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La Olivetti Programma 101: Sessant’anni di un Futuro che Parla Italiano. Storia del Vero Primo Personal Computer

Il 1965  è stato l’anno in cui l’Italia ha svelato al mondo la Olivetti Programma 101, un capolavoro di ingegneria che ha conquistato la NASA e scritto la prima pagina dell’informatica moderna. Una storia di genio, visioni rubate e l’orgoglio di un Made in Italy che non è solo moda, ma pura, avanguardistica tecnologia. C’è stato un tempo in cui il futuro aveva il profumo, l’eleganza e l’indiscutibile ingegno italiano. Un tempo in cui la Silicon Valley era ancora un sogno, e il centro nevralgico della vera innovazione tecnologica rispondeva al nome di Ivrea. Parliamo del 1965, e mentre il mondo guardava agli Stati Uniti come l’unica culla possibile della tecnologia nascente, un colpo di scena clamoroso veniva orchestrato dal Bel Paese. Alla fiera internazionale BEMA di New York, l’Italia non presentava un’altra macchina da scrivere di lusso o una calcolatrice: svelava al mondo il primo personal computer della storia: la leggendaria Olivetti Programma 101, affettuosamente soprannominata “la Perottina”.

Oggi, a sessant’anni esatti da quella presentazione che cambiò le regole del gioco, la sua storia non è solo un affascinante capitolo di archeologia informatica, ma un grido d’orgoglio e un monito per l’era dell’Intelligenza Artificiale (AI) e del cloud computing. La P101 non era solo un prodotto; era una dichiarazione audace, un atto di fede assoluto nella creatività e nella capacità progettuale umana, un balzo in avanti di anni luce rispetto alla concorrenza.

Il Sogno sul Tavolo: Addio Schede Perforate

Per capire la portata di questo evento, dobbiamo calarci nell’epoca. Negli anni ’60, l’elaborazione dati era un affare mastodontico, roba da mainframe che occupavano intere stanze, necessitavano di aria condizionata industriale e venivano programmati da tecnici in camice bianco tramite noiose schede perforate. Era un’informatica d’élite, inaccessibile all’uomo comune e al piccolo professionista.

Poi arriva la P101.

Il visionario dietro questa rivoluzione era Pier Giorgio Perotto, un ingegnere torinese con un’idea folle e geniale: concentrare la potenza di calcolo in una macchina che potesse stare comodamente su una scrivania. Un vero “calcolatore programmabile” che chiunque potesse usare senza una laurea in ingegneria. Attorno a lui, un dream team di geni discreti: Giovanni De Sandre e Gastone Garziera per l’ingegneria elettronica e, non meno cruciale, l’architetto e designer Mario Bellini, che trasformò quel piccolo miracolo di silicio e circuiti in un’icona estetica.

Il risultato fu una macchina elegante, compatta, e per l’epoca incredibilmente silenziosa. Un vero e proprio desktop computer – un’espressione coniata con rispetto dagli americani stessi – che anticipò di anni i prodotti di Apple, IBM e Commodore, diventando la vera e propria madre di tutti i personal computer.

La Rivoluzione delle Cartoline Magnetiche (e il Brevetto che Contò)

Alla fiera di New York, lo stand Olivetti divenne istantaneamente un hotspot del futuro. Scienziati, giornalisti e curiosi rimasero ipnotizzati di fronte a quel gioiello made in Italy. La “Programma 101” era un sistema completo: un calcolatore con memoria interna, un linguaggio operativo (semplice ma efficace) e una stampante integrata. Ma la vera magia, la vera scintilla che innescò la rivoluzione informatica personale, risiedeva nelle sue cartoline magnetiche.

Queste schede, vere e proprie antenate concettuali dei floppy disk che avrebbero dominato gli anni ’80, permettevano di salvare e richiamare dati e programmi. Era la prima volta che l’utente aveva la possibilità di conservare il proprio lavoro su un supporto esterno personale. L’idea di salvare i dati in modo così intuitivo e “personale” fu la chiave che sbloccò il futuro.

Non fu solo un successo commerciale (ne furono vendute oltre 44.000 unità in tutto il mondo), ma un trionfo scientifico di portata storica. Pensate: alcune unità della P101 finirono nei laboratori della NASA, dove furono impiegate per i cruciali calcoli di traiettoria e navigazione durante le missioni del programma Apollo. È una di quelle leggende metropolitane della tecnologia che è totalmente vera: un pezzo del genio italiano ha contribuito, anche solo in parte, a far sbarcare l’uomo sulla Luna. È come se l’impronta invisibile di una tastiera Olivetti fosse accanto a quella di Neil Armstrong sulla polvere lunare. Non c’è storia nerd più epica di questa.

