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S.Gregorio Magno, meglio conosciuta come San Gregorio al Celio

Sull’omonima piazza di S.Gregorio sorge la bella chiesa di S.Gregorio Magno, un elegante esempio del Seicento romano, fondata nel 575 d.C. dallo stesso S.Gregorio, che trasformò la sua casa di famiglia, che qui sorgeva, in un monastero, inizialmente dedicato a S.Andrea e soltanto nell’XI secolo a S.Gregorio. Nato a Roma nel 535 dalla nobile famiglia degli “Anicii” (in una casa, secondo la tradizione, situata dove oggi sorge la chiesa di S.Gregorio della Divina Pietà) fu “praefectus urbis” prima di diventare monaco nel 575. Divenne papa il 3 novembre 590, quando a Roma c’era la peste e per questa organizzò una grande processione alla fine della quale, secondo la leggenda, sarebbe apparso nel cielo l’Arcangelo Michele che rinfoderava la spada, a significare la fine dell’epidemia, posandosi sul Mausoleo di Adriano, che da allora fu chiamato Castel S.Angelo.
 

La chiesa, ricostruita più volte nel corso del Medioevo e del Rinascimento, nel 1573 fu concessa da papa Gregorio XIII ai monaci Camaldolesi, che tuttora la officiano. Nel 1600, in occasione del Giubileo, furono restaurate la scalinata e la piazza antistante la chiesa: questa, così come la vediamo oggi, è il risultato degli interventi effettuati nel 1633 da G.B.Soria, quando il cardinale Scipione Borghese ne fece rifare la facciata e l’atrio. La chiesa, raggiungibile tramite una stupenda scalinata, si presenta con una facciata in travertino a due ordini: quello inferiore, tripartito da lesene, si apre con tre ingressi ad arco, chiusi da bellissime inferriate e sormontati dagli emblemi della famiglia Borghese, l’aquila per l’ingresso centrale, i draghi per quelli laterali. Un’iscrizione, posta tra i due ordini, ricorda il restauro del 1633: “S EPISC CARD BURGHESIUS M POENITEN A D MDCXXXIII“, ovvero “Il cardinale Borghese, vescovo della Sabina e penitenziere maggiore, (restaurò) nell’Anno del Signore 1633”. L’ordine superiore, anch’esso tripartito da lesene, presenta tre finestroni con balaustra marmorea e sormontati da timpani, semicircolare quello centrale, triangolari quelli laterali; un timpano triangolare, al centro del quale appare uno stemma abraso, conclude la facciata.
 
 
Varcato l’ingresso, veniamo accolti in un quadriportico ricco di numerosi sepolcri illustri, nel quale furono riutilizzate colonne e pilastri del cortile della chiesa del XVI secolo. L’interno della chiesa presenta una planimetria a tre navate scandite da 16 colonne antiche fiancheggiate da pilastri ed è il risultato dell’intervento effettuato nel 1725 dall’architetto Ferrari in stile barocco. Da segnalare, in fondo alla navata laterale destra, la cappella di S.Gregorio e, accanto, un’altra piccola cappella, che potrebbe essere stata la cella del santo, in cui si trova il suo seggio episcopale in marmo, del I secolo a.C. Degna di menzione è anche la Cappella Salviati, realizzata da Francesco da Volterra e completata da Carlo Maderno nel 1600: qui si trova anche l’antichissimo affresco della “Madonna con Bambino” che, secondo la leggenda, avrebbe parlato a S.Gregorio.
 
Nell’orto adiacente alla chiesa si trovano le tre piccole Cappelle di S.Silvia, S.Barbara e S.Andrea, quest’ultima corrisponde al primitivo oratorio del monastero fondato dal santo e presenta un portico con 4 colonne di cipollino antico con capitelli classici; all’interno, affreschi del Reni e del Domenichino ed un bel soffitto ligneo a cassettoni. Nella Cappella di S.Barbara, edificata sui piani inferiori di una casa d’epoca romana ed anch’essa molto importante dal punto di vista storiografico, possiamo ammirare il “Triclinio” la tavola di marmo sulla quale S.Gregorio serviva personalmente il pranzo a 12 poveri.
 
 

Una curiosità: sapete perchè si evita sempre il tredici a tavola?

 
Si racconta che proprio San Gregorio un giorno, mentre serviva i poveri a tavola, notò la presenza di una tredicesima persona. Non disse nulla e lo servì come aveva fatto con gli altri. Lo sconosciuto in realtà era un Angelo e In memoria di questo fatto, ogni Giovedì Santo, il papa serviva il pranzo a tredici poveri, ma l’uso cessò dopo il 1870. Dal fatto miracoloso discende, si dice, la superstizione dell’evitare di essere tredici a tavola: in origine, lo si fece per rispetto religioso all’angelo, non volendo ripetere ciò che era accaduto per origine divina, ma, in seguito, la cosa prese significato di malocchio e sfortuna. Mah…come sempre religione e superstizione vanno a braccetto! 
 
Particolarmente interessante, poi, nella zona più in alto, dietro l’oratorio di S.Andrea, un’aula basilicale absidata, la cui muratura denuncia un’epoca assai tarda. L’edificio è stato identificato con la biblioteca di papa Agapito I (535-536), sulla cui esistenza vi è traccia in una lettera di Cassiodoro e dall’iscrizione dedicatoria, copiata dall’Anonimo di Einsiedeln.
 
Redazione

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