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La Quaresima: Tradizioni e Curiosità nella Roma del Passato

Ogni anno, la Quaresima rappresenta un periodo di preparazione e penitenza che anticipa la Pasqua, un momento di riflessione e sacrificio che, in passato, era vissuto con grande intensità nella tradizione religiosa della Roma papalina. La Quaresima, che inizia con il “Mercoledì delle Ceneri”, si estende per quaranta giorni, fino al Giovedì Santo, segnando il culmine di un cammino spirituale che culmina nel Triduo Pasquale. Ma oltre al suo significato liturgico e spirituale, questo periodo era anche ricco di tradizioni, usanze popolari e rituali che caratterizzavano la vita quotidiana della città eterna.

Il Suono delle Campane e la Pieni Penitenza

Una delle immagini più evocative della Quaresima a Roma era il suono delle campane, un richiamo che segnava l’inizio delle funzioni religiose e avvertiva la città che il periodo quaresimale era giunto. Un detto popolare dell’epoca, “La campana sona a merluzzo”, descriveva il suono delle campane che, con il loro rintocco, invitavano i fedeli a riflettere sulla penitenza che li attendeva. Il richiamo al digiuno e alla preghiera era reso ancora più forte dalla figura dei predicatori quaresimali, i quali avevano il compito di guidare il popolo nella riflessione. Spesso, queste prediche erano così infuocate e severe che i fedeli venivano minacciati di castighi divini, tormenti infernali e pene eterne in caso di disobbedienza. Tuttavia, non tutti i predicatori erano così spaventosi. Figure come San Paolo della Croce e San Leonardo di Porto Maurizio si distinguevano per una predicazione eloquente e ispirata dalla vera fede, capace di toccare i cuori e stimolare la conversione.

La Quaresima, in particolare negli ultimi giorni, era anche un momento di sospensione della vita quotidiana. Nella Roma papalina, infatti, durante il pomeriggio, fino all’Ave Maria, i commercianti – tra cui bottegai, osti, fruttaroli e tabaccai – chiudevano le loro attività per partecipare alle “Missioni”, le prediche che si tenevano in chiesa. Questi frati missionari non solo offrivano riflessioni religiose, ma incitavano i fedeli a rimanere devoti e a non cedere alle tentazioni mondane.

Il Rigoroso Digiuno e le Tradizioni Culinarie

Il cuore della Quaresima romana era il rigido digiuno, una pratica che limitava severamente il consumo di carne, un divieto osservato con grande zelo. Si raccontano addirittura casi di macellai romani che furono condannati alla galera per aver venduto carne durante il periodo di penitenza. In una città come Roma, dove la carne era un elemento essenziale della dieta, questa restrizione costituiva un vero e proprio sacrificio. Ma nonostante la severità delle regole, non mancarono “scappatoie” per chi desiderava non essere troppo rigido nel rispettare la penitenza. Giggi Zanazzo, uno degli osservatori più acuti delle tradizioni romane del passato, raccontava con ironia che in Quaresima non mancavano “li maritozzi”, il dolce tipico che divenne uno dei grandi consolatori della penitenza. In un’epoca in cui la carne era vietata, i maritozzi, soffici dolci ripieni di panna, rappresentavano una golosa forma di sollievo, tanto che “li maritozzi” divennero anche un dono che i giovani romani facevano alla propria innamorata il primo venerdì di marzo, in una sorta di festa che ricordava il San Valentino dell’epoca.

Il rigido digiuno quaresimale veniva anche regolato dalle autorità pontificie che, anno dopo anno, emanavano disposizioni precise sulle cose che era consentito mangiare. Formaggio, uova e, in alcuni casi, anche carne, venivano concessi solo a chi fosse malato o anziano, ma solo previa autorizzazione scritta. La violazione di queste disposizioni non veniva tollerata, e a chi sottoscriveva permessi senza una giusta causa venivano inflitte dure punizioni. Nonostante gli avvertimenti delle autorità, però, la realtà era che spesso bastava un piccolo pagamento al parroco per ottenere una dispensa, mentre chi non aveva le risorse economiche per ottenere un permesso doveva accontentarsi di piatti più austeri, come ceci e baccalà.

La Festa del “Segare la Vecchia”

A Roma, la Quaresima non era solo un momento di privazione, ma anche di esuberante espressione popolare. La “festa del segare la vecchia”, celebrata nel Foro Romano, rappresentava una delle tradizioni più singolari. Durante questa festa, un enorme fantoccio, simbolo della “vecchia”, veniva squartato e il suo contenuto, composto da fichi, arance, frutta secca e dolci tipici del periodo quaresimale, veniva distribuito tra i presenti. L’evento era caratterizzato da un’atmosfera di festa, in cui la competizione per accaparrarsi il prezioso contenuto del fantoccio diventava una vera e propria corsa tra i romani. I metodi per ottenere la propria parte non erano sempre pacifici, e spesso i partecipanti ricorrevano anche a metodi poco ortodossi per riuscire a portarsi a casa un po’ di dolcezza in un periodo altrimenti rigido e austero.

La Quaresima tra Sacrificio e Tradizione Popolare

La Quaresima romana non era solo un periodo di penitenza religiosa, ma anche un momento in cui le tradizioni popolari si intrecciavano con la vita quotidiana, dando vita a una serie di usanze e feste che, pur nella loro austerità, riuscivano a portare un tocco di allegria e di comunità. Tra il suono delle campane, le prediche infuocate dei missionari e la sospensione delle attività quotidiane, la Quaresima era vissuta con una profonda devozione, ma anche con una certa vivacità che emergeva nei piccoli piaceri quotidiani, come i maritozzi, e nelle grandi celebrazioni popolari. In questo modo, la Roma del passato riusciva a conciliare il rigore del digiuno con il calore della comunità, creando un equilibrio tra sacrificio e tradizione che ancora oggi rivive nelle memorie storiche della città.

Redazione

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