L’Ombra di Adriano e il Debito Estetico di Steve Jobs

Come in ogni grande epopea italiana, anche dietro il successo c’è il dramma. La divisione elettronica di Olivetti era stata il fiore all’occhiello di Adriano Olivetti, l’imprenditore illuminato che aveva saputo unire industria, cultura e umanesimo. La sua morte improvvisa nel 1960 lasciò un vuoto visionario. Gli eredi e la nuova dirigenza non compresero immediatamente l’enormità di ciò che Perotto e la sua squadra avevano tra le mani. Il team lavorò spesso in una sorta di gloriosa clandestinità, ostinati e geniali, spinti unicamente dalla fede nella loro idea, aggirando scetticismi e tagli di budget.

Per dare vita a quel gioiello, non bastarono i transistor: servì l’inventiva artigianale, un mix tipicamente italiano di alta tecnologia e problem solving ingegnoso. Molte componenti furono il frutto di soluzioni originali, di compromessi geniali tra meccanica ed elettronica. A Ivrea, in quegli anni, non si fabbricavano solo macchine: si costruivano idee con la stessa meticolosa cura con cui un liutaio crea il suono perfetto.

E poi c’è il design. Le linee morbide, i colori tenui e le proporzioni armoniche di Mario Bellini resero la P101 un oggetto desiderabile. Si racconta che persino Steve Jobs, l’iconico padre del Macintosh, riconobbe in quegli anni il debito estetico e concettuale verso la P101. Bellini stesso raccontò di come Jobs avesse cercato di convincerlo a collaborare con Apple. Un passaggio di testimone simbolico: il creatore del Mac che guarda alla Programma 101, la vera progenitrice, con ammirazione.

Il trionfo fu così schiacciante che la Hewlett-Packard (HP) lanciò in seguito la HP 9100A, una “calcolatrice elettronica” talmente simile alla P101 da costringere Olivetti a una storica causa per violazione di brevetto, vinta con un risarcimento di 900.000 dollari. Non fu solo un successo economico; fu una dimostrazione inappellabile che l’Italia non solo sapeva innovare, ma dettava i termini del gioco.

L’Eredità Immortale: Un Monito per l’Era dell’AI

Sessant’anni dopo, la Olivetti Programma 101 non è un semplice reperto da museo. È un pilastro della cultura nerd, una testimonianza tangibile dell’unione tra ingegno e bellezza, arte e scienza, creatività e precisione. Ci parla di un’Italia che ha saputo sognare il domani ben prima degli altri, senza capitali smisurati, ma con un’immensa dose di visione e coraggio.

In un mondo dove l’intelligenza artificiale generativa e la tecnologia sembrano dominare ogni aspetto della nostra vita, vale la pena ricordare che la prima, vera scintilla di quel futuro digitale e “personale” partì proprio da una piccola, elegante macchina color avorio.

La P101 ci ricorda che il futuro non appartiene solo a chi ha i big data, ma a chi ha l’idea giusta e la passione per realizzarla. La sua eredità non si misura in numeri di vendita, ma in ispirazione.

Perché, in fondo, che si parli di personal computer o di AI, la storia ci insegna che quel futuro, be’, lo abbiamo inventato noi.


E voi, ne avevate mai sentito parlare in questi termini? Credete che l’ingegno italiano sia ancora in grado di rivoluzionare il settore tecnologico? Diteci la vostra!  Fatemelo sapere, io mi trovo su FacebookInstagramTikTok e Waveful. Lunga Vita e Prosperità a tutti!

Roberto Romagnoli

Roberto Romagnoli

Nato sul pianeta Terra nel 1981, ma cittadino dell'universo.
Conosciuto in rete anche come Ryoga777, RyoGa o Ryoga Wonder.
Cantante degli X-Italy, band attiva tra il 2004 e il 2006, prima in Italia a proporre cover degli X-Japan. Successivamente canta anche nei Revolution, altra band italiana ispirata al mondo del Visual-Kei Giapponese e al Glam americano.
Negli anni si è occupato spesso di organizzazione di eventi a tema JRock, Cosplay, Manga e Musica in generale collaborando spesso con l'associazione Japanimation. È stato anche redattore di L33T, programma per ragazzi in onda su Rai 2 e Rai Futura tra il 2006 e il 2007.
Caporedattore e responsabile per l'Italia di Nippon Project e Presidente delle associazioni VK Records (etichetta discografica indipendente) e Steel Music Promotion (media dedicato alla musica e all'organizzazione di concerti)

Gamer incallito.

Il suo lato geek, sopito fino a qualche anno fa, ha cominciato a farsi sentire sempre più prepotentemente. Quindi alla fine ha deciso di aprirsi il suo blog geek robertoromagnoli.com e ha cominciato a scrivere anche su siti a tema gaming e tecnologia, tra cui Akiba Gamers e Stolas Informatica.

Amante di tutto ciò che riguarda la tecnologia, l'informatica, anime e manga, ma innamorato anche di DC Comics e Marvel.

Fondamentalista Trekkie, da quando c'è il covid e non ci si può più stringere la mano, ha trovato la scusa per fare il saluto vulcaniano.

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