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A New Dawn: il poetico debutto di Yoshitoshi Shinomiya rinviato al 2026

Ci sono film che sembrano destinati a diventare culto ancora prima di approdare sul grande schermo. Uno di questi è senza dubbio Hana Rokushō ga Akeru Hi Ni, internazionalmente conosciuto come A New Dawn, il primo lungometraggio firmato da Yoshitoshi Shinomiya, artista già noto per le sue straordinarie illustrazioni e le sue collaborazioni con giganti del cinema d’animazione giapponese come Makoto Shinkai. Ebbene, se anche voi eravate tra quelli in trepidante attesa della sua uscita, preparatevi: la nuova data è fissata per il 2026. Un rinvio che spegne temporaneamente le luci del cielo notturno, ma solo per promettere un’esplosione ancora più spettacolare.

Un titolo poetico, un racconto nostalgico

Il titolo originale Hana Rokushō ga Akeru Hi Ni è già di per sé una piccola poesia visiva. “Hana” significa fiore, ma in questo contesto si riferisce ai fuochi d’artificio; “Rokushō” è il nome del pigmento verde “Paris Green” usato storicamente per colorare i fuochi d’artificio, mentre “Akeru” può significare sia “alba” sia “inizio”. In altre parole, il film ci invita ad assistere a un momento di transizione: la fine di qualcosa di antico e l’inizio di qualcosa di nuovo, con lo sguardo rivolto verso un cielo notturno acceso di colori e ricordi.

La trama ruota attorno a una storica fabbrica di fuochi d’artificio, attiva da ben 330 anni, che si trova sull’orlo della chiusura definitiva. Qui vive Keitarō, un ragazzo che da quattro anni ha deciso di isolarsi dentro la fabbrica per cercare di ricreare un fuoco d’artificio leggendario chiamato “Shuhari”, abbandonato misteriosamente da suo padre, ora scomparso. La vita di Keitarō prende però una nuova piega con l’arrivo inaspettato di Kaoru, un’amica d’infanzia fuggita a Tokyo dopo un evento traumatico. La loro reunion accende una nuova scintilla, che li porterà a scavare nei segreti sepolti della tradizione familiare e di quel fuoco d’artificio dimenticato.

Un cast inedito, ma ricco di talento

A New Dawn non è solo un debutto registico per Shinomiya: è anche il battesimo nel mondo del doppiaggio per i due protagonisti principali. Riku Hagiwara, noto per le sue interpretazioni in drama come My Beautiful Man e Meguru Mirai, darà voce a Keitarō Tatewaki. Al suo fianco troviamo Kotone Furukawa, attrice di talento apparsa in Yū Yū Hakusho e Wheel of Fortune and Fantasy, che interpreterà Kaoru Shikimori. Entrambi portano una freschezza genuina ai rispettivi ruoli, proprio perché questa è la loro prima esperienza come doppiatori. A completare il cast vocale c’è anche il veterano Miyu Irino, voce iconica di personaggi in La Città Incantata e Mob Psycho 100, che presterà la voce al fratello maggiore Sentarō. Anche Takashi Okabe si unisce al progetto nel ruolo del padre scomparso Eitaro, segnando anch’egli il suo debutto nel doppiaggio.

Una produzione raffinata e internazionale

Dietro le quinte troviamo un team di altissimo livello. Oltre a scrivere la sceneggiatura, Shinomiya ha ideato la storia originale e supervisionato l’intero processo creativo. Il character design è stato affidato a Utsushita, già noto per il suo lavoro su Heavenly Delusion, mentre Akiko Majima, tra gli artisti coinvolti in Suzume, ha contribuito al comparto visivo del film. La colonna sonora, suggestiva e promettente, è firmata dal compositore Shūta Hasunuma. Il film è frutto della collaborazione tra la giapponese ASMIK Ace e la francese Miyu Productions, la stessa dietro titoli come Ghost Cat Anzu.

Un primo sguardo sul progetto è stato offerto durante l’“Animation Day” del prestigioso Festival di Annecy nel 2024, dove è stato presentato un video dietro le quinte che ha permesso al pubblico di intravedere la dedizione maniacale con cui il film sta prendendo forma.

Yoshitoshi Shinomiya: un talento silenzioso che merita attenzione

Yoshitoshi Shinomiya non è certo un nome nuovo per gli appassionati di anime e animazione giapponese. Ha illustrato locandine e sfondi per film come Il Giardino delle Parole, Your Name e Children Who Chase Lost Voices, tutti firmati dal maestro Makoto Shinkai. È stato unit director per Your Name e ha diretto la struggente sequenza in flashback del film. Tra i suoi lavori più celebri figura anche il cortometraggio animato sullo storico incrocio di Shibuya, realizzato nel 2018, e contributi visivi per Pokémon: I segreti della giungla. Insomma, Shinomiya è un artista capace di fondere bellezza visiva e introspezione narrativa con una delicatezza unica nel suo genere.

Con A New Dawn, Shinomiya promette di offrire un’esperienza emozionante e poetica, fatta di luci e ombre, di ricordi e speranze, di eredità familiari e fuochi d’artificio che non sono solo spettacolo, ma anche simbolo di sogni e di identità.

Aspettando l’alba del 2026

Sì, ci toccherà attendere ancora due anni. Ma se c’è una cosa che A New Dawn sembra volerci insegnare è che alcune luci valgono la pena di essere attese. In un mondo in cui tutto corre veloce, questa storia ci invita a fermarci, a guardarci dentro e, magari, ad alzare lo sguardo al cielo in cerca di un fuoco d’artificio capace di accendere qualcosa anche dentro di noi.

Se anche voi sentite che questo film potrebbe toccarvi nel profondo, condividete l’articolo sui vostri social e diteci cosa vi aspettate da questa “nuova alba” cinematografica. Sarà davvero il debutto che farà brillare il nome di Shinomiya tra le stelle dell’animazione giapponese? Diteci la vostra!

Crunchyroll Anime Awards 2025: Una celebrazione stellare dell’animazione giapponese

C’è qualcosa di magico che accade ogni anno per noi fan degli anime, qualcosa che ci fa sentire parte di una community globale, appassionata e vibrante. Sto parlando, ovviamente, dei Crunchyroll Anime Awards, l’evento che ormai da nove edizioni è diventato la vera e propria “Notte degli Oscar” per il mondo dell’animazione giapponese. E quest’anno, l’edizione 2025 si preannuncia epica, con numeri da record, ospiti internazionali da far girare la testa e, ovviamente, una celebrazione appassionata dell’arte che amiamo di più: gli anime.

Un record che parla chiaro: 51 milioni di voti

Sì, avete letto bene. Ben 51 milioni di voti sono stati espressi dai fan di tutto il mondo, un aumento di quasi il 50% rispetto allo scorso anno. Questo dato da solo basta a capire quanto l’interesse per gli anime sia esploso a livello globale. E non parliamo solo di chi guarda le serie sottotitolate sul divano, ma di una vera cultura pop planetaria che coinvolge artisti, musicisti, doppiatori, atleti e creator da ogni angolo del mondo. I Crunchyroll Anime Awards sono diventati l’evento che unisce tutti: dagli otaku irriducibili a chi ha scoperto l’animazione giapponese grazie a successi come Demon Slayer, Attack on Titan o My Hero Academia.

Una line-up stellare per un palco internazionale

Il 25 maggio 2025 sarà una data da segnare in rosso sul calendario di ogni appassionato. L’evento si svolgerà a Tokyo, nella splendida cornice del Grand Prince Hotel Shin Takanawa, e sarà trasmesso in diretta globale su Twitch e YouTube di Crunchyroll, oltre che su Sony Pictures Core e sul canale ufficiale YouTube di Sony Group. L’accessibilità sarà totale: lo show sarà disponibile in nove lingue, italiano compreso. Insomma, non ci sono scuse per non esserci.

La serata sarà condotta dalla nostra adorata Sally Amaki, doppiatrice e volto amatissimo dai fan, affiancata dall’entertainer Jon Kabira. Ma il vero spettacolo sarà offerto da una sfilata di presentatori da capogiro: J Balvin, superstar latina e appassionato di anime, la cantautrice vincitrice del GRAMMY Kacey Musgraves e lo sceneggiatore Zak Penn, che ha firmato pellicole come Ready Player One. A questi si aggiungono Damiano David dei Måneskin, Finn Wolfhard e Gaten Matarazzo di Stranger Things, e figure iconiche dell’animeverse come Gigguk e Ironmouse. Il livello di hype è fuori scala.

Musica, emozioni e nostalgia

E poi ci sono loro, le colonne sonore della nostra vita da fan: le sigle. La musica ha sempre avuto un ruolo fondamentale nel mondo degli anime e quest’anno sarà celebrata come mai prima. Ad animare il palco ci penseranno i Creepy Nuts, duo hip-hop dietro l’irresistibile opening “Bling-Bang-Bang-Born” di Mashle: Magic and Muscles e “Otonoke” di Dan Da Dan; i mitici FLOW, che ci faranno rivivere le emozioni di Naruto e Code Geass con un omaggio al 20° anniversario di Eureka Seven; e la regina indiscussa delle sigle anime, LiSA, voce dietro “Gurenge”, l’opening iconica di Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba. È il tipo di show che, anche solo per la musica, varrebbe ogni minuto davanti allo schermo.

Chi conquisterà il titolo di Anime dell’Anno?

Le nomination sono un concentrato di eccellenza e varietà. I candidati per il premio Anime dell’Anno fanno battere forte il cuore: Dan Da Dan, un’esplosione di azione e soprannaturale; Delicious in Dungeon, la perfetta fusione di fantasy e cucina; Frieren – Oltre la Fine del Viaggio, che ci fa riflettere sul tempo e la memoria; Kaiju No. 8, dove la lotta ai mostri è più epica che mai; Solo Leveling, fenomeno globale con una fanbase devota; e Il Monologo della Speziale, una gemma che mescola storia e romanticismo. Personalmente, ho il cuore diviso tra l’originalità di Frieren e l’adrenalina pura di Solo Leveling, ma la bellezza degli Anime Awards è proprio questa: ogni serie ha il suo valore e ogni fan ha la propria voce.

