Era il 21 febbraio del 1995. Ricordo perfettamente quel pomeriggio: avevo appena finito i compiti, la merenda sul tavolo e la televisione accesa su Canale 5. Poi, all’improvviso, una sigla esplosiva, colorata, con una voce potente e dolce al tempo stesso. Iniziava così la mia storia d’amore con Sailor Moon, una serie destinata a cambiare per sempre la mia visione degli anime, dell’eroismo, della femminilità e della magia. E oggi, trent’anni dopo il suo debutto italiano, non posso fare a meno di commuovermi ripensando a tutto quello che questa serie ha significato per me e per un’intera generazione.
Quando Usagi Tsukino, la nostra Serena nazionale, è apparsa per la prima volta sul piccolo schermo, non era affatto la classica eroina perfetta. Era goffa, pigra, un po’ piagnucolona e incapace di fare i compiti. E proprio per questo l’ho amata da subito. Perché Usagi eravamo noi. Ragazze comuni, alle prese con la scuola, le insicurezze, gli amori adolescenziali. Solo che lei, oltre a tutto questo, doveva anche salvare il mondo nei panni scintillanti di Sailor Moon, la guerriera dell’amore e della giustizia.
L’anime era già un successo planetario prima di arrivare in Italia, tratto dal manga Bishōjo Senshi Sailor Moon di Naoko Takeuchi, pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1991. La divisa da marinaretta, ispirata alle uniformi scolastiche nipponiche, non era solo un vezzo estetico, ma un simbolo di potere, sorellanza e trasformazione. Era una divisa che gridava: anche le ragazze possono combattere, anche le ragazze possono essere forti, anche le ragazze possono essere protagoniste.
La storia prende il via con la serie madre, ma in realtà tutto parte da Codename: Sailor V, che Naoko Takeuchi concepì come un manga a sé stante. Il successo fu tale che la Toei Animation decise di trasformarlo in una serie più articolata, dando vita all’universo di Sailor Moon che oggi conosciamo. Cinque stagioni per un totale di 200 episodi, tre film per il cinema, special televisivi, musical teatrali, un live action e, più recentemente, la serie Sailor Moon Crystal e i lungometraggi Eternal e Cosmos, fedeli trasposizioni del manga originale.
In Italia, Sailor Moon divenne presto un cult. Le prime due serie andarono in onda su Canale 5, le successive su Rete 4, e poi le infinite repliche su Italia 1, che ci accompagnarono per anni come un’amica fidata. Il doppiaggio italiano, con tutte le sue libertà creative (chi non ricorda i nomi adattati? Da Usagi a Bunny, da Mamoru a Marzio!), contribuì a creare un’identità nostrana dell’anime, rendendolo ancora più familiare e amato. E anche se col senno di poi molte di quelle scelte possono far storcere il naso ai puristi, la verità è che Sailor Moon ha avuto il merito di portare in massa le ragazze davanti alla TV per guardare un anime d’azione, infrangendo ogni stereotipo di genere.
La trama mescola mitologia, romanticismo e dramma. La rivelazione dell’identità di Usagi come reincarnazione della Principessa Serenity, il suo legame con Mamoru/Endymion, l’epica battaglia contro il Dark Kingdom… ogni elemento aveva il sapore dell’avventura, ma anche della fiaba malinconica. Non era solo intrattenimento, era una storia di crescita, di dolore e rinascita, di amicizia e amore che sfidano il tempo e lo spazio. Era la Luna che vegliava su di noi, che ci faceva sognare ogni giorno.
Ami, Rei, Makoto, Minako… ognuna di loro rappresentava un archetipo diverso, una sfumatura dell’essere donna. La mente razionale, la spiritualità, la forza fisica, la grazia artistica. E tutte insieme erano più forti, perché l’unione tra ragazze era (ed è ancora) uno dei messaggi più potenti della serie. Sailor Moon ci ha insegnato che non c’è nulla di debole nella sensibilità, e che la gentilezza è una forza rivoluzionaria. Non è un caso che moltissime persone LGBTQ+ abbiano trovato in questo anime un rifugio sicuro, una rappresentazione, anche implicita, di libertà e autenticità.
E che dire del merchandising? Ricordo ancora la prima Moon Stick che mi regalarono a Natale. Aveva il cuore rosa, una piccola luce e faceva un suono ridicolo… ma per me era magia vera. Le card da collezionare, i diari, i quaderni, persino le merendine: Sailor Moon era ovunque, ed era bellissimo così. Non era solo una moda, era un fenomeno culturale, una rivoluzione glitterata.
Oggi, mentre Sailor Moon spegne 30 candeline italiane, mi accorgo che la sua eredità è più viva che mai. Gli anime sono diventati mainstream, le protagoniste femminili sono sempre più complesse e determinate, ma quella prima scintilla di cambiamento – almeno per me – è nata proprio guardando una ragazzina bionda, con i codini e una spilla magica, combattere per l’amore e la giustizia.
E voi? Che ricordi avete di Sailor Moon? Qual è la vostra guerriera preferita? Avete ancora la sigla italiana impressa nella mente? Parliamone insieme, condividiamo i nostri ricordi sui social usando l’hashtag #30AnniDiSailorMoon. Perché l’amore e la giustizia non passano mai di moda.
Aggiungi commento