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“In viaggio con mio figlio”: un Road Movie tra commedia e introspezione familiare

La regia di Tony Goldwyn ci regala una riflessione delicata e piena di sfumature sulle sfide quotidiane di un padre e un figlio in “In viaggio con mio figlio” (titolo originale Ezra). Un film che unisce l’emozione di un road movie alla profondità dei temi familiari, della comunicazione e dell’accettazione, senza mai perdere di vista il valore dell’umorismo e della leggerezza.

Il protagonista, Max, interpretato da un convincente Bobby Cannavale, è un padre separato che si trova a fare i conti con una vita che sembra sfuggirgli. Dopo la fine del suo matrimonio con Jenna (Rose Byrne), Max si ritrova ad affrontare una situazione complicata con il figlio, Ezra, un ragazzo di undici anni che vive con il disturbo dello spettro autistico. Per Max, che ha abbandonato una carriera lavorativa stabile per dedicarsi al figlio, la frustrazione cresce, soprattutto quando le cose sembrano non andare per il verso giusto. La sua carriera come comico sta arrancando, e l’incertezza del futuro è palpabile. Ma l’occasione di una vita si presenta sotto forma di un’opportunità a Los Angeles, a cui Max non può dire di no. Ma la situazione familiare precipita quando Ezra viene espulso da scuola e tenta una fuga da casa.

Quello che segue è un viaggio tanto rocambolesco quanto significativo, con Max che, deciso a trovare una soluzione e a dare al figlio più di quanto le scuole e i medici possano offrire, intraprende un’avventura attraverso gli Stati Uniti. Il viaggio ha inizio con un gesto audace: Max prende la vecchia auto decappottabile del nonno Stan (Robert De Niro) e, con il figlio al suo fianco, si lancia in un’odissea che cambierà per sempre la loro vita. La decisione di intraprendere questo viaggio, pur scatenando il dissenso della madre di Ezra, apre la strada a una serie di incontri e scoperte che, passo dopo passo, porteranno i protagonisti a una nuova consapevolezza.

Nel corso del viaggio, padre e figlio incontrano una serie di personaggi che, in un modo o nell’altro, contribuiscono a rendere il percorso significativo. La distanza dalla routine quotidiana di Ezra diventa una prova di crescita, e la convivenza forzata tra Max e Ezra offre spunti di riflessione sulla difficoltà di comunicazione tra generazioni, sulla lotta per l’accettazione delle diversità e sulla necessità di rinnovare le proprie aspettative. La presenza di Stan, un personaggio che inizialmente si mostra burbero e irremovibile, fornisce una dimensione più complessa alla narrazione: sebbene lui e Max siano in contrasto su molte cose, il viaggio rappresenta anche per loro un’opportunità di riscatto e di riconciliazione.

“In viaggio con mio figlio” si muove con equilibrio tra momenti di divertimento e altri più commoventi, creando uno spazio in cui la commedia si intreccia con l’introspezione e la riflessione. La forza del film risiede nella sua capacità di raccontare con sincerità le difficoltà quotidiane di una famiglia che si sta ricostruendo, ma senza mai cadere nel melodramma. La storia di Max, Ezra e dei loro incontri lungo la strada è un tributo all’importanza del perdono e della comprensione, al valore di mettersi in gioco e di imparare a vedere le cose da una prospettiva diversa.

La pellicola, che è stata presentata al Toronto International Film Festival 2023 e alla Festa del Cinema di Roma, non manca di sottolineare anche il potere curativo di una sana ironia, che si fa strada anche nei momenti più difficili. Goldwyn, nel doppio ruolo di regista e attore, dirige una storia che sa essere profonda e leggera allo stesso tempo, regalando al pubblico un’esperienza che tocca temi universali come la genitorialità, la crescita e la capacità di accettare le imperfezioni proprie e altrui.

Il cast, che vanta la presenza di attori del calibro di Vera Farmiga, Whoopi Goldberg, Rainn Wilson e lo stesso Tony Goldwyn, riesce a dare vita a un racconto ricco di emozioni, che non rinuncia mai a una visione ottimistica e al contempo realistica della vita. Bobby Cannavale si conferma un interprete di grande spessore, capace di restituire la fragilità e la determinazione del suo personaggio. Robert De Niro, con la sua interpretazione del nonno Stan, aggiunge quel tocco di esperienza e saggezza che rende la sua figura un’ancora di salvezza per l’intero racconto.