Una celebrazione globale dell’anime culture

Crunchyroll ha saputo trasformare questo evento in una vetrina mondiale per l’industria anime, ma anche in una festa dei fan per i fan. La COO Gita Rebbapragada lo ha detto chiaramente: il successo crescente dell’animazione giapponese è merito della passione e dell’amore delle persone che ogni giorno scelgono di emozionarsi davanti a una nuova storia, un nuovo personaggio, un nuovo sogno disegnato. In occasione degli Anime Awards, Crunchyroll ha anche messo a disposizione gratuitamente molte delle serie nominate, in modo che tutti possano scoprirle o riguardarle. E per chi ama collezionare, ci saranno offerte speciali su manga, figures e merchandise legato agli anime candidati nello store ufficiale.

L’appuntamento che ogni fan aspetta

Insomma, il 25 maggio 2025 sarà molto più di una semplice cerimonia di premiazione. Sarà un momento di connessione globale, di celebrazione della bellezza e della potenza narrativa degli anime, di musica, di cosplay, di lacrime e sorrisi condivisi. È un evento che dimostra quanto l’animazione giapponese non sia più un fenomeno di nicchia, ma una vera e propria forma d’arte amata in ogni angolo del pianeta.

Io non vedo l’ora di mettermi comoda con una tazza di tè matcha, accendere il livestream e vivere ogni attimo con il cuore in gola. E voi? Quali sono i vostri anime del cuore tra i nominati? Avete già fatto le vostre previsioni su chi vincerà? Parliamone insieme: commentate, condividete e fate sapere al mondo intero che anche voi siete parte di questa meravigliosa community chiamata anime fandom!

“Ken il Guerriero è tornato, e con lui la mia adolescenza”: un viaggio personale tra le pagine di Nippon Shock Magazine n.24

Quando ho saputo che Nippon Shock Magazine sarebbe tornato con il numero 24 dopo una lunga pausa, ho sentito un tuffo al cuore. Per chi, come me, ha passato interi pomeriggi a guardare anime giapponesi negli anni ’90, questa rivista rappresenta qualcosa di più di una semplice pubblicazione: è una finestra su un mondo che ha segnato profondamente la nostra immaginazione e la nostra formazione culturale. Il fatto poi che questo nuovo numero sia interamente dedicato a Hokuto no Ken – che noi italiani abbiamo imparato ad amare col nome di Ken il Guerriero – ha reso l’attesa ancora più carica di emozione.

Non è solo una rivista, ma un vero e proprio evento editoriale. Con la distribuzione già avviata nelle fumetterie e librerie di tutta Italia e una disponibilità online prevista entro il 20 maggio 2025, questo numero speciale si presenta come una monografia curatissima, quasi un libro, con una foliazione di 180 pagine in formato 15×21 e un prezzo decisamente accessibile di 9,50 euro. La sensazione che ho avuto sfogliandolo per la prima volta è stata quella di stringere tra le mani un pezzo importante di storia dell’animazione giapponese.

Ken è stato molto più di un semplice personaggio per noi ragazze cresciute negli anni Ottanta e Novanta. Con i suoi muscoli scolpiti, la sua sete di giustizia e quella struggente malinconia negli occhi, rappresentava una figura tragica e affascinante allo stesso tempo. In un mondo devastato dalla guerra, dove l’umanità sembrava scomparsa, lui combatteva non solo per sopravvivere, ma per proteggere chi non poteva difendersi. Nippon Shock Magazine n.24 riesce a catturare in pieno questa essenza, restituendo a Kenshiro tutta la sua complessità attraverso articoli, testimonianze e contributi preziosi.

Una delle sezioni che mi ha maggiormente colpita è quella dedicata all’analisi approfondita della serie animata e dei film, dove si esplorano con intelligenza i grandi temi di Hokuto no Ken: il sacrificio, la redenzione, la sopravvivenza. Temi eterni, universali, che parlano al cuore di tutti noi. Ma la cosa davvero straordinaria è la cura con cui sono stati coinvolti i protagonisti reali della produzione giapponese. Leggere le parole di Yoshio Takami, Toyoo Ashida, Masami Suda, Junichi Hayama e Nobuhiko Horie – figure chiave dietro le quinte della serie – è stato come entrare in un dietro le quinte affascinante, fatto di passione, fatica e genialità.

Ma non è solo il Giappone a parlare in queste pagine. C’è anche tanta Italia. Emozionante l’intervista ad Alessio Cigliano, la voce di Kenshiro per noi italiani, e a Claudio Maioli, autore di quella sigla che ancora oggi riesce a farmi vibrare l’anima non appena sento le prime note. Leggere le loro parole mi ha fatto sentire parte di una comunità affiatata, composta da appassionati che, nonostante gli anni, non hanno mai smesso di credere nella potenza evocativa di questa storia.

E poi c’è l’universo dei videogiochi, dai cabinati arcade che ho visto da bambina nelle sale giochi delle località balneari, fino alle versioni più moderne per console. Ogni gioco viene analizzato con occhio critico, ma anche con la passione di chi ha davvero giocato, combattuto, e magari perso più di una volta nei panni di Kenshiro. Accanto a questo, un viaggio affascinante nel merchandising: dai giocattoli vintage degli anni ’80 – oggi veri e propri tesori per collezionisti – alle edizioni limitate più recenti che celebrano l’eredità commerciale del personaggio.

Un altro momento magico è stata la sezione dedicata alla musica, all’impatto culturale globale della serie e alle tecniche di animazione che, pur con le limitazioni dell’epoca, riuscivano a trasmettere pathos e intensità come poche altre. Il colpo finale al cuore me lo ha dato la galleria di fanart: opere spettacolari di artisti italiani e internazionali che omaggiano i personaggi con uno stile originale ma pieno di rispetto. C’è qualcosa di profondamente commovente nel vedere come l’amore per Ken e i suoi compagni attraversi confini geografici e generazionali.

Ma la cosa più bella è che questa non è la fine. Nippon Shock Magazine n.24 è solo la prima parte di un progetto più ampio: seguirà infatti una seconda monografia interamente dedicata al manga originale di Buronson e Tetsuo Hara, con ulteriori analisi, approfondimenti e tributi. Un modo per completare quello che può essere definito a tutti gli effetti un omaggio definitivo a Hokuto no Ken.

Dopo mesi di pausa, dovuti a una riorganizzazione interna, Nippon Shock Edizioni torna quindi con un numero che non è solo una rivista, ma una dichiarazione d’amore. Una rinascita editoriale che si percepisce anche nella grafica, più curata che mai, e nella qualità dei contenuti, capaci di parlare sia ai fan di lunga data sia a chi si avvicina ora a questa leggenda. Io, da appassionata e da donna cresciuta a pane e anime, non posso che ringraziare chi ha reso possibile tutto questo.

Ken il Guerriero ci ha insegnato che “sei già morto” può essere una promessa di giustizia e riscatto. Nippon Shock Magazine n.24 ci ricorda che quel mondo, fatto di sabbia, pugni e cuore, è ancora vivo – e continua a battere forte dentro di noi.

Junk World: Il sequel che spinge i confini dell’animazione stop-motion

Quando ho scoperto che Takahide Hori stava tornando con un nuovo film, il mio cuore ha fatto un balzo. Non solo perché stiamo parlando del visionario dietro Junk Head – uno dei capolavori più unici, disturbanti e affascinanti che l’animazione in stop-motion ci abbia regalato negli ultimi anni – ma perché Junk World promette qualcosa di ancora più ambizioso: un viaggio mille anni prima, nelle profondità oscure e dimenticate del suo universo narrativo.E finalmente è arrivato il trailer. Un assaggio breve, ma incredibilmente denso, di quello che ci aspetta. Le mani tremano solo a scriverne.

Sì, Junk World è un prequel, ambientato ben 1.042 anni prima degli eventi di Junk Head. E questa distanza temporale non è solo un dettaglio: è una scelta poetica, narrativa, filosofica. Hori ci riporta alle origini di quel mondo decadente e affascinante, quando le cicatrici della civiltà erano ancora fresche e le fondamenta della follia futura si stavano appena gettando.Il protagonista, Robin – o Parton, come i fan lo conosceranno dal primo film – è un robot che ci guiderà in questa nuova avventura. Al suo fianco c’è Triss, un comandante umano inviato a indagare su una misteriosa setta di esseri artificiali. E già qui il respiro si fa corto: una setta? In un mondo che si sgretola? Con un robot che forse non è solo una macchina?Il loro viaggio li porterà a scoprire un varco multidimensionale che minaccia la realtà stessa. Sì, avete letto bene: multidimensionale. Hori non ha paura di spingere il pedale dell’ambizione narrativa, e questo è esattamente ciò che rende le sue opere irresistibili.

Stop-Motion: Una Rivoluzione Artigianale

C’è qualcosa di profondamente toccante nel sapere che Junk World, proprio come il suo predecessore, è stato realizzato quasi interamente da una sola persona. Takahide Hori non è semplicemente un regista: è un artigiano, uno scultore di mondi, un cantastorie che preferisce la colla, la plastilina e il silicone alle scorciatoie digitali.In un’epoca dominata dalla CGI e dagli effetti iperrealistici, la stop-motion ha un valore quasi mistico. È lenta. È imperfetta. Ma è vera. Ogni movimento di ogni personaggio è frutto di ore, giorni, settimane di lavoro manuale. Ogni scena è un piccolo miracolo. E Junk World ne è pieno. Le texture, le luci, i volti dei personaggi… tutto ha una fisicità che quasi si può toccare. Guardando il trailer, mi sembrava di annusare la polvere di quella città sotterranea, di percepire il freddo metallico dei corridoi, di ascoltare il respiro rotto dei protagonisti.

