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La mia senpai è un ragazzo: il manga LGBTQIA+ che ha conquistato il cuore dei lettori

J-POP Manga porta in Italia una delle opere più apprezzate degli ultimi anni, che ha conquistato lettori di tutto il mondo con la sua trama coinvolgente e la capacità di trattare temi profondi con leggerezza e sincerità. “La mia senpai è un ragazzo”, scritto da Pom, non è solo un manga originale, ma anche un’opera che esplora delicatamente le tematiche LGBTQIA+, toccando il cuore di chi ama le storie di crescita personale, accettazione di sé e amore senza pregiudizi.

Vincitore del Next Manga Award nel 2021, “La mia senpai è un ragazzo” non è semplicemente un manga romantico, ma un’opera che si inserisce perfettamente nel filone delle storie che riflettono sulla fluidità di genere e sull’importanza di essere se stessi, sfidando le aspettative sociali. Non solo il manga, ma anche la serie anime “Senpai is an Otokonoko”, disponibile in streaming su Crunchyroll, ha contribuito a far conoscere questa storia a un pubblico ancora più ampio.

Al centro della trama c’è Saki Aoi, una giovane ragazza che si ritrova a fare i conti con un sentimento difficile da spiegare. Saki è affascinata da Makoto Hanaoka, un membro del consiglio studentesco noto per la sua bellezza travolgente. Ma la ragazza teme che i suoi sentimenti non siano ricambiati. Quando finalmente trova il coraggio di dichiararsi, la sua risposta è ben lontana da quella che si aspettava: Makoto è, infatti, un “otokonoko”, un ragazzo travestito da ragazza. Ma anziché allontanarsi, Saki si avvicina ancora di più a lui, accogliendo con cuore aperto la sua identità senza giudicare.

Questa scoperta non fa che rafforzare il legame tra i due, che intraprendono un viaggio emotivo di scoperta e accettazione. La storia esplora temi come l’amore che supera i pregiudizi e il coraggio di affrontare la propria identità, anche quando la società non è pronta ad accoglierla.

Ma il manga non parla solo dell’amore tra Saki e Makoto. La vicenda di Makoto, infatti, è quella di tanti giovani che faticano ad accettarsi in un mondo che ha difficoltà a comprendere le differenze. Makoto ha sempre amato l’abbigliamento femminile, ma ha dovuto nascondere questa sua passione per paura del giudizio altrui, in particolare di sua madre. A scuola, però, riesce finalmente ad indossare ciò che gli piace e a sentirsi libero. Tuttavia, fuori dall’ambiente scolastico, si scontra con le difficoltà del mondo reale e con le aspettative di chi lo circonda.

L’incontro con Aoi rappresenta un punto di svolta per Makoto, che capisce che l’amore non ha pregiudizi e che essere sé stessi è un atto di coraggio. Aoi, infatti, non è sconvolta dalla sua identità di genere, ma al contrario, è ancora più attratta da lui. La sua sincerità e la sua mancanza di pregiudizi aiutano Makoto a superare le barriere che si era costruito, rendendogli possibile un percorso di accettazione.

In questa storia non manca un altro elemento che aggiunge profondità alla trama: il triangolo amoroso che si sviluppa con l’ingresso di Ryuji, il migliore amico di Makoto. Ryuji è da sempre innamorato di lui, e il suo sentimento nei confronti di Aoi è quello della gelosia e della paura di perdere il suo amico. Tuttavia, piuttosto che essere un ostacolo, Ryuji diventa un alleato, imparando ad accettare la relazione di Makoto con Aoi e riconoscendo l’effetto positivo che lei ha sulla vita del suo amico.

Il tratto di Pom è semplice, ma estremamente evocativo. La narrazione si concentra soprattutto sui personaggi e sui loro stati emotivi, mentre gli sfondi sono essenziali, lasciando che la luce giochi un ruolo importante nel sottolineare i momenti chiave della storia. La luce fredda accompagna i momenti di scoperta e riflessione di Makoto, mentre la luce calda evidenzia i momenti di felicità tra i protagonisti, creando un contrasto che amplifica l’intensità emotiva della storia.

“La mia senpai è un ragazzo” non è solo un manga d’amore, ma una riflessione sull’identità, sull’accettazione e sul coraggio di essere vulnerabili. L’edizione italiana, prevista per il 19 febbraio in una splendida versione a colori, è destinata a conquistare anche il pubblico italiano, pronto ad immergersi in una storia che celebra la diversità, l’inclusività e la bellezza di essere se stessi. Una lettura che, senza dubbio, lascerà il segno nel cuore di chi la intraprende.

Ransie la strega: il manga e l’anime che hanno incantato generazioni di otaku

C’è una certa magia in quegli anime anni ’80 che, ancora oggi, riescono a farci sorridere con un misto di nostalgia e meraviglia. “Ransie la strega” — titolo italiano di Tokimeki Tonight — è uno di quei piccoli incantesimi che non si sono mai spezzati. Nata dalla mente e dalla matita di Koi Ikeno, maestra del genere shōjo, la serie ha conquistato milioni di lettori e spettatori in Giappone e in Italia, portando con sé una miscela irresistibile di romanticismo, comicità e soprannaturale.