“In viaggio con mio figlio” è un film che riesce a mescolare commedia e dramma in maniera equilibrata, offrendo una riflessione sull’importanza di accettarsi per quello che si è, e sull’importanza delle relazioni familiari. Da non perdere a partire dal 24 aprile, quando il film arriverà nei cinema italiani grazie a BIM Distribuzione. Un road movie che, oltre a raccontare un viaggio fisico, narra anche il cammino interiore di un padre e di un figlio verso la comprensione reciproca.

Unstoppable: La Storia di Anthony Robles, Un Atleta Che Ha Superato Ogni Limite

Il 16 gennaio 2025, su Prime Video, arriverà Unstoppable, il biopic che racconta la storia di Anthony Robles, un atleta che ha sfidato ogni limite fisico e sociale per realizzare il suo sogno di diventare un wrestler professionista. Diretto da William Goldenberg, noto per il suo lavoro come montatore, e basato sull’omonimo libro del 2012 scritto dallo stesso Robles insieme ad Austin Murphy, il film si presenta come un dramma sportivo che non si limita a celebrare i successi fisici, ma esplora anche la resilienza emotiva di chi lotta contro le avversità.

La storia di Unstoppable è quella di Anthony Robles, nato senza una gamba, ma con una forza mentale straordinaria e un desiderio incrollabile di realizzare il suo sogno. Cresciuto a Mesa, in Arizona, sotto la guida amorevole ma anche difficile della madre single Judy, Anthony si trova ad affrontare pregiudizi e difficoltà che sembrano insormontabili. Non solo deve fare i conti con la sua condizione fisica, ma si ritrova anche a combattere in un ambiente sportivo competitivo, dove il suo talento viene inizialmente messo in discussione. Nonostante ciò, il suo spirito indomito e la sua dedizione lo spingono a superare ogni ostacolo.

Nel ruolo del protagonista, Jharrel Jerome, già acclamato per la sua performance in Moonlight, riesce a trasmettere tutto il coraggio e la determinazione di un giovane che non accetta i limiti imposti dalla vita. La sua performance è una delle colonne portanti del film, facendo vivere ogni emozione e ogni sfida che Anthony affronta nel suo cammino. Jerome è affiancato da un cast stellare che include Jennifer Lopez nel ruolo di Judy Robles, la madre di Anthony, e Bobby Cannavale nei panni di Rich, uno degli allenatori del giovane atleta. Ma non solo, anche volti noti come Michael Peña e Don Cheadle contribuiscono a dare spessore alla narrazione, aggiungendo profondità emotiva a una storia già ricca di cuore.

La pellicola non è solo un racconto di wrestling, ma una storia universale di famiglia, sacrificio e determinazione. Dopo aver ricevuto una borsa di studio da Drexel University, Anthony decide di rimanere vicino alla sua famiglia, trasferendosi all’Arizona State University (ASU). Qui entra nella squadra di wrestling come walk-on, superando le perplessità iniziali degli allenatori. Con il supporto costante di sua madre, che nonostante le difficoltà familiari continua a credere in lui, Anthony affronta sfide quotidiane, sia dentro che fuori dal ring, rafforzando la sua determinazione.

Il punto culminante della sua carriera arriva nel 2011, quando Anthony partecipa ai Campionati Nazionali di Wrestling NCAA, affrontando alcuni degli avversari più forti al mondo. Con una performance che combina tecnica, concentrazione e coraggio, riesce a vincere il titolo nazionale nella categoria dei 125 libbre, un traguardo incredibile che lo consacra come leggenda dello sport.

Unstoppable non si limita a celebrare questi successi, ma approfondisce anche il percorso che ha portato Robles a diventare una fonte di ispirazione. Dopo aver appeso le scarpette da wrestling, Anthony si dedica alla motivazione degli altri, diventando un allenatore e un speaker motivazionale, impegnandosi a trasmettere la sua storia a chiunque stia affrontando difficoltà. Il film si chiude con uno sguardo al suo futuro, mostrando come la sua crescita personale e professionale continui, ben oltre la sua carriera sportiva.

