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Chi sono gli Otaku?

Noi siamo Nerd, quindi siamo tutti, fondamentalmente “Otaku”. Dopotutto, il primo impatto con la cultura Giapponese o col mondo giapponese in generale per molti di noi è avvenuto grazie alla prima diffusione di manga e anime tra gli anni ’80 e ’90, grazie ai primi fumetti editi in Italia o alla diffusione dei cartoni animati su MTV nella famosa “Anime Night”.

Ormai, molti di coloro che seguono gli animene in lingua originale hanno familiarità con alcuni termini esclusivamente giapponesi: come ad esempio i suffissi onorifici “chan”, “kun”, “sama” o “sensei”.  Questo porta con sé anche alcune storpiature o errori nell’utilizzo della terminologia, vedasi in particolare la parola otaku che, usato tantissimo in Occidente, indica gli appassionati di anime e manga, anche se in Giappone assume una connotazione diversa.

Letteralmente “Otaku” significa “casa, dimora” e si usa anche per rivolgersi a qualcuno con cui non si è in rapporti stretti (un equivalente del nostro “Lei”). Il termine assume un significato sarcastico attorno agli anni ’80 e viene usato dal giornalista Akio Nakamori per indicare i fan inopportuni, quindi il senso di disagio correlato.

Per anni nell’immaginario giapponese si è pensato a un otaku come a un quattrocchi brufoloso e in sovrappeso che non si lava e non socializza, le cui uniche attività sono quelle di giocare ai videogiochi leggere manga e guardare anime, sognando di sposare una waifu, il personaggio femminile in 2d di cui si è innamorato.

Il corrispettivo al femminile è rappresentato da una ragazza schiva, dall’aspetto poco attraente, con una passione per gli shonen-ai e gli yaoi (storie omosessuali tra ragazzi) che passa le giornate a giocare ai dating sim (“simulatore di appuntamenti”).

Quindi in Giappone un otaku rappresenterebbe esclusivamente un disadattato con manie ossessive. Anche se il rovescio della medaglia pone questa cultura in un posto di rilievo nell’economia giapponese, come vediamo ad esempio con il quartiere di Akihabara, questo ha fatto sì che si sia avuta una lenta apertura mentale nei confronti di questa subcultura.

Akihabara e Ikebukuro non sono le uniche occasioni di incontri per gli otaku: poiché esistono anche fiere dedicate, come ad esempio il Tokyo Game Show, una delle più grandi fiere dell’Asia dove gli sviluppatori mostrano in anteprima i giochi che verranno rilasciati sul mercato. Per chi ama i manga, invece, esiste il Comiket, il Comic Market è la più grande fiera del fumetto al mondo e si tiene due volte all’anno a Tokyo. 

La cultura otaku comprende anche altre passioni, vediamo quindi gli idols, ragazzi e ragazze che, da solisti o in gruppo, si esibiscono in concerti o show televisivi e che contano innumerevoli seguaci che rappresentano la loro ragione di esistere. 

 

Redazione

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