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La Secolare Spezieria di S. Maria della Scala

La Secolare Spezieria di S. Maria della Scala, in via della scala 23 a Roma, nel cuore di Trastevere è collocata al primo piano del convento dei Carmelitani Scalzi, inglobato nella Chiesa di Santa Maria della Scala: a detta del suo rettore Ivan Pinto, sarebbe la farmacia più antica d’Europa. Tra le spezierie dei carmelitani, fu quella che si distinse di più, “favorita da una lunga tradizione di scienza medica ed arricchitasi di numerose specialità inventate per combattere i flagelli della peste e di altri mali”: deve la sua fama per avere avuto l’onore “di somministrare da Pio VIII in poi medicinali alla Famiglia Pontificia e talvolta anche ai Papi”. Da qui l’appellativo di “farmacia dei Papi”.

La farmacia è un ambiente rettangolare arredato con scaffalature settecentesche in cui sono raccolti gli oggetti e gli strumenti utilizzati nel passato per la preparazione dei rimedi e dei medicinali, databili per lo più al XVI e al XVII secolo: vasi sferici, rocchetti, tempietti per le bilance, torrette di distillazione, mortai e pestelli, barattoli in ceramica ed anche madonnine in marmo.

L’autorevole reputazione del luogo è certamente dovuta alla figura di Fra Basilio della Concezione, medico e botanico celebrato nell’affresco di ingresso, del quale si conserva nella farmacia il prezioso volume intitolato “trattato delli semplici”: un erbario finemente rilegato in cui sono conservati tra le pagine gli esemplari essiccati di ogni pianta, con relativa descrizione delle proprietà benefiche. Un pregevole lavoro di botanica che rappresenta la sintesi della preparazione e della conoscenza di un indiscutibile maestro.

Fu proprio Fra Basilio l’ideatore di due rimedi tra i più celebri messi in produzione dai solerti frati farmacisti: l’acqua pestilenziale, ritenuta efficace contro la trasmissione e il contagio della peste, vero e proprio flagello del passato, e la più “rassicurante” acqua di melissa, definita come “calmante sovrano negli accidenti isterici” in virtù dei suoi effetti sedativi sul sistema nervoso.

L’interno è spettacolare: un finto drappeggio affrescato corre lungo il perimetro del soffitto nella sua morbida illusione barocca, torchi, setacci, imbottigliatrici e torrette di distillazione sono tutti ordinatamente riposti negli antichi scaffali lignei, mentre il contenuto di una vetrina ci presenta un’articolata esposizione dall’andamento “ramificato” di barattoli officinali che, progettata allo scopo di non celare alcun articolo alla vista, può leggersi allo stesso tempo come una simbolica rappresentazione dell’albero della vita, richiamo all’affascinante connubio fra natura e alchimia.

All’interno di un enorme vaso in ceramica sotto la finestra, accanto all’ingresso del piccolissimo laboratorio, è conservata niente di meno che la mitica Theriaca, potente antidoto contro i veleni la cui formulazione risale addirittura ad Andromaco il Vecchio, medico di Nerone; una miscela di ben 54 ingredienti tra i quali si distingue quello di “carne di vipera maschio”.

Al lato del bancone della vendita, dietro il quale un ritratto di S.Teresa D’Avila sorveglia a vista i movimenti di cassa, si apre una sorta di ufficio amministrativo dove possiamo ammirare tra le altre cose un pregevole armadio dalla raffinata decorazione pittorica, al cui interno una collezione di scatole in legno di sandalo custodisce le diverse erbe atte alla preparazione dei medicamenti nella loro forma naturale originaria. L’esterno delle ante è decorato con i ritratti celebrativi dei grandi padri della medicina (Ippocrate, Galeno, Avicenna), mentre l’interno nasconde le effigi dei visitatori più vip, i cui altisonanti nomi di Vittorio Emanuele I e consorte, Umberto I principe di Piemonte ed Elena duchessa d’Aosta, contribuirono indubbiamente ad accrescere il prestigio dell’elegante laboratorio settecentesco. Anche qui la sensazione è che ogni cosa sia stata lasciata al proprio posto, nell’illusoria attesa della riapertura al giorno successivo.

Nei locali esterni è possibile infine visitare la distilleria risalente all’Ottocento dove, in virtù dell’antico sodalizio tra frati e liquori, la produzione di alcolici dalle conclamate proprietà digestive avveniva secondo i consueti ritmi certamente più consoni a una distilleria clandestina dei tempi del proibizionismo americano che a un convento di Carmelitani Scalzi.

di Annarita Sanna

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