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Ponyboi: Un Viaggio Intenso nella Ricerca dell’Identità e dell’Accettazione

Ponyboi, il nuovo lungometraggio del regista colombiano Esteban Arango, si presenta come un’opera audace e carica di significato. Arango, noto per il suo approccio innovativo e il suo impegno sociale, affronta in questo film temi di grande rilevanza, come la ricerca dell’identità di genere, le difficili relazioni familiari e l’accettazione delle persone intersessuali. La pellicola si concentra sulla vita di un giovane intersessuale, il cui soprannome è appunto Ponyboi, interpretato da River Gallo, che vive una giornata convulsa e drammatica che lo costringe a confrontarsi con il suo passato e con il presente incerto.

Il film segue la giornata di San Valentino di Ponyboi, un giovane sex worker che lavora in una lavanderia automatica. In un’esistenza segnata dalla solitudine e dalla fatica, il protagonista si destreggia tra incontri sessuali occasionali e una vita fatta di miseria e disprezzo. Nonostante tutto, la sua indole solare e romantica emerge, anche se la festa di San Valentino, simbolo di amore e affetto, sembra rattristarlo. Le cose peggiorano quando riceve una telefonata dalla madre, che gli comunica la grave malattia del padre, con cui aveva interrotto ogni rapporto anni prima. Questo annuncio lo costringe a fare i conti con un’infanzia difficile, vissuta in una famiglia tradizionale salvadoregna che non ha mai accettato la sua condizione di persona intersessuale. La situazione diventa ancora più drammatica quando, durante un incontro con un noto mafioso, quest’ultimo muore a causa di un’overdose, mettendo Ponyboi nel mirino della criminalità organizzata. La sua unica via d’uscita è scappare dal New Jersey per sfuggire alla vendetta del clan mafioso.

Nonostante la trama crime non offra nulla di particolarmente originale, Ponyboi emerge come un film significativo per l’intensità dei temi trattati. Al centro della narrazione c’è la continua lotta interiore del protagonista, diviso tra un passato doloroso e un presente incerto. La sua ricerca dell’identità e dell’accettazione sociale lo porta a esplorare il mondo delle persone intersessuali con una profondità rara nel cinema contemporaneo. La performance di River Gallo, che ha ricevuto il premio come miglior attore al Festival di Torino, è straordinaria e infonde al film una carica emotiva potente, rendendo Ponyboi non solo una storia di fuga, ma anche una riflessione sulla ricerca di sé e del proprio posto nel mondo.

River Gallo, oltre a essere l’interprete principale del film, è anche il co-sceneggiatore e un attivista impegnato nella causa dei diritti delle persone intersessuali. Fondatore di Gaptoof Entertainment, una casa di produzione che promuove film inclusivi, Gallo ha dimostrato con Ponyboi la sua capacità di raccontare storie che mettono al centro temi sociali e di genere. La sua carriera è caratterizzata da un impegno costante verso la sensibilizzazione e la rappresentazione di comunità spesso emarginate, come dimostra anche il suo documentario Every Body del 2023, che denuncia le conseguenze delle chirurgie non consensuali sulle persone intersessuali. Gallo ha anche preso parte alla serie TV Love, Victor, che esplora la presa di coscienza dell’orientamento sessuale, ulteriormente rafforzando il suo ruolo di voce per la comunità LGBTQ+ e intersessuale.

Le Torte che Protestano: L’Attivismo Dolce delle “Ugly Cakes”

Chi avrebbe mai pensato che un dolce potesse essere uno strumento di protesta? Eppure, le “ugly cakes” – torte decorate in modo irregolare e colorato, spesso con messaggi forti – stanno conquistando il mondo, unendo la passione per la pasticceria con un impegno per le cause sociali più urgenti.

Il fenomeno delle “ugly cakes” affonda le sue radici nella storia degli Stati Uniti, dove le torte venivano preparate per celebrare il diritto di voto e per sostenere le battaglie femministe. Oggi, queste torte non sono solo un richiamo alla ribellione, ma si adattano alle tematiche del nostro tempo, spaziando dalla lotta contro il razzismo all’uguaglianza di genere, fino ai diritti LGBTQ+ e alla salvaguardia dell’ambiente.