E poi c’è una cosa che mi ha commossa profondamente: Junk World esiste anche grazie a noi, i fan. Due campagne di crowdfunding hanno permesso a Hori di dare forma al suo sogno. Oltre 22 milioni di yen raccolti complessivamente – più di 140.000 euro – da persone che, come me, si sono innamorate di quell’universo cupo e stratificato.Questo non è solo un film. È un progetto collettivo, un esempio vivente di come l’arte indipendente possa ancora fiorire, resistere, brillare. In mezzo a un’industria che spesso schiaccia la creatività con logiche commerciali, Hori ci ricorda che la passione può ancora vincere.

Oltre la Narrazione: Un’Odissea Filosofica

Se Junk Head era già un’opera profondamente filosofica – una riflessione sull’umanità, la memoria, l’identità – Junk World sembra voler andare ancora oltre. Le atmosfere sono più dense, la trama più stratificata, i temi più ambiziosi.La lotta per la sopravvivenza non è solo fisica, ma esistenziale. Che cosa significa essere “umani” in un mondo dove l’umanità è un ricordo? Qual è il nostro ruolo quando non siamo più necessari? Dove finisce la macchina e comincia l’anima?Sono domande che il film promette di affrontare senza offrire risposte facili, ma accompagnandoci in un viaggio mentale tanto quanto visivo. Perché l’arte vera non consola: interroga.

L’uscita giapponese è fissata per il 13 giugno 2025. Quel giorno, lo segnerò con un cerchio rosso sul calendario. Perché Junk World non è solo un film che aspetto con ansia: è un evento, un rituale, una promessa di meraviglia. Takahide Hori sta creando qualcosa che va oltre la semplice animazione: sta costruendo un mito contemporaneo, mattoncino dopo mattoncino, scena dopo scena, con le sue mani. E noi siamo fortunati spettatori, invitati a perderci in questo universo in bilico tra la bellezza e l’orrore.

Star Wars: Visions 3 – ritona la serie antologica nella Galassia lontana lontana

Star Wars: Visions è uno di quei progetti che, sin dalla sua prima apparizione nel 2021, ha avuto il coraggio di osare. Un’antologia animata che ha sfidato le regole della narrazione canonica per esplorare l’universo di Guerre stellari da prospettive completamente nuove, artistiche, intime e profondamente emozionali. E ora, con l’annuncio della terza stagione in arrivo nel 2025 su Disney+, il mio cuore di fan vibra ancora una volta all’unisono con la Forza. La notizia più recente che ha scatenato la mia curiosità è la diffusione della primissima immagine ufficiale tratta da uno degli episodi inediti, intitolato semplicemente Black. Una visione psichedelica e viscerale, diretta da Shinya Ohira, già presentata in anteprima durante l’Annecy Festival. L’immagine, che potete trovare in fondo all’articolo, è un caleidoscopio visivo che promette di essere solo l’inizio di un viaggio interiore e visionario. Il protagonista? Uno Stormtrooper. Ma non uno qualunque: un soldato imperiale al limite della sconfitta, tormentato, dilaniato da un conflitto interiore che sembra trascendere il tempo e lo spazio. Secondo la descrizione ufficiale, ci aspetta una battaglia tra passato e presente, luce e oscurità, vita e morte. Sembra quasi una danza lisergica della coscienza, dove la mente del personaggio si fonde con l’estetica esplosiva dell’animazione giapponese.

Ed è proprio questa fusione tra cultura giapponese e mito occidentale che continua a rendere Visions qualcosa di unico. Il progetto nasce dalla volontà di Lucasfilm di lasciare totale libertà creativa a diversi studi d’animazione, molti dei quali già celebri per capolavori come Haikyu!!, Delicious in Dungeon, Evangelion 3.0+1.0, Attack on Titan. E anche questa volta, per la terza stagione, torneranno a prestare la loro arte studi come Production I.G, Kamikaze Douga, WIT Studio, TRIGGER, e molti altri. Il risultato sarà, come sempre, un mosaico eterogeneo di stili, atmosfere e poetiche diverse, tutte però radicate in quell’universo così familiare e amato.

Durante l’ultima Star Wars Celebration in Giappone, Lucasfilm ha finalmente confermato che Visions tornerà con nuovi episodi su Disney+ il 29 ottobre. Ma non è finita qui. Tra le sorprese più entusiasmanti per chi, come me, si era già affezionata a certi personaggi apparsi nei primi corti, ci sarà il ritorno di alcuni racconti in forma di sequel. The Duel: Payback e The Lost Ones riprenderanno le fila narrative lasciate aperte in The Village Bride. E poi, la notizia che mi ha fatto letteralmente sobbalzare sul divano: The Ninth Jedi avrà una vera e propria serie spin-off.

Ricordo ancora perfettamente la sensazione che mi lasciò l’episodio The Ninth Jedi: poetico, profondo, quasi mitologico. Kara, la giovane figlia di un fabbro di spade laser, era una protagonista straordinaria. In quel mondo, il colore della lama era determinato dalle emozioni dell’utilizzatore, una trovata narrativa potente, capace di dare nuova vita alla simbologia del cristallo Kyber. L’episodio era firmato da Kenji Kamiyama, che ha annunciato con emozione la nuova serie Star Wars: Visions Presents – The Ninth Jedi, ringraziando i fan per l’affetto dimostrato verso i personaggi di Kara e del Maestro Jedi Juro. La loro storia proseguirà nel corto Child of Hope, che farà da ponte verso la nuova serie in arrivo nel 2026.

Pensare a come Visions abbia evoluto il linguaggio di Star Wars mi fa riflettere sul potere delle storie raccontate attraverso le lenti della diversità culturale. È come se la saga si fosse specchiata nel cuore dell’animazione giapponese, ritrovando se stessa in una forma più pura, più onirica. Ogni corto è un piccolo haiku galattico, un’esplorazione di ciò che significa davvero essere Jedi, Sith, o semplicemente esseri umani.

Ecco perché non vedo l’ora che arrivi il 2025. Perché Visions non è solo intrattenimento: è un’esperienza, un atto d’amore per Star Wars e per l’arte dell’animazione. Una dichiarazione di libertà creativa che, nel suo piccolo, riesce ancora a farci sognare tra le stelle.

Anime anni ’80: un ritorno al cuore della mia infanzia con Boing SpA

C’è qualcosa di magico nel tornare con la mente agli anni ’80, un’epoca in cui i pomeriggi profumavano di merenda, televisione accesa e sogni a occhi aperti. Per me, come per molte altre donne che hanno amato e vivono ancora oggi con passione l’universo degli anime giapponesi, quegli anni non sono solo un ricordo nostalgico, ma il fondamento di un amore che non ha mai smesso di crescere. E oggi, con emozione autentica, accolgo l’iniziativa di Boing SpA, che celebra alcuni tra gli anime più iconici di quel decennio, portandoli nuovamente alla luce grazie a una programmazione speciale e a una serie di prodotti in edizione limitata che ne rinnovano il mito.

Pollon, Hello! Spank, Georgie, Lady Oscar e Holly e Benji: bastano questi nomi per far tornare il cuore a battere come quando eravamo bambine e bastava una sigla cantata a squarciagola per sentirsi invincibili. Boing SpA – nata dalla joint venture tra RTI Mediaset e Warner Bros. Discovery – ha saputo cogliere questo sentimento collettivo, trasformandolo in un vero e proprio omaggio all’anime-cultura che ha cresciuto intere generazioni. La loro piattaforma gratuita Boing App ha lanciato una sezione dedicata, chiamata “I Mitici”, dove è possibile (ri)vivere l’emozione degli episodi originali, senza registrazioni o complicazioni, solo puro amore per l’animazione giapponese.

Si inizia con Pollon, la piccola dea dell’Olimpo che, tra pasticci e risate, ci ha fatto conoscere un modo tutto suo di guardare alla mitologia greca. In Italia è arrivata nel 1984 e da allora non ha mai smesso di regalarci momenti surreali e dolcissimi. A giugno torna anche Hello! Spank, il cucciolo bianco dalle orecchie nere, allegro e teneramente disastroso, che con la sua padroncina Aika ci ha insegnato quanto forte possa essere il legame con un animale. E poi, a settembre, sarà la volta di Holly e Benji, forse la serie sportiva più leggendaria mai trasmessa, con i suoi tiri impossibili e i campi infiniti, che ha fatto sognare ogni bambino col desiderio di diventare un campione. Oltre alla Boing App, anche Mediaset Infinity propone un boxset con questi titoli indimenticabili, a conferma di quanto siano ancora vivi nella memoria collettiva.

Ma questa celebrazione non si ferma al piccolo schermo. Anzi, si espande nel mondo reale con collezioni fashion e linee di prodotti pensati per portare questi personaggi nel nostro quotidiano.

Ed è qui che, da donna adulta e appassionata di anime, mi sento davvero coinvolta: non è solo nostalgia, è il desiderio di esprimere chi sono anche attraverso ciò che indosso e utilizzo.

Ravensburger, ad esempio, propone la linea di puzzle “80 MANIA”, una collezione che comprende i cinque grandi titoli celebrati, confezionati in packaging dal sapore retrò, con effetto neon, e accompagnati da un poster dedicato. È come ritrovare un pezzo del proprio diario segreto sotto forma di tasselli da incastrare, e ogni immagine ricomposta diventa un ricordo che prende forma concreta.

Cotton Nenette invece ha deciso di rendere omaggio a Lady Oscar, figura emblematica per tutte noi che abbiamo scoperto, grazie a lei, la forza delle donne e il coraggio di essere sé stesse. La capsule estiva include t-shirt e una field jacket reinterpretate in chiave fashion, con dettagli che richiamano i celebri “cut” del cartone animato, come la rosa, simbolo eterno di questa guerriera dal cuore sensibile. Indossare questi capi non è solo una dichiarazione di stile, ma un manifesto di femminilità audace e raffinata.

