C’è qualcosa di unico nell’aria quando un anime riesce a fondere inquietudine, poesia e dramma sovrannaturale in un’unica esperienza visiva. È esattamente quello che è accaduto con L’estate in cui Hikaru è morto (Hikaru ga Shinda Natsu), adattamento animato del manga di Mokumokuren, che si è appena concluso lasciando dietro di sé una scia di emozioni fortissime e, soprattutto, l’annuncio tanto atteso: ci sarà una seconda stagione. Prodotto da CygamesPictures, lo studio già apprezzato per la cura estetica e narrativa delle sue opere, l’anime è andato in onda su Nippon TV dal 6 luglio al 28 settembre 2025, per poi approdare in streaming globale su Netflix, conquistando in poche settimane un pubblico vastissimo. Alla regia e alla sceneggiatura troviamo Ryōhei Takeshita, affiancato dal character designer Yuichi Takahashi e dal supervisore delle animazioni Masanobu Hiraoka. Un trio che ha saputo dare forma a un’opera visivamente ipnotica e psicologicamente destabilizzante.
La trama è ambientata nel remoto villaggio di Kubitachi, un luogo tanto pittoresco quanto isolato, perfetta cornice per un racconto sospeso tra tradizione e ignoto. Qui seguiamo Yoshiki Tsujinaka e il suo migliore amico Hikaru Indo, due ragazzi legati da un rapporto che sembra incrollabile. Tutto cambia quando Hikaru scompare misteriosamente in montagna e riappare una settimana dopo, apparentemente intatto ma stranamente diverso. Da quel momento, Yoshiki inizia a percepire che l’amico che ha davanti non è più lo stesso. Le sue sensazioni trovano conferma in una rivelazione scioccante: l’Hikaru tornato al villaggio non è umano, ma un’entità oscura che ha preso possesso del suo corpo. Ciò che segue non è solo un horror psicologico, ma anche un profondo dramma umano: fino a che punto siamo disposti a ingannare noi stessi pur di non perdere chi amiamo?
Atmosfere, simboli e colonna sonora
Il manga originale, pubblicato su Young Ace Up nel 2021 e portato in Italia da J-Pop dal 2023, aveva già fatto parlare di sé grazie al suo mix di horror psicologico e dramma esistenziale. La trasposizione animata non solo ha rispettato la fonte, ma ha arricchito l’opera con una potenza visiva e sonora che ha amplificato ogni sfumatura della storia. Il fascino dell’anime risiede nella sua capacità di trasmettere tensione senza abusare di colpi di scena facili. L’orrore è sottile, insinuante, costruito su piccoli dettagli e comportamenti impercettibilmente strani. Il villaggio rurale, con i suoi paesaggi naturali e le sue leggende, diventa un personaggio a sé stante: bellissimo e inquietante allo stesso tempo. Anche la musica ha un ruolo centrale: l’opening “Saikai” di Vaundy e l’ending “Anata wa kaibutsu” di Tooboe incorniciano perfettamente la dualità della serie, oscillando tra malinconia e minaccia. Due brani che non sono semplici sigle, ma vere e proprie estensioni emotive della trama.Le voci di Chiaki Kobayashi (Yoshiki) e Shuichiro Umeda (Hikaru) hanno aggiunto ulteriori strati di complessità ai personaggi. Kobayashi ha restituito la fragilità e la disperazione di Yoshiki, un ragazzo incapace di accettare il lutto, mentre Umeda ha interpretato con maestria l’ambiguità di un Hikaru che oscilla tra familiarità e alterità.
Un finale che lascia il segno
La conclusione della prima stagione non ha dato risposte definitive: al contrario, ha rilanciato la tensione, insinuando che la minaccia che incombe su Kubitachi sia molto più vasta di quanto si possa immaginare. È proprio questa scelta narrativa a rendere l’annuncio della seconda stagione ancora più elettrizzante: i fan sanno che il peggio deve ancora arrivare. L’estate in cui Hikaru è morto si è imposto come uno degli anime più discussi e amati del 2025. Un racconto che esplora la fragilità dell’amicizia, il dolore della perdita e la paura dell’ignoto con una sensibilità rara. Non si tratta solo di una storia di possessione, ma di un’indagine sulle zone d’ombra dell’animo umano. Per chi ama gli anime che lasciano il segno, che fanno riflettere oltre a inquietare, questa serie è già un piccolo cult. E con la seconda stagione ormai all’orizzonte, l’attesa promette di essere lunga… e carica di brividi.