La storia è quella di Ranze Eto, una ragazza come tante, o quasi: è figlia di un vampiro e di una licantropa, vive in una famiglia di mostri che gestisce un ristorante di sushi e ha un potere decisamente complicato da controllare — ogni volta che morde qualcuno, si trasforma in quella persona. Innamorarsi, per lei, non è semplice, soprattutto quando il cuore batte per Shun Makabe, un ragazzo umano ignaro del suo segreto.

Dal manga all’anime: una favola tra i mondi

Il manga originale di Tokimeki Tonight venne pubblicato dal 1982 al 1994 sulla rivista Ribon di Shūeisha, per un totale di 30 volumi che raccontano l’evoluzione di una saga familiare fuori dal comune. La prima parte, corrispondente alla serie animata, si concentra proprio su Ranze e Shun; la seconda, Batticuore a mezzanotte, passa il testimone alla sorella minore Rinze, dotata del potere di creare oggetti con la mente; la terza, Hoshi no Yukue, conclude il cerchio riportando la protagonista nel Mondo Magico, luogo d’origine della sua bizzarra famiglia.

Nel 2002 Koi Ikeno tornò sul suo universo con un remake che riprendeva le atmosfere del debutto, aggiornandole con la maturità artistica e il gusto grafico degli anni Duemila. Il tratto rimaneva quello elegante, dinamico e inconfondibile che rese la serie un punto di riferimento per tutto il genere shōjo: linee morbide, occhi enormi pieni di emozione e un’ironia mai banale.

L’anime, prodotto dallo studio Group TAC e diretto da Hiroshi Sasagawa, fu trasmesso tra il 1982 e il 1983 su Nippon Television, per un totale di 34 episodi. In Italia arrivò nell’autunno del 1983, ribattezzato Ransie la strega, con la sigla indimenticabile interpretata da Cristina D’Avena, che ancora oggi rimbalza nelle playlist dei nostalgici.

L’incantesimo italiano

Quando Ransie la strega sbarcò sui nostri schermi, l’Italia viveva il suo primo grande amore con gli anime giapponesi. Dopo Candy Candy e Lady Oscar, Ransie portava qualcosa di nuovo: un mix di commedia scolastica, fantasy e amore adolescenziale che parlava dritto al cuore dei ragazzi degli anni ’80.
Ranze non era la principessa perfetta o l’eroina tragica: era una ragazza pasticciona, romantica, ironica — una protagonista “umanamente mostruosa” con cui ci si poteva identificare.

E come dimenticare la sua famiglia? Il padre vampiro, sempre impeccabile ma un po’ vanesio; la madre licantropa, impulsiva e adorabile; gli amici strampalati e i rivali gelosi che popolavano la sua vita quotidiana. Un piccolo teatro di figure buffe e affettuose che, dietro le risate, raccontavano l’accettazione delle proprie differenze e la difficoltà di crescere in un mondo che non sempre accoglie ciò che è “diverso”.

L’anime ebbe un successo travolgente, tanto da essere replicato più volte sulle reti italiane e distribuito in DVD da Yamato Video nel 2005. Per molti spettatori, fu il primo incontro con il Giappone fantastico, quello popolato da mostri, magie e sentimenti più grandi della vita — un mondo che, da allora, non ha mai smesso di affascinare.

Un’eredità fatta di magia e sentimento

Ransie non è solo un pezzo di nostalgia: è un tassello fondamentale dell’evoluzione del fantasy romantico giapponese. Senza di lei, probabilmente, non avremmo avuto eroine come Usagi Tsukino (Sailor Moon), Kagome Higurashi (Inuyasha) o persino la malinconica Yuki Cross di Vampire Knight.
Il suo mondo di mostri innamorati e di incantesimi quotidiani anticipava temi e archetipi che sarebbero diventati centrali negli anni ’90 e 2000: il conflitto tra due mondi, la ricerca di identità, la forza del sentimento come ponte tra umano e sovrannaturale.

Ransie la strega è riuscita a fondere tutto questo con leggerezza, umorismo e un’estetica incantata che oggi definiremmo “vintage chic”. Eppure, dietro la dolcezza e i toni pastello, c’era già una narrazione moderna, consapevole, che parlava di libertà personale e accettazione di sé — valori che restano universali.

Perché (ri)guardarla oggi

Rivedere Ransie la strega oggi significa riscoprire un piccolo gioiello del passato che ha ancora tanto da dire. Non solo per la sua capacità di mescolare i generi, ma per la sua sensibilità nel raccontare la crescita, l’amore e il diverso con un linguaggio poetico e pop allo stesso tempo.
Nel suo sorriso, nella sua goffaggine e nella sua tenacia c’è qualcosa di profondamente umano — quella stessa magia che, quarant’anni dopo, continua a farci battere il cuore.

“Batticuore notturno”, insomma, non è solo il titolo dell’anime: è la sensazione che resta, ancora oggi, quando risentiamo quella sigla e ci ritroviamo — per un attimo — a credere di nuovo nella magia.