E poi c’è Il Thé delle 5, che ha dedicato una linea di camicie a Hello! Spank: capi vivaci, pieni di ironia, pensati per una donna moderna, dinamica, che ama distinguersi con un tocco giocoso e affettuosamente vintage. Le fantasie esclusive, i materiali di qualità e il design curato rendono ogni camicia una carezza all’anima della bambina che siamo state, e un sorriso a quella che siamo ancora.

Non posso fare a meno di pensare a quanto questo ritorno degli anime anni ’80 sia più di una semplice operazione commerciale. È una carezza generazionale, un ponte tra passato e presente, tra la me bambina che aspettava con ansia l’episodio successivo e la me adulta che, tra un impegno e l’altro, si prende un momento per sognare ancora. È una forma d’arte che ha saputo accompagnarci nella crescita, insegnandoci il valore dell’amicizia, della lealtà, della giustizia, dell’amore e della libertà. In Pollon ho trovato la fantasia, in Spank la dolcezza, in Georgie il coraggio, in Lady Oscar la forza e in Holly e Benji la determinazione.

Per chi, come me, ama profondamente la cultura degli anime giapponesi, vedere un’iniziativa del genere fa davvero battere il cuore. Non è solo un tuffo nel passato: è un modo per ritrovare sé stesse, per connettersi con una parte di noi che ci ha rese ciò che siamo oggi. E grazie a Boing SpA per averlo capito, per averci dato ancora una volta la possibilità di sognare.

Perché, in fondo, si cresce… ma certi amori non finiscono mai.

Candy Candy compie 50 anni: un viaggio nel tempo tra lacrime, lentiggini e rivoluzioni shōjo

Ci sono storie che crescono con noi. Non invecchiano, non sbiadiscono, non spariscono nel flusso del tempo. Semplicemente, si sedimentano, diventano parte del nostro DNA emotivo. Candy Candy è una di quelle storie. Anzi, è la storia. E oggi che festeggia il suo cinquantesimo compleanno, ci viene naturale fermarci un attimo, chiudere gli occhi e tornare lì, su quel divano degli anni ’80, con i piedi a penzoloni, la merenda in mano, e la TV a tubo catodico che trasmette le prime note di quella sigla che non ci ha mai lasciato: “Candy, Candy…”. Sì, sono passati cinquant’anni. Mezzo secolo da quando Candy Candy ha visto la luce, nel 1975, sulle pagine della rivista giapponese Nakayoshi – lo stesso santuario editoriale che anni dopo avrebbe partorito Sailor Moon. Ma prima ancora delle guerriere con le minigonne e dei gatti parlanti, ci fu lei: una ragazzina bionda, con le lentiggini, il cuore enorme e una forza che ti spiazzava più di qualsiasi colpo magico.

Candy non era una maghetta. Niente poteri, niente incantesimi, niente creature mistiche. La sua magia era un’altra: quella di riuscire a farci ridere con gli occhi pieni di lacrime. Il manga creato da Kyoko Mizuki (alla sceneggiatura) e Yumiko Igarashi (ai disegni) fu un autentico terremoto emotivo. Un’opera shōjo che non si limitava a raccontare la crescita di una bambina diventata orfana, ma che ci trascinava in un vero e proprio romanzo di formazione, con tanto di drammi, amori impossibili, lutti, tradimenti e piccoli raggi di sole. Candy cresceva, cadeva, si rialzava, e ogni volta ci portava con sé. E noi imparavamo, spesso senza accorgercene, cosa significasse davvero essere forti.

Il manga si articolava in nove volumi, ma fu anche trasposto in un romanzo, scritto dalla stessa Mizuki nel 1978. In queste pagine, Candy attraversava continenti e sentimenti, si innamorava perdutamente del gentile Anthony, viveva l’amore tormentato con Terence, il ribelle dal cuore spezzato, e si perdeva nel mistero del Principe della Collina. E poi c’era Albert, vagabondo misterioso con una verità sorprendente, e la figura enigmatica del benefattore A.A., che si sarebbe rivelata fondamentale per tutta la narrazione.

Quando Candy arrivò in Italia: il 2 marzo 1980 nacque un’epoca

Ma è il 2 marzo 1980 la data che, per noi italiani, segna l’inizio del mito. Quel giorno, Candy Candy non apparve in edicola, ma nelle nostre case, direttamente sul piccolo schermo, prima ancora delle grandi reti nazionali. Fu un’esplosione. La voce della giovane Cristina D’Avena, le musiche struggenti, i paesaggi malinconici, e quella protagonista così… umana. Era impossibile non affezionarsi. Impossibile non seguirla nelle sue mille peripezie, tra collegi spietati, famiglie nobili e segreti da romanzo vittoriano. Non era solo una “cosa da femmine”, come dicevano certi adulti all’epoca. Candy parlava a tutti. Anche a quei bambini cresciuti a pane e Goldrake. Perché il dolore, la perdita, la speranza, la ricerca di un senso nel caos della vita… sono emozioni universali. E Candy, con la sua voce flebile ma determinata, ce le gridava sottovoce.

L’anime, prodotto da Toei Animation, andò in onda in Giappone dal 1976 al 1979, per un totale di 115 episodi. In Italia diventò subito un cult, replicato fino allo sfinimento, trasformato in album di figurine, bambole, t-shirt, cancelleria e, ovviamente, in quelle sigle che ancora oggi canticchiamo senza pensarci. E se il manga aveva il merito di raccontare la storia con profondità e pathos, l’anime le diede carne e movimento, espandendone alcuni snodi narrativi, introducendo variazioni e – con l’OAV del 1992 – persino tentando di dare una chiusura più chiara alla tormentata vicenda.

Una lezione di vita lunga 50 anni

Candy Candy, con la sua semplicità e la sua dolcezza, ha anticipato temi che oggi ci sembrano imprescindibili: l’abbandono e l’affido, l’emancipazione femminile, le disuguaglianze sociali, la libertà di scegliere la propria strada anche a costo di rinunciare all’amore romantico. Era una vera pioniera. Una che, a differenza delle eroine moderne armate fino ai denti, combatteva con la gentilezza, la testardaggine e un’empatia fuori dal comune. Il suo messaggio era chiaro: si può cadere mille volte, ma non si smette mai di sperare. E anche quando il mondo sembra averti voltato le spalle, anche quando perdi le persone che ami, anche quando tutto sembra perduto, c’è sempre un modo per ricominciare. Candy lo faceva in ogni episodio. Con le lacrime agli occhi, sì, ma anche con un sorriso che spuntava timido tra le nuvole.

Oggi, a cinquant’anni esatti dalla sua prima apparizione, Candy Candy è più viva che mai. Mostre, eventi celebrativi, gadget retrò, ristampe, cosplay, fanfiction: il suo universo continua a vivere, evolversi e toccare nuove generazioni. È diventata un’icona transgenerazionale, capace di parlare ancora a chi si affaccia oggi al mondo degli anime, così come a chi li ha scoperti quando internet non esisteva e bisognava “beccare” il proprio episodio preferito a caso, sperando nel palinsesto. Perché Candy Candy non è solo un cartone animato. È un patrimonio collettivo, un ponte tra culture, un grido sommesso che ci ricorda chi eravamo – e chi, in fondo, siamo ancora. Ogni volta che risuona quella sigla, ogni volta che rivediamo la rosa di Anthony o lo sguardo malinconico di Terence, torniamo un po’ bambini. Ma anche un po’ migliori. E allora sì, Candy, buon compleanno. Perché, nonostante il tempo, le battaglie legali, le controversie editoriali, e i mille volti dell’animazione che si sono succeduti, tu sei ancora lì. Con il cerchietto, le trecce, e quel cuore che non ha mai smesso di insegnarci come si affronta la vita. E anche se oggi spegni cinquanta candeline… per noi, nel nostro cuore nerd e nostalgico, tu avrai sempre dodici anni.

Moonrise: quando un anime originale punta alle stelle ma si perde nell’orbita dell’oblio

Ho sempre avuto un debole per gli anime originali. Non perché siano necessariamente migliori degli adattamenti — anzi, spesso inciampano proprio laddove i manga già rodati vincono facile — ma perché sono, in fondo, dei salti nel vuoto. E quando ho sentito parlare di Moonrise, il cuore ha fatto un balzo. WIT Studio, una regia firmata Masashi Koizuka (sì, proprio lui, quello di Attack on Titan) e la penna visionaria di Tow Ubukata, che ha messo mano a roba come Ghost in the Shell: Arise e Psycho-Pass 2 e 3. In più, distribuito da Netflix. Cos’altro potevo volere? Forse solo un po’ più di coraggio nel promuoverlo, ma andiamo con ordine.

Moonrise è approdato sulla piattaforma il 10 aprile 2025 nel silenzio più cosmico che si potesse immaginare. Nessuna fanfara, nessun teaser pompato, nemmeno una notifica spinta dall’algoritmo. E sì che l’incipit sembrava quello giusto per far innamorare noi amanti della sci-fi malinconica e filosofica. Un futuro in cui la Terra, grazie all’IA Sapientia, vive il suo Eden post-crisi, mentre la Luna viene sfruttata come colonia da spremere fino all’ultimo respiro. Già qui, i parallelismi con il colonialismo, il capitalismo e la distopia automatizzata erano lampanti e intriganti. E poi c’è Jack Shadow, figlio adottivo del boss della Shadow Corporation, che si arruola in cerca di vendetta dopo un attacco devastante ai simboli del potere terrestre: gli ascensori orbitali. A guidare la rivolta lunare, il mitico (e dannato) Bob Skylum, il “Demonio della Luna”.

