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Spirit of the North 2: il ritorno della volpe rossa tra meraviglie visive, enigmi e bug frustranti

C’era una volta, in un mondo antico e devastato, una volpe solitaria. Silenziosa, eterea, con il manto infuocato come un tramonto d’inverno e lo sguardo carico di una missione più grande di lei. Così inizia Spirit of the North 2, sequel ambizioso dell’apprezzato indie firmato Infuse Studio, un’avventura terza persona che mescola enigmi ambientali, esplorazione e una narrativa silenziosa ma potentemente evocativa. Il primo capitolo aveva conquistato il cuore dei giocatori grazie a un’estetica mozzafiato, un’atmosfera rilassante e quel tocco di mistero nordico che sembrava provenire direttamente dalle saghe vichinghe. Tuttavia, era anche stato criticato per la sua struttura troppo lineare e il gameplay poco variegato. Per questo, il team ha deciso di osare: Spirit of the North 2 si spoglia della linearità per abbracciare un vasto open world, raddoppia la durata dell’avventura e aggiunge combattimenti con boss più intensi e articolati. Un salto coraggioso… ma purtroppo non sempre riuscito.

Un mondo mozzafiato e una colonna sonora che scalda il cuore

Non si può negare: visivamente, Spirit of the North 2 è una delizia per gli occhi. I paesaggi si susseguono in un turbine di colori e suggestioni, passando dalle foreste smeraldine a picchi innevati dove il vento sibila tra le rocce antiche. Ogni bioma ha una personalità ben definita, e spesso ci si ritrova a fermarsi solo per ammirare il panorama, cercando il punto più alto da cui osservare il mondo sottostante come se si stesse dipingendo con lo sguardo un quadro impressionista.

La colonna sonora accompagna questa bellezza con una delicatezza disarmante. Non cerca di imporsi, non sovrasta mai l’esperienza: è lì, come un sussurro del vento o il richiamo lontano di un corvo. Nei momenti più drammatici, come durante le boss fight, i toni si fanno più serrati, emergono i tamburi, il ritmo accelera. Ma il cuore sonoro del gioco rimane quel senso di calma, di connessione profonda con la natura e con il silenzio.

Tra rovine e rune: il fascino dell’antico

Nel nostro viaggio, vestiamo i panni — o meglio, la pelliccia — di una volpe magica accompagnata da un saggio corvo. Il loro scopo? Liberare gli antichi guardiani del mondo, corrotti da Grimnir, uno sciamano oscuro risvegliato da un sonno secolare. Per farlo, dovremo attraversare templi dimenticati, risolvere enigmi ambientali, raccogliere rune e potenziare le nostre abilità.

L’intento narrativo è chiaro e affascinante, alimentato da scroll narrativi che svelano la lore di un mondo perduto, eppure vivo nei dettagli. Per gli amanti della mitologia nordica e della narrazione silenziosa alla Journey o Abzû, c’è sicuramente pane per i loro denti. Eppure, sotto questa patina incantevole, iniziano a emergere le crepe.

Un open world bellissimo… ma vuoto

Il passaggio alla struttura open world, seppur coraggioso, si rivela presto un’arma a doppio taglio. Esplorare il mondo di Spirit of the North 2 è un’esperienza visivamente appagante, certo, ma troppo spesso priva di reale stimolo ludico. Le location, per quanto artisticamente curate, risultano poco interattive e si somigliano troppo tra loro. I puzzle ambientali, che dovrebbero rappresentare la spina dorsale dell’esperienza, raramente mettono davvero alla prova il giocatore.

Il vero tallone d’Achille, però, è il sistema di progressione. Per avanzare nella storia, bisogna raccogliere i cosiddetti “Spirit Wisps”, oggetti sparsi nel mondo che, nella teoria, dovrebbero incentivare l’esplorazione. Nella pratica, si trasformano in una caccia al pixel poco gratificante. Ogni nuovo dungeon richiede più wisps del precedente, costringendo i giocatori a vagare per ore in cerca di questi oggetti, spesso nascosti in zone spoglie e ripetitive. Un compito che, anziché stimolare la curiosità, rischia di trasformarsi in una routine meccanica.

Bug e glitch: quando la magia si incrina

Ma la vera ombra che grava sull’esperienza di Spirit of the North 2 è rappresentata dai bug. E non parliamo di piccoli intoppi: stiamo parlando di errori che possono spezzare il ritmo del gioco o, peggio ancora, rendere impossibile proseguire. Texture mancanti, ambienti che non caricano, muri invisibili e musiche che spariscono nel nulla. Alcuni problemi sono minori, altri decisamente più fastidiosi, come il caso di un boss che si rifiuta di attaccare, costringendo il giocatore a riavviare più e più volte il combattimento da zero.

Anche l’illuminazione è spesso fuori controllo: in alcune stanze, dopo una morte, ci si ritrova immersi in un buio totale, incapaci di vedere anche solo la leva per aprire la porta del boss successivo. Frustrazione è la parola chiave, soprattutto considerando che i combattimenti più avanzati possono durare anche dieci minuti. Quando, al termine di una lunga sfida, si è costretti a ripetere tutto da capo per colpa di un glitch… la pazienza inizia davvero a vacillare.

Un viaggio affascinante ma imperfetto

Spirit of the North 2 è un gioco che ha il cuore al posto giusto. Si percepisce l’amore degli sviluppatori per la loro creatura, la voglia di raccontare una storia senza parole ma densa di significato, e di costruire un mondo dove la natura e la spiritualità si fondono in una danza mistica. La direzione artistica è eccellente, la colonna sonora suggestiva, e la sensazione di solitudine epica che permea l’intera avventura è qualcosa che pochi titoli riescono a trasmettere.

Tuttavia, l’ambizione non basta a nascondere i problemi strutturali. Il passaggio all’open world ha svuotato l’esperienza di ritmo, le meccaniche di progressione sono ripetitive, e i bug compromettono seriamente il coinvolgimento. È un gioco che, forse, avrebbe brillato di più se avesse seguito il sentiero più stretto ma più curato del suo predecessore.

Per i fan del primo capitolo e per chi cerca un’avventura contemplativa e rilassante, Spirit of the North 2 ha sicuramente qualcosa da offrire. Ma chi spera in un’avventura dinamica, ben rifinita e priva di frustrazioni… potrebbe restare deluso.

Dai nostri utenti

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