La regia di William Goldenberg, che ha già mostrato il suo talento come montatore in Air, è caratterizzata da una cura maniacale per il realismo e l’autenticità. Le scene di wrestling, girate con effetti visivi e riprese in cui lo stesso Robles ha partecipato, trasmettono tutta l’intensità e la tensione delle competizioni reali, dando al film una sensazione di urgenza e adrenalina. Questi momenti, che ricordano le riprese di un vero match, sono tanto coinvolgenti quanto emozionanti, trasmettendo tutta la determinazione di Anthony nel voler dimostrare che nulla è impossibile.

In un’epoca in cui storie di superamento sembrano proliferare, Unstoppable si distingue per la sua capacità di raccontare una vicenda vera, piena di emozioni e di lezioni di vita. La storia di Anthony Robles, che ha sfidato le aspettative e ha ottenuto il successo nonostante le difficoltà, è destinata a toccare il cuore di chiunque la guarderà. Il film, quindi, non è solo un racconto sportivo, ma un messaggio universale: che sia nello sport o nella vita, la vera forza risiede nella determinazione, nell’amore per la propria famiglia e nella volontà di superare ogni ostacolo. Unstoppable, con la sua carica emotiva e il suo messaggio potente, è pronto a diventare una fonte di ispirazione per milioni di spettatori. Dal 16 gennaio 2025, milioni di persone avranno l’opportunità di vedere e imparare dalla storia di Anthony Robles, un simbolo di speranza per tutti coloro che credono che, con impegno e cuore, ogni limite possa essere superato.

Nine Perfect Strangers: la prima stagione del thriller psicologico con Nicole Kidman

Adattamento dell’omonimo romanzo di Liane Moriarty, bestseller del New York Times, “Nine Perfect Strangers” si presenta come un intricato gioco di suspense psicologica e dramma emotivo, il cui impianto narrativo si fa sentire forte, pur non riuscendo sempre a reggere il peso della sua stessa ambizione. La serie, prodotta dal team di “Big Little Lies” e “The Undoing”, mette insieme un cast stellare, capitanato da Nicole Kidman e Melissa McCarthy, che segna il loro primo incontro sullo schermo. Ma è proprio la dinamica tra questi due volti noti, le sfumature del personaggio di Masha e la verve comica di McCarthy, a delineare le tensioni e i temi di un’opera che non risparmia nulla in termini di confronto tra personaggi e verità nascoste.

Girata in Australia, la storia si svolge all’interno di Tranquillum House, un lussuoso centro di benessere che promette una “guarigione” profonda per chi è alla ricerca di un cambiamento radicale nella propria vita. Il concetto di wellness, tuttavia, viene messo alla prova dalle manipolazioni emotive e psicologiche che permeano l’intero resort. Qui, i nove protagonisti, tutti portatori di disagi profondi legati alle loro vite caotiche e stressate, si ritrovano a sperimentare un processo di “purificazione” che presto si trasforma in una spirale di strani rituali e dirompenti segreti. Ma nulla è come sembra, e la sensazione che tutto possa andare storto è sempre dietro l’angolo.

Al centro di questo viaggio tormentato c’è Masha (Nicole Kidman), la figura carismatica e misteriosa che dirige il centro. La sua personalità, ambiguamente magnetica e inquietante, è resa con una performance che sfiora il paradosso. L’interpretazione di Kidman, purtroppo, non riesce a catturare la complessità psicologica che ci si aspetterebbe da un personaggio del genere. Il suo accento incerto e la parrucca bionda che sembra più un travestimento che una scelta stilistica fanno sì che Masha non riesca a incarnare pienamente l’aura di potere e controllo che il ruolo richiederebbe. Nonostante l’aspetto esteriore perfetto, manca la profondità emotiva che il personaggio meriterebbe, rendendo la sua figura talvolta poco convincente come guida spirituale e psicoterapeuta di questa sorta di culto del benessere.