Nei primi episodi ho visto la luce. Non quella fredda e finta degli spot promozionali, ma quella viva di una narrazione che sa dove vuole andare. Gli spunti sociali erano tanti, la scrittura sembrava voler scavare sotto la superficie e i personaggi, anche se archetipici, promettevano sfumature interessanti. Per un attimo ho pensato: “Ecco, forse ci siamo. Forse finalmente un anime originale che osa davvero”. Ma proprio come in una manovra spaziale mal calcolata, Moonrise ha iniziato lentamente a perdere quota.

Il secondo arco narrativo mi ha fatto quasi urlare alla Luna. Il ritmo rallenta, i flashback si moltiplicano come detriti in orbita, la linearità si frantuma in una struttura che vuole essere ambiziosa ma diventa dispersiva. Jack, che all’inizio sembrava un ragazzo combattuto, fragile e autentico, si appiattisce in una figura più vicina al cliché dell’eroe tormentato che a un personaggio vivo. E i comprimari? Quelli che avevano tanto potenziale? O evaporano nel vuoto siderale o diventano funzioni narrative, pezzi del puzzle messi lì solo per far muovere la trama.

Ma quello che più mi ha ferita, da fanatica dell’animazione giapponese che ama quando le serie osano scavare nelle questioni profonde, è stato vedere idee potenti abbandonate per strada. L’IA che governa il mondo, la giustizia post-umana, la lotta tra oppressi e oppressori… tutti elementi che brillavano come stelle nelle prime puntate e che poi si affievoliscono fino a spegnersi. Solo nel finale cercano di riaffiorare, ma lo fanno in modo frettoloso, come se qualcuno avesse deciso che bisognava chiudere tutto in diciotto episodi, costi quel che costi.

Eppure non riesco a dire che Moonrise sia un completo fallimento. Visivamente, è un trip spaziale. Le animazioni sono mozzafiato, con una regia artistica di Ayumi Yamada e Satoshi Kadowaki che trasforma ogni scena in una tavola da artbook. Le battaglie sono fluide e cinematografiche, gli effetti digitali — tra scie luminose e ologrammi — sembrano usciti da un sogno cyberpunk. E poi il tratto di Hiromu Arakawa, la regina di Fullmetal Alchemist, dà ai personaggi un’umanità che resiste anche quando la sceneggiatura li tradisce. Ogni espressione, ogni gesto, è un richiamo a una profondità che forse la storia non riesce più a sostenere.

La colonna sonora è un altro punto a favore. Ryou Kawasaki, già noto per le sue musiche struggenti in To Your Eternity, riesce a dare anima e respiro anche alle scene più lente. Le sue melodie sanno essere epiche senza strafare, malinconiche senza cadere nel banale. E il doppiaggio italiano, curato da Valerio Sacco, è un piccolo gioiellino: le voci sono azzeccate, le interpretazioni sentite, mai sopra le righe.

Il problema, però, è che tutto questo talento tecnico e artistico è stato soffocato da un formato narrativo che ha tarpato le ali alla storia. Avrei voluto almeno una seconda stagione, o un film conclusivo. Invece Moonrise resta lì, sospeso, incompiuto. E questo non è solo un dispiacere da spettatrice, è il sintomo di un male più profondo: le piattaforme come Netflix stanno trattando gli anime originali come contenuti da catalogo, da consumare in fretta e archiviare ancora più in fretta. Senza promozione, senza costruzione del pubblico, senza fede nella longevità di un’opera.

Moonrise è un’anima perduta nello spazio, un progetto che aveva tutto per essere grande e che invece è finito dimenticato. Ma a noi, spettatori con la testa tra le stelle e il cuore nei mecha, resta il dovere — e il piacere — di cercare queste piccole gemme nascoste. Di guardarle, parlarne, condividerle. Perché se non siamo noi a dare loro voce, chi lo farà?

E tu? L’hai vista Moonrise? Ti ha lasciato quella stessa sensazione di bellezza incompiuta? Raccontamelo nei commenti o condividi l’articolo con chi, come noi, non ha paura di viaggiare fino alla Luna per trovare una buona storia.

Aya Hirano: Il Ritorno di una Leggenda – Tra Nostalgia e Rinascita

Aya Hirano sta tornando. E per chi, come me, ha passato anni a lasciarsi trasportare dalla sua voce inconfondibile, questa non è solo una notizia, ma un vero e proprio evento. Non si tratta semplicemente di un nuovo singolo, ma di un capitolo fondamentale della sua carriera, un ritorno che porta con sé un carico di emozioni, ricordi e attese. Il 10 maggio 2025 segnerà l’uscita di “evolutions”, un brano che sancisce la sua rinascita artistica sotto l’etichetta Lantis, la stessa che nel 2006 le aveva aperto le porte del successo con “Bōken desho desho?”, la sigla di apertura di “La malinconia di Haruhi Suzumiya”.

Parlare di Aya Hirano significa fare un tuffo nella storia dell’animazione giapponese, un viaggio tra melodie indimenticabili e personaggi iconici. Nata l’8 ottobre 1987, Aya non è solo una doppiatrice straordinaria, ma anche una cantante che ha lasciato un segno indelebile nel mondo degli anime, delle visual novel e della pubblicità. Fin da piccola ha dimostrato un talento fuori dal comune: dopo aver trascorso alcuni anni negli Stati Uniti, torna in Giappone e nel 1998 entra a far parte del Tokyo Child Theatrical Group, una divisione dello Space Craft Group.

Inizia a farsi notare con apparizioni in spot pubblicitari, fino a ottenere il suo primo ruolo come seiyū in “Tenshi no Shippo”. Da lì in avanti, la sua carriera è un susseguirsi di successi, grazie a un’abilità vocale che le permette di interpretare personaggi molto diversi tra loro. Dalla giovane e vivace Lumière in “Kiddy Grade” alla dolce Yoko Sasakura in “School Rumble”, Aya incanta con la sua voce, capace di passare con disinvoltura da toni infantili a sfumature più mature. Nel 2002-2003 fa parte del gruppo musicale femminile SpringS, ma il vero punto di svolta arriva nel 2006.

Quell’anno la sua carriera prende il volo con “La malinconia di Haruhi Suzumiya”. Il ruolo di Haruhi la consacra come una delle voci più amate dell’animazione giapponese, e il successo del singolo “Bōken desho desho?” è immediato: in Giappone le copie vanno esaurite il giorno stesso dell’uscita. Da quel momento, Aya diventa una star: presta la sua voce a Reira in “Nana” e a Misa Amane in “Death Note”, due personaggi che consolidano la sua fama. La sua bravura viene riconosciuta ufficialmente ai primi Seiyū Awards, dove si aggiudica il titolo di “Miglior esordiente femminile” per Haruhi Suzumiya, ottenendo anche nomination come “Miglior personaggio principale femminile”.

La sua presenza si fa sempre più importante anche nel mondo della musica. Tra il 2006 e il 2008 si esibisce nei prestigiosi concerti “Animelo Summer Live” e partecipa all’evento “Suzumiya Haruhi no Gekisō” nel 2007. Il pubblico la adora, e la sua energia travolgente si conferma anche con il ruolo di Konata Izumi in “Lucky Star”. Nel 2007 pubblica ben tre singoli, dimostrando una versatilità artistica rara e apprezzatissima dai fan.

Ma la sua carriera non è stata priva di ostacoli. Nel novembre del 2010, Aya sorprende tutti con un annuncio su Twitter: le è stato diagnosticato un tumore benigno al cervello. Nonostante la notizia sconvolga i suoi fan, lei rassicura tutti: la malattia non fermerà il suo percorso artistico. Tuttavia, nel 2011 decide di prendersi una pausa dalla musica, pubblicando il suo album “Aya Museum” come una sorta di commiato temporaneo. Anche se lontana dalle scene, la sua assenza non spegne l’affetto del pubblico, che continua ad attenderla con impazienza. Alla fine del 2011, Aya annuncia di aver trovato una nuova agenzia e che presto tornerà con nuovi progetti.

Ora, dopo undici lunghi anni di silenzio discografico, Aya Hirano è pronta a riprendersi il suo posto. “Evolutions” non è solo un singolo, è il simbolo del suo ritorno, della sua crescita personale e artistica. Il brano è stato composto e arrangiato da John Kanda (Ajiwai), mentre Aya stessa ha scritto il testo, rendendo il progetto ancora più intimo e speciale. Alla produzione troviamo Shigeru Saito e il team della Heart Company, gli stessi che hanno curato le colonne sonore di “The Melancholy of Haruhi Suzumiya” e “Lucky Star”. Una reunion artistica che fa venire i brividi ai fan di lunga data.

Ma le sorprese non finiscono qui. Il 2026 segnerà i vent’anni dal debutto solista di Aya con “Breakthrough”, e per celebrare questa importante ricorrenza l’artista tornerà anche sul palco. Da aprile 2025 partirà un tour che toccherà otto città giapponesi, offrendo ai fan un’opportunità unica per vederla di nuovo esibirsi dal vivo. Dopo anni di attesa, il ritorno di Aya Hirano non è solo un comeback musicale, ma un viaggio emozionante nella nostalgia e nella sua evoluzione artistica. Siete pronti a risentire la sua voce? Perché questa volta, il suo ritorno è più speciale che mai.

35 anni fa, in Italia, debuttava la prima serie de I Cavalieri dello Zodiaco (Saint Seiya)

Il 26 marzo 1990 segna una data storica per l’animazione giapponese in Italia: il debutto de “I Cavalieri dello Zodiaco” su Odeon TV. Questo evento non solo introdusse al pubblico italiano una delle serie anime più iconiche di tutti i tempi, ma contribuì anche a radicare profondamente la cultura anime nella quotidianità dei giovani telespettatori. Accanto a successi consolidati di una decade fondamentale per la definizione della pop culture contemporanea, “I Cavalieri dello Zodiaco” si distinse per il suo intreccio mitologico e la sua straordinaria epicità.

