzione capace di sfruttare la credulità popolare, dall’altro le figure del clero appaiono spesso impotenti di fronte alle manifestazioni del male. È la superstizione a dominare il villaggio, e i riti religiosi, anziché portare conforto, sembrano alimentare il terrore collettivo. Questo dualismo tra religione e superstizione è uno dei temi centrali del film, che offre una visione critica della religiosità popolare, vista come un residuo dei “secoli bui”, incapace di affrontare le sfide poste dalla modernità.

Il ritmo del film riesce a mantenere alta la tensione, alternando sequenze di azione a momenti più riflessivi, in un equilibrio che rende la visione coinvolgente fino all’ultimo. Le scene ambientate nel villaggio, cupe e minacciose, si contrappongono ai momenti di leggerezza che Green vive nel suo scambio epistolare con la fidanzata rimasta in Inghilterra, creando un’alternanza di toni che arricchisce la narrazione.

Il finale del film, seppur apparentemente risolutivo, lascia spazio a ulteriori riflessioni. Il trionfo della ragione, incarnato da Jonathan Green, non è infatti privo di ambiguità. Un piccolo spirito, insinuatosi nella borsa del cartografo, sembra suggerire che il mondo della superstizione non è stato del tutto sconfitto, ma continua a sopravvivere, in attesa di tempi più propizi. È forse un’allusione all’avvento del Romanticismo, con la sua riscoperta delle tradizioni popolari e delle leggende, o forse un semplice presagio di un possibile sequel.

Vij – La maschera del demonio è un film che, pur non essendo conosciuto come altri blockbuster occidentali, merita attenzione per la sua capacità di fondere la tradizione letteraria con il cinema moderno, offrendo uno spettacolo visivamente affascinante e intellettualmente stimolante. È un’opera che, nel suo dialogo tra passato e presente, tra ragione e superstizione, riesce a catturare l’immaginazione dello spettatore, lasciando aperta la porta a molteplici interpretazioni e riflessioni.