Se Masha è il motore oscuro della trama, il vero cuore pulsante della serie è però Frances (Melissa McCarthy), un’autrice di successo che si trova a Tranquillum House per cercare di ricostruire la sua vita dopo una serie di gravi battute d’arresto. McCarthy, come sempre, è irresistibile. Con la sua abilità nel mescolare commedia e dramma, riesce a dipingere un personaggio tanto vulnerabile quanto affascinante, che si fa portavoce di un’umanità in cerca di redenzione. Ogni sua apparizione sullo schermo è un toccasana per lo spettatore, che non può fare a meno di essere conquistato dal suo talento naturale e dalla sua capacità di dare profondità a un personaggio che altrimenti sarebbe potuto rimanere una macchietta.

Accanto a loro, il resto del cast contribuisce a dare spessore alla narrazione, con Bobby Cannavale nel ruolo di Tony, un uomo torvo e disilluso, e Luke Evans che interpreta Lars, un personaggio cinico e dalla spiccata ironia. La loro evoluzione, seppur interessante, non raggiunge mai il livello di coesione che ci si aspetta da un dramma corale, e alcune dinamiche tra i protagonisti appaiono forzate, come se l’interesse verso il thriller psicologico si sovrapponesse alle necessità di esplorare le emozioni più intime dei personaggi.

La trama, purtroppo, finisce per essere meno avvincente di quanto si speri, con il thriller psicologico che cede progressivamente il passo a una narrazione più semplice e prevedibile. Sebbene il tono misterioso e l’ambientazione claustrofobica del resort diano il giusto ritmo alla storia, il crescendo di tensione che si prospetta all’inizio non viene mai pienamente sviluppato. La serie, infatti, manca della grinta che caratterizzava altre opere simili, come “Big Little Lies”, e non riesce a scavare con sufficiente intensità nei segreti oscuri dei personaggi, lasciando al posto delle vere sorprese un finale che sembra più sbrigativo che realmente rivelatore.

Nel confronto con “The White Lotus”, che trattava temi simili di disuguaglianza sociale e dirompente conflitto tra ricchi e poveri, “Nine Perfect Strangers” perde l’opportunità di approfondire il lato più oscuro dei suoi personaggi e delle loro motivazioni. La serie di Mike White aveva il merito di evolversi in una riflessione sociale intensa e sfaccettata, mentre quella di Jonathan Levine, pur nell’indubbio fascino visivo e nel cast eccellente, rimane più leggera e meno incisiva nel suo commento sociale. Il thriller psicologico che si annuncia nella premessa diventa presto un mero strumento per alimentare un dramma emotivo che, pur interessante, non lascia mai una traccia indelebile. La prima stagione di “Nine Perfect Strangers”, nonostante le sue premesse intriganti e un cast di grande talento, non riesce a decollare completamente. Resta un prodotto visivamente raffinato, con un ritmo avvolgente e piacevole, ma che soffre della mancanza di una profondità che avrebbe potuto renderlo veramente memorabile. Se cercate una visione leggera ma intrigante, questa serie potrebbe fare al caso vostro, ma se vi aspettate un thriller psicologico davvero indimenticabile, potrebbe lasciarvi con un senso di incompiutezza.

Jolt dal 23 luglio su Prime Video

Jolt, il film di genere action, diretto da Tanya Wexler e scritto da Scott Wascha, con Kate Beckinsale e Bobby Cannavale, sarà disponibile dal 23 luglio su Prime Video. Nel cast anche, Jai Courtney, Laverne Cox, David Bradley, Ori Pfeffer, with Susan Sarandon e Stanley Tucci

Lindy è una donna bellissima, sprezzante e ironica con un doloroso segreto: a causa di un raro disturbo neurologico che la affligge da tutta la vita, le accade a volte di essere presa da impulsi omicidi rabbiosi che può controllare solo dandosi una scossa elettrica tramite uno speciale dispositivo a elettrodi. Incapace di trovare amore e intimità in un mondo che teme la sua bizzarra patologia, si fida finalmente di un uomo abbastanza a lungo da innamorarsene, per poi trovarlo assassinato il giorno successivo. Con il cuore spezzato e piena di rabbia, Lindy parte in una missione di vendetta per trovare l’assassino, mentre la polizia è sulle sue tracce come principale sospettata del crimine.