Dopo la catarsi melodrammatica di Tess (1979, da Hardy), Roman Polanski dirige Waler Matthau in Pirates (1986) un comico film di avventura revival. Un miserabile pirata del XVII secolo alla deriva nell’oceano su una zattera, affamato al punto di tentare di mangiare il compagno di sventure, un baldo e giovane francese, catturato da un galeone spagnolo, progetta di rubare, con l’aiuto di un negro, il trono d’oro che gli spagnoli hanno sottratto a una tribù indigena (dopo averla massacrata). Il capitano della nave è un crudele che obbliga persino Matthau e il francese a mangiare un topo bollito, ma a bordo c’è anche la nipote del governatore, di cui il francese si invaghisce. Matthau riesce a provocare la rivolta e ad impossessarsi di nave, capitano, damigella, e trono. Va a vendere gli ostaggi a un viscido mercante, in un villaggio abitato da vecchi corsari sdentati, rimbecilliti e sgorbi. Durante le feste il capitano spagnolo riesce a fuggire con il galeone e il trono; Matthau arruola una ciurma di vecchi e si reca dal governatore a chiedere il riscatto; questi non darebbe nulla per la nipote, ma cede alla più banale tortura. Ottenuto il trono d’oro, Matthau e il francese fuggono a bordo di una barca, ma restano impigliati in una fune. Condannati a morte, li salva il negro. Il galeone dei pirati assalta il vascello spagnolo nell’arrembaggio decisivo. Matthau riesce a fuggire su una barca con il trono. Il francese è invece …?? con lui, mentre su un’altra barca si allontanano il capitano(?) e la bella, invano contesa dal francese.
La sua guerra privata, attraverso continui capovolgimenti di fronti e un …?? ostinato e ostentato di sequenze da Errol (?) Flynn, è destinata a fallire e ricominciare da capo, dalla piccola barca alla deriva. Slapstich e ferocia si fondono liberamente: la mitologia del sacro graal viene ridotta a un’allegoria della voracità umana, in un caos morale che non lascia spazio per l’eroismo. L’epica nichilista di questo fallito incanaglito è un’allegoria della catastrofe dell’esistenza umana.
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