L’anime trae ispirazione dal manga “Saint Seiya – I Cavalieri dello Zodiaco” di Masami Kurumada ed è prodotto dalla Toei Animation. La storia è ambientata in un mondo in cui, nei momenti di maggiore crisi, quando l’umanità sembra sull’orlo della distruzione, un gruppo di guerrieri devoti alla dea Atena si erge a difesa della giustizia. Questi guerrieri, noti come Cavalieri dello Zodiaco, sono protetti da armature ispirate alle costellazioni e suddivisi in diverse categorie in base alla potenza e al materiale delle loro vestigia: i Cavalieri di Bronzo, i Cavalieri d’Argento e i Cavalieri d’Oro. Quest’ultima classe rappresenta l’élite dei combattenti, con dodici membri corrispondenti ai segni zodiacali. Tuttavia, non tutti i cavalieri servono la giustizia: esistono anche i Cavalieri Neri, antagonisti corrotti e nemici giurati di Atena.

L’avventura ha inizio a Nuova Luxor (una reinterpretazione di Tokyo), dove si organizza la Guerra Galattica, un torneo voluto dal Duca Alman di Thule per designare il più forte tra i Cavalieri e assegnargli l’ambita Armatura d’Oro del Sagittario. L’evento è supervisionato da Saori Kido, nipote adottiva del Duca, che presto scoprirà il suo vero destino. I protagonisti della serie sono cinque orfani, cresciuti per diventare guerrieri eccezionali: Seiya (Pegasus), Shiryu (Dragone), Hyoga (Cigno), Shun (Andromeda) e Ikki (Fenice). Ognuno di loro ha affrontato duri allenamenti in diverse parti del mondo, ottenendo infine la propria armatura.

Il torneo viene brutalmente interrotto dall’inaspettata apparizione di Ikki, accompagnato dai Black Saints, che ruba l’Armatura del Sagittario. Questo evento segna l’inizio di una serie di battaglie all’ultimo sangue tra i Cavalieri di Bronzo e i loro oscuri alter ego. Dopo duri scontri, Ikki viene sconfitto e si unisce ai protagonisti, rivelando però un pericolo ancora più grande: Arles, il sovrano usurpatore del Santuario di Atena, ha dichiarato guerra ai Cavalieri fedeli alla dea. Mentre i protagonisti si trovano a combattere battaglie sempre più difficili, scoprono la verità su Saori Kido: ella non è altro che la reincarnazione della dea Atena, destinata a riportare l’ordine nel mondo.

L’arco narrativo del Santuario è tra i più memorabili dell’intera serie. Atena, ferita da una freccia d’oro scagliata dai suoi nemici, può essere salvata solo se i Cavalieri di Bronzo riescono a raggiungere Arles entro dodici ore. Per farlo, devono attraversare le Dodici Case dello Zodiaco, ognuna presidiata da un Cavaliere d’Oro. Questo viaggio si trasforma in una vera e propria odissea, dove i giovani protagonisti affrontano battaglie all’ultimo respiro contro avversari incredibilmente potenti. Tra momenti di sacrificio e atti di eroismo, Shiryu arriva persino a perdere la vista pur di proteggere i suoi amici, dimostrando il valore e il coraggio che accomuna tutti i protagonisti della serie.

La rivelazione finale segna il culmine dell’epicità: Arles si rivela essere il Cavaliere della Terza Casa, diviso tra la sua parte buona e quella malvagia. Solo grazie alla luce riflessa dallo Scudo di Atena, i Cavalieri riescono a salvare la loro dea e a sconfiggere il tiranno. Il momento decisivo avviene quando Seiya, infondendo il potere di tutti i suoi compagni, riesce a scagliare Arles sulla Luna. Tuttavia, è lo scettro di Atena a porre fine definitivamente alle sue ambizioni di dominio.

Il successo della serie in Italia fu amplificato dal doppiaggio, con voci storiche come quella di Ivo De Palma nel ruolo di Pegasus. Le tematiche epiche, i combattimenti avvincenti e la profondità dei personaggi contribuirono a rendere “I Cavalieri dello Zodiaco” una pietra miliare dell’animazione giapponese nel nostro paese. Il suo impatto si estese ben oltre gli anni ‘90, influenzando generazioni di appassionati e consolidando il legame tra il pubblico italiano e la cultura anime. Guardando indietro, è innegabile che il debutto su Odeon TV abbia rappresentato l’inizio di una nuova era per l’animazione giapponese in Italia, facendo de “I Cavalieri dello Zodiaco” una leggenda senza tempo.

Kaiju No. 8: Mission Recon – Un’Avventura Cinematografica Esplosiva al Cinema dal 14 Aprile

Crunchyroll, in collaborazione con Sony Pictures Entertainment, prepara un’esperienza cinematografica unica per i fan italiani di Kaiju No. 8. Il film, che sarà proiettato nelle sale italiane il 14, 15 e 16 aprile, promette di unire l’adrenalina dell’azione con un’animazione mozzafiato, portando sul grande schermo uno dei manga più apprezzati del momento. Adattato dall’opera originale di Naoya Matsumoto, questo evento speciale include sia un recap avvincente della prima stagione che un episodio inedito che approfondisce uno dei personaggi più affascinanti della serie.

Kaiju No. 8 è ambientato in un Giappone devastato da mostri giganti, i kaiju, che minacciano costantemente l’umanità. Il protagonista, Kafka Hibino, è un uomo comune che lavora nel difficile e pericoloso mestiere di smaltitore di mostri. Tuttavia, la sua vita cambia radicalmente quando, durante un’operazione, si trasforma nel temibile “Kaiju No. 8”. Nonostante la sua nuova, mostruosa forma, Kafka sogna ancora di entrare nelle Forze di Difesa anti-kaiju, dove spera di lavorare al fianco della sua amica d’infanzia, Mina Ashiro. Ma quando un misterioso kaiju dotato di intelligenza attacca una delle basi della Forza di Difesa, Kafka si trova di fronte a una scelta cruciale che potrebbe segnare il destino dell’intera nazione.

La trama di Kaiju No. 8 è un mix avvincente di dramma, azione e una sottile esplorazione della natura umana. Il protagonista lotta con la sua doppia identità, cercando di mantenere la sua umanità mentre si confronta con una realtà invasa da creature terrificanti. Il tema del sacrificio e della lotta per un sogno è reso con intensità, regalando allo spettatore momenti di tensione e riflessione.

Un Nuovo Capitolo con “Hoshina’s Day Off”

Oltre al riassunto della prima stagione, Kaiju No. 8: Mission Recon include un episodio esclusivo intitolato Hoshina’s Day Off. Questo episodio, che rompe momentaneamente la tensione della saga principale, offre un raro momento di tranquillità e comicità. In un giorno libero dalle missioni di combattimento, Reno e Iharu decidono di seguire Hoshina, uno dei membri più carismatici delle Forze di Difesa. Ciò che inizia come una giornata di relax si trasforma rapidamente in una serie di situazioni esilaranti e misteriose, rivelando un lato più umano e giocoso di Hoshina. Questo episodio, firmato da Yūto Tsukuda (autore di Food Wars!) e Yuichiro Kido (sceneggiatore di Dr. Stone), aggiunge un tocco di leggerezza al contesto teso e combattivo, offrendo ai fan una nuova prospettiva su un personaggio che ha sempre affascinato per la sua eccentricità.

Un’Animazione da Brivido

La qualità visiva di Kaiju No. 8: Mission Recon è uno degli aspetti più entusiasmanti di questo film. L’animazione è curata dallo studio Production I.G, celebre per il suo lavoro in titoli iconici come Ghost in the Shell, con la supervisione del design dei kaiju a cura dello Studio Khara, già noto per il suo contributo a Evangelion e Shin Godzilla. La resa visiva dei mostri è straordinaria, un mix di terrore e fascino che lascia lo spettatore senza fiato. Ogni battaglia è intensa, ogni colpo di scena è accompagnato da un’azione esplosiva che non lascia mai un attimo di respiro. La sensazione di essere catapultati in un mondo dominato dalle creature giganti è palpabile, grazie a una regia impeccabile che non tralascia alcun dettaglio.

Musica che Eleva l’Esperienza Cinematografica

La musica, firmata da Yuta Bandoh, contribuisce a dare ulteriore spinta emotiva al film, enfatizzando l’intensità delle scene più drammatiche e l’energia delle battaglie. La nuova sigla finale, Invincible degli OneRepublic, aggiunge un ulteriore strato di epicità alla conclusione della pellicola. La scelta di un brano così potente e motivante si inserisce perfettamente nell’universo di Kaiju No. 8, dove la lotta contro i mostri non è solo fisica, ma anche una battaglia per la sopravvivenza e la speranza.

Un’Occasione Unica per i Fan

Kaiju No. 8: Mission Recon non è solo un film per chi ha già seguito la serie, ma un evento da non perdere anche per chi si avvicina per la prima volta a questo universo. La versione cinematografica offre una sintesi delle emozioni più forti della stagione, ma al contempo aggiunge nuovi dettagli e approfondimenti che arricchiscono la trama principale. Per i fan della serie, l’episodio Hoshina’s Day Off rappresenta un’occasione imperdibile per scoprire nuovi lati dei protagonisti e per vivere un’esperienza cinematografica che unisce azione, comicità e dramma.

L’uscita evento del 14 aprile segna solo l’inizio di un nuovo capitolo della saga, con la promessa di nuove emozioni e battaglie in arrivo. L’attesa per la seconda stagione cresce, ma per ora, Kaiju No. 8: Mission Recon è un’occasione straordinaria per immergersi nell’universo dei kaiju e vivere un’avventura mozzafiato sul grande schermo. Non resta che prepararsi a lanciarsi in questa epica saga e scoprire cosa riserverà il futuro per Kafka, Mina e gli altri protagonisti di questa storia di mostri, coraggio e speranza.

