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La sacra Sindone, un miracolo o un falso storico?

La Sindone di Torino è un reliquiario enigmatico che ha affascinato e diviso studiosi, fedeli e curiosi per secoli. Questo lenzuolo di lino, conservato nel Duomo di Torino, porta impressa l’immagine di un uomo che ha subito torture e maltrattamenti che, secondo molti, sarebbero compatibili con quelli descritti nei racconti evangelici della passione di Gesù Cristo. Questo dettaglio ha portato innumerevoli persone a identificare la figura impressa nel telo con quella di Gesù ea considerare la Sindone come il lenzuolo che avvolse il suo corpo dopo la crocifissione.

Il tessuto stesso è un lenzuolo di lino di colore giallo ocra, dalle dimensioni di circa 441 cm di lunghezza e 111 cm di larghezza. La struttura del tessuto è realizzata con una trama a spina di pesce, caratterizzata da un rapporto ordito-trama di 3:1. È importante notare che il lenzuolo è stato cucito su un telo di supporto, anch’esso di lino, applicato per la prima volta nel 1534 e poi sostituito nel 2002 con una simile ma più recente. Le condizioni attuali della Sindone, tuttavia, sono state fortemente influenzate da un incendio avvenuto il 4 dicembre 1532 nella Sainte Chapelle di Chambéry. Durante l’incendio, gocce di argento fuso o una parte del reliquiario avrebbero provocato numerosi fori triangolari simmetricamente disposti ai lati dell’immagine, poiché la Sindone era conservata ripiegata su sé stessa. Le suore clarisse di Chambéry intervennero nel 1534 per riparare questi danni, applicando toppe di tessuto sui fori e impunturando la Sindone su un nuovo telo di supporto.

Un’altra particolarità della Sindone sono le immagini che essa riporta, due raffigurazioni tenui di un corpo umano nudo a grandezza naturale, una visione frontale e una dorsale, separate da uno spazio senza tracce corporee. L’immagine appare essere la proiezione verticale della figura, con proporzioni che rispettano quelle di una persona reale, un fatto che ha sorpreso gli studiosi, dato che ci si aspetterebbe una distorsione maggiore se il lenzuolo fosse stato a diretto contatto con il corpo. Il volto raffigurato è quello di un uomo con barba e capelli lunghi, la cui immagine è visibile solo a distanza e si presenta come un negativo fotografico, come scoperto per la prima volta da Secondo Pia nel 1898. Questo effetto ha scatenato un enorme interesse scientifico e religioso, innescando un dibattito che perdura fino ai giorni nostri.

L’origine del termine “sindone” deriva dal greco “σινδών” (sindon), che indicava un ampio tessuto, solitamente di lino, usato per avvolgere i defunti. Anche se il termine era generico e non collegato specificamente alla sepoltura, oggi è sinonimo del lenzuolo funebre di Gesù.

Nel corso della storia, la Sindone ha subito numerose analisi scientifiche e contestazioni. Una delle più celebri è la datazione al carbonio-14 eseguita nel 1988 da tre laboratori internazionali, che collocarono l’origine del tessuto tra il 1260 e il 1390. Questa datazione, che coinciderebbe con l’inizio della storia documentata della Sindone, è stata accolta con scetticismo da parte di molti studiosi, soprattutto a causa delle contaminazioni che il telo ha subito nei secoli, come l’incendio del 1532. La prima attestazione storica certa della Sindone risale al 1353, quando Goffredo di Charny, un cavaliere francese, donò alla collegiata di Lirey un lenzuolo che egli dichiarava essere la Sindone che avvolse il corpo di Cristo. Tuttavia, la vera origine della Sindone e come Goffredo ne sia venuto in possesso rimangono misteri irrisolti.

Nel corso dei secoli, il possesso della Sindone ha causato controversie e polemiche. Dopo essere passata attraverso le mani di vari proprietari, tra cui i duchi di Savoia, che la conservarono nella loro capitale, Chambéry, la Sindone giunse infine a Torino nel 1578, dove rimane tuttora. Durante la notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532, l’incendio nella cappella di Chambéry rischiò di distruggerla, ma un rapido intervento permise di salvarla. Tuttavia, le bruciature ei fori causa dal calore richiesero un delicato lavoro di riparazione da parte delle suore clarisse, che applicarono delle pezze per coprire i danni. Torino è stata la dimora permanente della Sindone dal 1578, con poche eccezioni, come durante la Seconda Guerra Mondiale, quando fu nascosta nel santuario di Montevergine in Campania. Le ostensioni pubbliche, eventi durante i quali la Sindone viene esposta ai fedeli, hanno attirato milioni di pellegrini nel corso dei secoli. L’ostensione del 1898 è particolarmente ricordata per le fotografie di Secondo Pia, che rivelarono l’immagine negativa del telo, un fatto che aumentò notevolmente l’interesse scientifico e pubblico verso il reliquiario.

Negli anni recenti, la Sindone è stata al centro di ulteriori studi scientifici e restauri.

Nel 2002, un intervento di restauro conservativo ha rimosso i rattoppi applicati nel 1534 e ha sostituito il telo di supporto, oltre a eliminare pieghe e polvere accumulate nei secoli. Una nuova analisi, condotta da un team dell’Istituto di Cristallografia del Consiglio Nazionale delle Ricerche attraverso la tecnica della diffusione di raggi X ad ampio angolo (WAXS), ha suggerito che la Sindone potrebbe essere stata conservata per 13 secoli a una temperatura di circa 23 gradi e con un’umidità relativa del 55%, compatibile con il lino datato tra il 55 e il 74 dC rinvenuto a Masada, in Israele.

La Sindone di Torino continua ad essere oggetto di venerazione e di studio, rappresentando un enigma storico e spirituale che attraversa i secoli. Che si tratti del vero sudario di Cristo o di una straordinaria opera d’arte medievale, rimane uno dei più potenti simboli della fede cristiana e un mistero che affascina l’umanità.

Foto di copertina di  Giuseppe Enrie, 1931

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