Ma perché le torte funzionano come strumento di attivismo? Innanzitutto, sono un formidabile mezzo di comunicazione visiva. Le immagini delle torte, spesso condivise sui social, hanno un impatto emotivo immediato, diffondendosi rapidamente e suscitando riflessioni. Acquistando una “ugly cake”, non solo si supporta una causa, ma si ha anche la possibilità di gustare un prodotto artigianale, spesso unico nel suo genere. Ma non finisce qui: queste torte sono anche un modo per costruire comunità, creando momenti di partecipazione attiva intorno a tematiche importanti.

Un esempio lampante di come il cibo possa diventare veicolo di cambiamento è la fondazione Bakers Against Racism, nata nel 2020. L’associazione ha raccolto milioni di dollari per cause di uguaglianza sociale, vendendo dolci creati per sensibilizzare sul tema del razzismo. E non sono solo le associazioni a usare le torte per fare la differenza: la pasticceria Vanilla Beans and Daydreams crea vere e proprie opere d’arte in pasta di zucchero, affrontando con i suoi dolci temi come il razzismo e l’omotransfobia. In molte aree degli Stati Uniti, le pasticcere hanno inoltre unito le forze per difendere il diritto all’aborto, creando torte come simbolo di lotta per la salute riproduttiva.

Anche in Italia il fenomeno sta cominciando a farsi sentire. Sebbene il nostro Paese sia noto per la sua tradizione dolciaria, le “ugly cakes” stanno emergendo come una novità interessante, che unisce creatività e impegno sociale in un mix tutto da scoprire.

Le “ugly cakes” ci insegnano che il cibo può essere molto più di un semplice piacere per il palato. Sono un potente strumento di comunicazione, un modo per esprimere le proprie idee e contribuire a un mondo più giusto. E forse, in un mondo dove il cambiamento sembra sempre più urgente, una torta può fare davvero la differenza.

Slacktivism: attivismo da poltrona o vera forza del cambiamento?

Nel mondo frenetico dell’era digitale, dove l’informazione viaggia alla velocità della luce e l’attenzione è merce rara, nasce lo slacktivism: l’attivismo da poltrona. Condividere un post, firmare una petizione online o cambiare la propria immagine del profilo sui social network per sostenere una causa. Gesti semplici, spesso impulsivi, che richiedono pochi minuti e che, secondo alcuni, rischiano di svuotare di significato l’impegno sociale e politico.

Ma lo slacktivism è davvero solo un click inutile?

Dietro questa semplicità si nasconde un potenziale rivoluzionario: la capacità di mobilitare masse di persone in tempi rapidissimi e con costi minimi. Una petizione online può raccogliere in poche ore migliaia di firme, un hashtag può diventare virale in pochi istanti, sensibilizzando l’opinione pubblica su temi importanti.

Lo slacktivism è come la benzina che accende la scintilla del cambiamento.

Non sostituisce l’attivismo “tradizionale”, fatto di proteste, manifestazioni e impegno concreto, ma lo amplifica, lo rende più accessibile e coinvolgente per un pubblico più ampio, soprattutto per le nuove generazioni.

Certo, lo slacktivism ha i suoi limiti.

Un click non basta a risolvere i problemi del mondo. Ma può essere un primo passo, un modo per iniziare a riflettere, a informarsi e a prendere coscienza di tematiche sociali e politiche. Può essere lo stimolo per approfondire, per impegnarsi in modo più concreto, per scendere in piazza o per donare a un’organizzazione benefica.

Lo slacktivism non è un nemico, ma un alleato.

Un alleato che va usato con consapevolezza, scegliendo con cura le cause da sostenere e verificando le informazioni condivise. Un alleato che può aiutarci a costruire un mondo migliore, un click alla volta.

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Emma Watson compie 34 anni: la star di Harry Potter ha detto addio al cinema?

Oggi, 16 aprile, Emma Watson, la celebre attrice che ha dato il volto a Hermione Granger nella saga di Harry Potter, compie 34 anni. Ma un compleanno per lei è speciale: da qualche anno, infatti, ha deciso di abbandonare il mondo del cinema.

Perché una scelta così drastica?

Emma Watson ha conosciuto fin da giovanissima i pro e i contro di una fama mondiale. A soli 11 anni, il suo esordio sul grande schermo con “Harry Potter e la Pietra Filosofale” l’ha catapultata in una carriera che sembrava destinata a durare a lungo.

Tuttavia, dopo successi come “Piccole Donne” e “La Bella e la Bestia”, l’attrice ha preso una decisione inaspettata: ritirasi dalla recitazione.