Trigun Stargaze: Il Capitolo Finale della Saga di Vash the Stampede

Con il suo stile inconfondibile e la fusione di temi western e fantascientifici, Trigun ha catturato il cuore di molti fan dal suo debutto negli anni ’90, e con Trigun Stargaze, sequel di Trigun Stampede, l’universo di Vash the Stampede si prepara a raggiungere una nuova, ma attesa, conclusione. L’animazione è sempre stata una delle caratteristiche principali di questa serie, e ora, con il coinvolgimento del rinomato Studio Orange, ci troviamo davanti a un nuovo capitolo che non solo promette di rispondere alle domande lasciate aperte, ma lo fa con un approccio fresco, innovativo, e pieno di rispetto per la tradizione.

Il sequel si colloca cronologicamente 2,5 anni dopo gli eventi di Trigun Stampede, ma gli aggiornamenti sulla trama non sono stati rivelati completamente. Tuttavia, sappiamo che la serie riprenderà il viaggio di Vash, il “Tifone Umanoide”, in un mondo desertico e futuristico chiamato No Man’s Land, dove il protagonista continuerà a lottare contro le sfide del suo passato. Con una taglia che ha ormai raggiunto i 60 miliardi di doppi dollari, Vash rimane un uomo perseguitato dal suo stesso mito, costretto a convivere con la devastazione e le sue azioni.

Ma Trigun Stargaze non è solo una continuazione della storia che abbiamo già conosciuto. In un’epoca in cui le serie anime si rinnovano a ritmo frenetico, il progetto di Studio Orange non solo vuole chiudere il cerchio sulla vicenda di Vash, ma allo stesso tempo mira a consolidare l’eredità della serie, elevandola a un nuovo livello. E, sebbene il progetto sia ancora avvolto da una certa aura di mistero – con la data di uscita prevista per il 2026 ancora da definire con precisione – le anticipazioni che sono emerse promettono un’esperienza visiva e narrativa di grande impatto.

Un aspetto che non passa inosservato in Trigun Stargaze è la continuità nella cura dei dettagli, sia visivi che narrativi. Se la serie precedente, Trigun Stampede, aveva già dato un’impronta più moderna e dinamica alla storia di Vash, il sequel conferma l’intenzione di continuare su questa strada, grazie all’uso della CGI che è ormai un tratto distintivo dello Studio Orange. Dopo i successi di Beastars e Trigun Stampede, l’animazione in 3D ha dimostrato di essere uno strumento perfetto per realizzare l’universo di Trigun, in grado di mescolare estetiche futuristiche con la durezza di un paesaggio desertico e inospitale, tutto mantenendo quella sensazione di western spaziale che ha fatto la fortuna della serie.

Dal punto di vista tecnico, Trigun Stargaze si avvale di una regia rinnovata, affidata a Masako Satou, che sostituisce Kenji Mutō. Satou, già regista di lavori apprezzati come Haikyu!! To The Top, porta una nuova visione alla narrazione, bilanciando sapientemente azione e introspezione. Questo bilanciamento è essenziale per la caratterizzazione di Vash, che non è solo un pistolero dalla mira infallibile, ma un uomo tormentato da un passato che non riesce a fuggire, e la serie, grazie alla sceneggiatura di Kazuyuki Fudeyasu, promette di esplorare le sue motivazioni in modo ancora più profondo. La sceneggiatura, infatti, non si limita a sviluppare l’azione, ma approfondisce anche le tematiche più intime del protagonista, come il suo pacifismo messo costantemente alla prova.

Le anticipazioni che riguardano i nuovi design dei personaggi, tra cui quelli di Vash e Nicholas D. Wolfwood, sono particolarmente stimolanti. Questi nuovi look sono stati curati personalmente da Yasuhiro Nightow, il creatore dell’opera, che continua a supervisionare il progetto. Il ritorno di Nightow è una garanzia di fedeltà al materiale originale, ma anche un segnale di quanto il team creativo stia cercando di mantenere l’anima dell’opera, pur innovando nel modo in cui viene raccontata. Anche Kiyotaka Oshiyama, apprezzato per il suo lavoro nel film Look Back, è stato coinvolto nel design dei personaggi animati, portando una nuova energia e una freschezza visiva che si adatta perfettamente al tono della serie.

Uno degli elementi che più attira i fan di lunga data è senza dubbio il ritorno all’ambientazione di Trigun. Se Stampede aveva esplorato le origini di Vash e la sua relazione con il fratello Knives, Stargaze sembra intenzionato a chiudere un ciclo, riportando in scena luoghi iconici come la città di July, distrutta dalla mano di Vash, ma anche a far luce su ciò che accadrà al protagonista nei suoi ultimi anni di vita, sempre alle prese con il suo destino. E se la serie promette di essere piena di azione, non mancheranno certo i momenti di introspezione, che hanno sempre contraddistinto il personaggio di Vash e il suo pacifismo che sembra quasi paradossale in un mondo in guerra.

Non possiamo dimenticare la colonna sonora, un altro dei punti di forza di Trigun Stampede, che sarà curata ancora una volta da Tatsuya Kato. La musica è stata un elemento fondamentale nel creare l’atmosfera epica e malinconica della serie, e la sua presenza in Trigun Stargaze sarà senza dubbio un’altra delle cose da non perdere.

Nel complesso, Trigun Stargaze si presenta come una delle produzioni anime più attese del futuro prossimo, capace di rinnovare una saga amata da generazioni senza tradire lo spirito originale. Con un team di creativi che porta avanti la serie con la stessa passione di sempre, ma con un occhio attento all’innovazione, questo sequel promette di chiudere il cerchio sulla storia di Vash the Stampede con un colpo da maestro. La pazienza dei fan sarà premiata, e non vediamo l’ora di vedere come questa nuova saga esplorerà la fine di una delle storie più iconiche degli anime.

Cat’s Eye sta tornando! Il leggendario manga di Tsukasa Hojo pronto a conquistare Disney+

Il 2025 si preannuncia come l’anno del ritorno in grande stile di uno degli anime più iconici e amati del panorama nipponico: Cat’s Eye, conosciuto in Italia come Occhi di gatto. Creato dal geniale Tsukasa Hōjō, il manga che ha conquistato milioni di lettori sin dalla sua pubblicazione, tra il 1981 e il 1985, sta per essere adattato nuovamente in anime, con una nuova produzione che arriva su Disney+ Japan dal prossimo settembre. Per tutti gli appassionati delle avventure delle tre sorelle ladre, il ritorno sul piccolo schermo è un evento da non perdere, non solo per la nostalgia che risveglia, ma anche per le nuove potenzialità che il medium animato e la moderna tecnologia possono portare in un’opera che ha fatto la storia.

Per chi non fosse familiare con la trama, Cat’s Eye narra le vicende di tre sorelle, Hitomi, Rui e Ai Kisugi, che di giorno gestiscono un tranquillo caffè, ma di notte si trasformano in abili ladre d’arte. Le loro azioni sono mosse dalla necessità di recuperare alcune opere d’arte che appartengono al loro defunto padre, e che sono state rubate anni prima da un misterioso criminale. La loro doppia vita, tra il caffè e le furti d’arte, rappresenta un mix perfetto di mistero, azione e dramma familiare. La storia si complica ulteriormente con l’introduzione di Toshio Utsumi, un investigatore che, non solo è incaricato di catturare le ladre, ma è anche il fidanzato di Hitomi, il che crea una dinamica interessante e carica di tensione.

L’imminente adattamento del 2025 promette di mantenere intatta la magia del manga originale, pur arricchendo la narrazione con nuovi dettagli visivi e un’impronta stilistica più moderna. Il teaser trailer rilasciato recentemente ha già catturato l’attenzione dei fan, mostrando le sorelle Kisugi sia nei loro eleganti abiti da ladre che nelle loro vesti quotidiane da cameriere, confermando l’intenzione di rimanere fedeli all’essenza dell’opera originale pur aggiornandola per il pubblico contemporaneo.

A livello di cast, il nuovo anime si avvale di voci di assoluto valore. Mikako Komatsu presterà la sua voce a Hitomi Kisugi, Ami Koshimizu a Rui e Yumiri Hanamori a Ai. Takuya Sato, noto per la sua esperienza in ruoli simili, darà voce a Toshio Utsumi. La scelta di questi doppiatori sembra essere un chiaro segno della volontà di non stravolgere il legame che il pubblico ha sempre avuto con i personaggi, pur rendendoli accessibili anche alle nuove generazioni.

L’adattamento è stato affidato allo studio LIDEN FILMS mentre la regia è stata assegnata a Yoshifumi Sueda, che ha già lavorato su anime di grande successo e che saprà sicuramente dare nuova vita alla storia delle Kisugi. La sceneggiatura, invece, è nelle mani di Hayashi Mori, il quale ha dimostrato una notevole capacità nel trattare storie ricche di dinamiche complesse, come si è visto in Cells at Work! Code Black.

Anche sul fronte musicale, il nuovo anime non lascia nulla al caso. Yuki Hayashi, compositore di colonne sonore epiche come quelle di My Hero Academia e Haikyu!!, si occuperà della musica, promettendo un accompagnamento sonoro che saprà sottolineare perfettamente l’intensità dell’azione e la delicatezza dei momenti più emotivi. Una particolarità che non può passare inosservata è la scelta di Ado, cantante di grande successo, per la nuova versione della celebre sigla “Cat’s Eye”, il brano originale di Anri che accompagnava la serie televisiva del 1983. La sua voce, che ha conquistato milioni di ascoltatori con il successo di “Usseewa”, promette di dare nuova linfa vitale al pezzo che ha reso famoso l’anime in tutto il mondo.

