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Rebel Moon: l’ambizione stellare di Zack Snyder che si è spenta troppo presto

C’era una volta una galassia lontana lontana… o meglio, ce ne sarebbe potuta essere una. Un universo interamente nuovo, scolpito nella mente visionaria di Zack Snyder, che avrebbe dovuto essere la risposta di Netflix a giganti come il Marvel Cinematic Universe o il magico mondo di Harry Potter. Ma a quanto pare, quell’universo è già collassato. Non per un evento cataclismico nello spazio, ma per qualcosa di molto più terrestre: l’indifferenza.

Per comprendere il naufragio di Rebel Moon, dobbiamo tornare indietro di qualche anno, a quando Netflix decise di fare all-in su Snyder. Reduce da esperienze controverse con la Warner e la DC, il regista di 300, Watchmen e Justice League trovò nella piattaforma streaming una nuova casa creativa, un porto franco dove poter dare sfogo alla sua immaginazione senza troppe interferenze. Così nacque Rebel Moon, un progetto che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere titanico: sei film pianificati, espansioni transmediali, personaggi iconici pronti a entrare nell’Olimpo della cultura pop. La storia era già pronta. Il mondo immaginario, costruito nei dettagli. Le concept art? Tantissime. Il tono epico, già fissato. Un mix dichiarato e sfacciato di Star Wars, Akira Kurosawa e la rivista Heavy Metal. Non era un segreto: Rebel Moon nasceva come proposta per un film dell’universo di Star Wars, poi rifiutata da Lucasfilm, e quindi riconvertita in qualcosa di “originale”. Una galassia dominata dalla tirannica Motherworld, un’Imperium spietato, una protagonista tormentata in cerca di redenzione, un gruppo di guerrieri pronti a ribellarsi.

Sembrava la ricetta perfetta. E invece…

Il silenzio dopo la tempesta

È stato lo sceneggiatore Kurt Johnstad, in un podcast che in pochi ascoltavano, a dare la conferma che molti temevano ma nessuno voleva davvero sentire: Rebel Moon non avrà sequel. I sei film previsti rimarranno sulla carta, o forse nemmeno lì. Nessun nuovo viaggio nella galassia di Kora, nessun approfondimento sugli altri ribelli, nessuna guerra interstellare all’orizzonte. Il sogno è finito. E lo è finito nel modo più triste possibile: nel silenzio. Il motivo? Non c’è da indagare troppo. Il primo film, A Child of Fire, uscito a dicembre 2023, è stato accolto con freddezza. Rotten Tomatoes parla da solo: 22% di recensioni positive dalla critica, un misero 56% dal pubblico. Un flop, insomma. Il secondo capitolo, The Scargiver, uscito pochi mesi dopo, non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Anche le versioni estese – quelle che di solito salvano l’onore, quelle per i fan duri e puri – non sono bastate.

Netflix, che certo non è nuova a tagliare rami secchi, ha fatto due conti e ha deciso di non investire più. Fine dei giochi.

Un’epica senz’anima

Ma perché Rebel Moon ha fallito? Dove si è inceppata la macchina dei sogni snyderiana?

La risposta è complessa, ma parte da un paradosso: Rebel Moon ha puntato tutto sull’epicità… dimenticandosi dell’anima. La trama, seppur costruita con cura, è un patchwork di archetipi già visti. La guerriera redenta, il villaggio oppresso, il tiranno sadico, il gruppo eterogeneo di ribelli: nulla di nuovo sotto il sole di Veldt. I riferimenti a Seven Samurai e Star Wars sono evidenti, quasi sfacciati, ma invece di risuonare come omaggi, sembrano imitazioni stanche. Anche i personaggi, potenzialmente interessanti, sono ridotti a funzioni narrative. Kora (interpretata dalla bravissima Sofia Boutella) avrebbe potuto essere una nuova icona femminile del genere sci-fi, ma rimane intrappolata in una scrittura che preferisce la posa all’approfondimento. E lo stesso vale per Nemesis, Titus, Tarak, Kai e gli altri. Figure che si muovono come pedine in un gioco già scritto, senza davvero coinvolgere. Il vero marchio di fabbrica di Snyder, la componente visiva, qui si trasforma in un’arma a doppio taglio. Tutto è estetizzato fino all’eccesso, ogni scena sembra il fermo immagine di un trailer, ogni inquadratura grida “guarda quanto è epico!”. Ma quando tutto è epico, nulla lo è davvero. Il ritmo ne risente, l’emozione si dissolve. Ci si ritrova a guardare un film che sembra sempre sul punto di cominciare… ma non lo fa mai.

Forse l’errore più grande di Rebel Moon è stato quello di voler nascere già franchise. Non un film, ma una “IP”. Non una storia, ma un contenitore. Romanzi, fumetti, videogiochi, serie animate: tutto pronto prima ancora che il pubblico potesse dire “ci interessa davvero?”. È il sintomo di un’industria che spesso mette il marketing prima della narrazione. E qui si vede tutto. Il risultato è un prodotto freddo, progettato a tavolino, senza quella scintilla che fa grande la fantascienza.

Cosa resta?

Resta la delusione. Resta l’amarezza per quello che Rebel Moon avrebbe potuto essere, se solo avesse avuto il coraggio di rallentare, di respirare, di raccontare davvero. Resta un universo potenzialmente affascinante, sacrificato sull’altare dell’urgenza di “competere” con altri mondi. Resta la sensazione che Snyder, ancora una volta, sia stato vittima della sua stessa grandeur. Ora Snyder e Johnstad guardano avanti, già impegnati in un nuovo progetto su una serie poliziesca per Netflix. Ma l’epica intergalattica è rimasta orfana. La galassia di Rebel Moon si è spenta. E dispiace, davvero. Perché la fantascienza ha bisogno di visioni audaci, ma anche di cuore. E qui, il cuore si è perso nello spazio. E voi, cosa ne pensate di Rebel Moon? Vi ha colpito o vi ha lasciato indifferenti? Siete tra quelli che speravano in un terzo film o pensate che sia giusto chiudere qui? Parliamone nei commenti e condividete questo articolo con altri appassionati sui vostri social! L’universo nerd vive di confronto, e ogni opinione può riaccendere una stella.

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