Le motivazioni non sono completamente chiare, ma Watson ha più volte espresso il suo disagio per la vita a Hollywood, definendosi “in gabbia”. Sembra che la pressione mediatica e la mancanza di privacy le abbiano tolto la serenità.

Cosa fa oggi Emma Watson?

Nonostante il ritiro dal cinema, Watson è comunque molto attiva. Si dedica a progetti di attivismo sociale, in particolare per la difesa dei diritti delle donne e per la promozione dell’istruzione. Inoltre, si impegna in iniziative a favore dell’ambiente e della sostenibilità.

Un addio definitivo o un arrivederci?

Al momento non è dato sapere se Emma Watson tornerà un giorno a recitare. I suoi fan sperano ovviamente di rivederla presto sul grande schermo, ma l’attrice non ha ancora espresso alcuna intenzione in tal senso.

La nuova edizione de “I giorni della merla” di Manuele Fior

Manuele Fior è un autore che ha saputo coniugare poesia visiva e narrativa in modo unico, conquistando una notorietà internazionale grazie alla sua capacità di raccontare storie intime e universali con il suo tratto delicato e intenso. La nuova edizione di I giorni della merla, che raccoglie dodici racconti brevi, è una preziosa occasione per immergersi ancora una volta nel suo mondo affascinante. Questi racconti, nati per importanti pubblicazioni nazionali ed estere, sono come rapidi frammenti di vita, istantanee che immortalano momenti rivelatori e ci permettono di esplorare l’interiorità dei suoi protagonisti.

In questa nuova edizione, arricchita da due storie inedite, Fior ci guida attraverso diverse realtà, spaziando tra epoche e luoghi lontani. Ci troviamo tra i soldati francesi durante la Prima guerra mondiale, tra gli immigrati che vivono le difficoltà quotidiane nelle Berlino e Parigi contemporanee, e nell’Italia futura che Fior ha già immaginato nel suo graphic novel L’intervista. La sua narrazione è composta da piccoli ma intensi ritratti: storie di genitori e figli, di coppie felici o in crisi, di artisti in difficoltà. In ognuna di queste storie, il disegno si fa narrazione, capace di catturare momenti di vita, di far emergere emozioni, sogni, paure e desideri—tutti gli aspetti che ci rendono umani.

In Aiuto! Hilfe!, un padre cerca disperatamente il suo bambino, scomparso nel vasto parco di Tempelhof, mentre in Gita di classe due insegnanti accompagnano i loro studenti a spasso per Parigi, mettendo in scena storie di italiani all’estero che si trovano ad affrontare situazioni che mettono alla prova la loro familiarità con il nuovo ambiente.

Nel racconto Il pittore, Fior narra il soggiorno a Ischia dell’artista simbolista Arnold Böcklin, a partire da una lettera indirizzata alla moglie. Storia di Gabriel C., invece, si ispira a documenti clinici ritrovati nell’ospedale psichiatrico di Ville-Évrard, dove vennero ricoverati i soldati della Prima guerra mondiale con disturbi mentali. In Mai guardarsi indietro, pubblicato per la prima volta nel 2023 in Sotto il vulcano, Fior esplora i dissidi esistenziali di alcune giovani attiviste per il clima, creando un racconto carico di tensione emotiva e riflessioni profonde.

Manuele Fior è ormai un artista di fama internazionale, con una carriera che lo ha visto vivere a Berlino, Oslo e Parigi, prima di stabilirsi a Venezia. Collabora con alcune delle più prestigiose riviste internazionali, come The New Yorker, Le Monde, Vanity Fair, e quotidiani come la Repubblica e Il Sole 24 Ore. Oltre a essere uno degli autori di graphic novel più apprezzati in Italia e all’estero, Fior ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Fauve d’Or per Cinquemila chilometri al secondo al Festival Internazionale di Angoulême nel 2011. La sua produzione è vasta e variegata: dai racconti brevi a opere più lunghe come Le variazioni d’Orsay e Celestia, per cui ha vinto il Premio Yellow Kid come Autore dell’anno ai Lucca Comics Awards nel 2020. Le sue opere sono pubblicate da case editrici come Feltrinelli, Einaudi e Oblomov, che recentemente ha ripubblicato alcune delle sue raccolte più significative, tra cui I giorni della merla.

Con ogni nuova edizione, Fior continua a offrirci una visione inedita della realtà, dove il disegno non è mai solo forma, ma sostanza narrativa, capace di raccontare e interpretare il nostro mondo in modo delicato e profondo.