La saga delle sorelle Kisugi, è diventata un simbolo della cultura pop giapponese, ma anche un esempio di come un buon manga possa evolversi e adattarsi al cinema e alla televisione, mantenendo intatta la sua capacità di attrarre nuove generazioni di fan. Non solo un manga da leggere, ma un fenomeno da vivere, Cat’s Eye ha dato vita a numerosi spin-off, tra cui il recente film in CG Lupin III vs. Cat’s Eye e a una serie live action francese che ha debuttato su TF1 nel novembre 2023, dimostrando ancora una volta l’intramontabile forza di una narrazione che è riuscita a evolversi senza mai perdere il suo fascino originale. Il ritorno di Cat’s Eye in anime nel 2025 rappresenta non solo il revival di un classico degli anni ’80, ma anche un’opportunità per i fan più giovani di scoprire un’icona della cultura giapponese. Il nuovo adattamento promette di essere fedele ai temi originali, ma con un taglio moderno che speriamo possa fare giustizia a una storia che ha fatto innamorare intere generazioni di lettori e spettatori. In un’epoca in cui i remake e i reboot sono all’ordine del giorno, questo ritorno delle tre ladre d’arte è certamente tra quelli che aspettavamo con maggiore impazienza.

Aniplex e Crunchyroll: una nuova era per l’animazione con la joint venture HAYATE

Il panorama dell’industria dell’animazione giapponese sta per essere rivoluzionato da una nuova iniziativa che promette di portare contenuti anime di alta qualità a un pubblico globale sempre più vasto. Aniplex Inc., un colosso nel settore della produzione e distribuzione di anime, e Crunchyroll LLC, il famoso servizio di streaming dedicato agli anime, hanno annunciato la creazione di una joint venture che prenderà il nome di HAYATE Inc.. Questo nuovo progetto ha l’ambizioso obiettivo di sviluppare, pianificare e produrre anime destinati a un pubblico internazionale attraverso il servizio di streaming Crunchyroll.

La creazione di HAYATE rappresenta un passo importante per entrambe le aziende, che si uniscono per mettere in comune il loro know-how e le rispettive risorse. Aniplex, con la sua lunga esperienza nel settore e la sua consolidata rete di collaborazioni con creatori e studi di animazione, si affiancherà a Crunchyroll, che vanta una solida connessione con la comunità degli appassionati di anime in tutto il mondo e una vasta esperienza nella distribuzione digitale. La simbiosi tra questi due giganti dell’industria contribuirà a rafforzare la qualità e l’accessibilità dei contenuti che HAYATE produrrà.

Un team di esperti per una produzione di qualità

La società, con sede a Tokyo, sarà guidata da un team di esperti provenienti dalle due aziende fondatrici: il Presidente e CEO Masanori Miyake e il Presidente e COO Leo Watanabe, entrambi figure di punta in Aniplex. L’obiettivo di HAYATE è quello di sviluppare anime che non solo attraggano i fan più fedeli, ma che possano anche conquistare nuovi spettatori grazie a storie originali e personaggi coinvolgenti.

L’espansione globale dell’animazione giapponese

Con la crescente popolarità degli anime, che si stanno trasformando da semplice intrattenimento a vero e proprio stile di vita per milioni di appassionati nel mondo, HAYATE si propone come un catalizzatore di questo fenomeno culturale. L’azienda si concentrerà sulla creazione di contenuti che possano rispondere alle diverse esigenze del pubblico globale, utilizzando l’esperienza di Aniplex nella produzione e quella di Crunchyroll nel marketing e nella distribuzione internazionale.

Un futuro luminoso per l’animazione internazionale

HAYATE non è solo una nuova società di produzione, ma rappresenta anche una nuova visione per il futuro degli anime, unendo le forze di due leader dell’industria per portare la qualità dell’animazione giapponese a nuovi livelli. Grazie a questa alleanza, i fan degli anime di tutto il mondo potranno aspettarsi una produzione sempre più ricca e variegata, con un’attenzione particolare alla qualità artistica e alla capacità di raccontare storie universali che possano affascinare una platea sempre più ampia.

Con l’industria dell’animazione giapponese in continua espansione, HAYATE si propone come un attore chiave nella definizione del futuro di questo genere, puntando non solo sulla qualità dei contenuti, ma anche sulla loro distribuzione globale tramite piattaforme di streaming come Crunchyroll, che ormai rappresenta una porta d’accesso fondamentale per gli appassionati di anime di ogni angolo del mondo.

Fushigi no Kuni de Alice to -Dive in Wonderland- Una Nuova Incredibile Interpretazione Anime di Alice nel Paese delle Meraviglie

Il 29 agosto 2025 segnerà il tanto atteso debutto del film anime Fushigi no Kuni de Alice to -Dive in Wonderland-, un’opera che promette di trasformare la storica narrazione di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, un classico che ha affascinato lettori di ogni età fin dal suo primo apparire nel 1865, in una nuova esperienza visiva e sensoriale. In questo adattamento, prodotto dallo studio P.A. WORKS e diretto da Toshiya Shinohara, conosciuto per il suo lavoro su serie come The Aquatope on White Sand e Black Butler, Alice e il suo mondo immaginario sono portati a nuova vita in una veste moderna, ma rispettosa del fascino intramontabile dell’opera originale.

La trama del film ruota attorno a Rise, una ragazza del nostro mondo, che, per ragioni misteriose, si ritrova catapultata nel magico e caotico Paese delle Meraviglie. Lì, incontrerà Alice, la protagonista della storia di Carroll, ma in un contesto che promette di scombussolare le regole e le dinamiche non solo del mondo fantastico, ma anche della realtà stessa. La fusione di due universi così lontani tra loro non può che suscitare curiosità e aspettativa, soprattutto per una persona come me, appassionata di anime giapponesi e del modo in cui la cultura nipponica riesce a reinterpretare storie conosciute, portando con sé freschezza e originalità. Il film, dunque, non si limita a essere un semplice adattamento, ma diventa una nuova lente attraverso la quale osservare un’opera che, sebbene radicata nella tradizione, non perde mai la capacità di stupire.

Il doppiaggio di Fushigi no Kuni de Alice to è stato affidato a talenti emergenti e a volti noti dell’industria dell’animazione giapponese, con Nanoka Hara nel ruolo di Rise e Maika Pugh, conosciuta per la sua interpretazione di Platelet in Cells at Work!, nel ruolo di Alice. La scelta di questi doppiatori conferisce al film un tocco di modernità, rendendo l’esperienza ancora più coinvolgente per gli spettatori contemporanei. Ma non sono solo le due protagoniste a brillare: il cast include anche voci familiari, come Mayu Matsuoka nel ruolo della temibile Regina di Cuori, Kōji Yamamoto nel ruolo del Cappellaio Matto, Kappei Yamaguchi come il Bianconiglio e Toshiyuki Morikawa nel ruolo dello Stregatto. Ogni voce sembra essere stata scelta con cura per dare vita a personaggi tanto iconici quanto amati.

Il lavoro alla sceneggiatura è stato affidato a Yūko Kakihara, già esperta nell’adattamento di storie complesse e intrise di significati, come dimostrato nei suoi lavori su Blue Box e Urusei Yatsura 2022. La produzione, curata da Shochiku e TBS, è un mix di tradizione e innovazione, che rispecchia l’approccio che questo film ha nei confronti del materiale di partenza: un tentativo di modernizzare una storia che affonda le sue radici in un passato lontano, ma che riesce ancora oggi a parlare agli spettatori di tutto il mondo. Ogni aspetto visivo è stato pensato con la stessa attenzione, a partire dal design dei personaggi, curato da un team di artisti tra cui Tomomi Takada, Jun Suzuki e Hiranko Konohana, fino alla direzione artistica di Kentarō Akiyama, che ha saputo ricreare un mondo visivamente stupefacente, surreale e, al contempo, affascinante.

La colonna sonora, che promette di essere uno degli aspetti più coinvolgenti del film, è stata affidata a kotringo, un compositore che ha il compito di accompagnare lo spettatore in un viaggio sonoro che, proprio come l’animazione, mescola elementi del mondo reale con quelli fantastici, per creare un’atmosfera unica e irripetibile. Ogni nota, ogni melodia, si intreccia perfettamente con le immagini, restituendo al pubblico la sensazione di trovarsi immerso in un sogno, dove ogni cosa può accadere e dove il confine tra ciò che è possibile e ciò che è impossibile si dissolve.

Questa versione di Fushigi no Kuni de Alice to non è solo un adattamento cinematografico, ma anche un capitolo in un più ampio panorama di reinterpretazioni anime del classico di Carroll. La serie del 1983-1984 realizzata da Nippon Animation e Apollo Film è solo una delle tante incursioni nell’universo di Wonderland, ma ciò che distingue questo film è la capacità di coniugare, con eleganza, la tradizione con le tendenze moderne dell’animazione giapponese. Il risultato è una pellicola che non teme di giocare con il confine tra il reale e l’onirico, proponendo una narrazione che si muove tra la razionalità quotidiana e l’assurdo, tra la concretezza della vita di tutti i giorni e le meraviglie e le follie di un mondo fuori dal tempo.

Con l’uscita ufficiale fissata per il 29 agosto, le aspettative sono altissime, alimentate anche dai trailer e dalle immagini promozionali, che ci danno uno scorcio di questo nuovo e incantevole Paese delle Meraviglie. La bellezza e l’eccentricità del mondo che ci viene mostrato sembrano rispettare in pieno l’estetica tipica di un’interpretazione anime, con colori vivaci, personaggi bizzarri e scenari che sembrano prendere vita proprio sotto gli occhi dello spettatore. Questo film, come ogni buona opera di animazione giapponese, non si limita a raccontare una storia, ma ci invita a riflettere sul nostro rapporto con il mondo che ci circonda, sulle contraddizioni e sulle meraviglie che si nascondono dietro la realtà che conosciamo.

In definitiva, Fushigi no Kuni de Alice to -Dive in Wonderland- è un film che promette di conquistare non solo i fan di Alice nel Paese delle Meraviglie, ma anche chiunque sia appassionato di anime giapponesi e delle innumerevoli sfaccettature che questo genere è in grado di offrire. Sospeso tra il sogno e la realtà, tra l’assurdo e il possibile, questo film si preannuncia come una nuova e affascinante incursione nel magico mondo di Wonderland, pronta a emozionare e a sorprendere.