Immaginate un mondo in cui l’abbraccio di un gatto può trasformarvi in… un altro gatto. Non è un sogno da pet-lover, ma l’incubo surreale e irresistibilmente assurdo che anima Nyaight of the Living Cat, la nuova serie anime tratta dal manga omonimo di Hawkman e Mecha-Roots. Un titolo che già nel nome fonde ironia e catastrofe, e che in Giappone è diventato un piccolo cult per la sua combinazione di follia visiva, citazioni cinefile e puro amore per i felini. L’adattamento animato, trasmesso su TV Tokyo dal luglio al settembre 2025 e disponibile su Crunchyroll per il pubblico occidentale, porta con sé un nome che fa tremare i polsi a ogni appassionato di cinema giapponese: Takashi Miike. Il regista di Ichi the Killer e L’Immortale firma qui la direzione esecutiva, lasciando il timone della regia a Tomohiro Kamitani (Mix Meisei Story) e mettendo la sua impronta dissacrante su ogni episodio. Il risultato è un’opera che sembra uscita da una notte febbrile tra uno studio di animazione e un club di cinefili impazziti: horror, commedia, citazionismo e nonsense convivono in un equilibrio precario ma irresistibile. La produzione è firmata dallo studio OLM (gli stessi di Pokémon), con la supervisione di Sony Pictures Television e Slow Curve, mentre la colonna sonora di Kōji Endō — collaboratore storico di Miike — è un patchwork di chitarre e synth che alterna toni catastrofici e momenti di pura tenerezza.
E a proposito di suoni, il comparto musicale vanta due guest star improbabili e meravigliose: il chitarrista Marty Friedman, ex Megadeth, e la cantante Heidi Shepherd dei Butcher Babies. Insieme a Endō, i due firmano l’inserto rock “Nyaight of the Living Cat”, un delirio sonoro che accompagna alcune delle scene più folli della serie.
Una pandemia di tenerezza (e follia)
La premessa è tanto semplice quanto surreale: un virus misterioso — il “Nyandemic” — si diffonde tra gli esseri umani, trasformando chiunque ceda alla tentazione di coccolare un gatto… in un gatto. In questo mondo post-apocalittico, il protagonista Kunagi, uomo dal passato oscuro e sguardo tormentato, deve resistere all’istinto di accarezzare i felini per sopravvivere. Al suo fianco c’è Kaoru, liceale ottimista e sorprendentemente pulita per una sopravvissuta in mezzo a un’orda di mici radioattivi.
Insieme si muovono in un Giappone ridotto a un’enorme cuccia infestata, dove i sopravvissuti si difendono con pistole ad acqua, giocattoli penzolanti e bombe al catnip. La serie gioca apertamente con gli archetipi del cinema zombie, sostituendo i morti viventi con adorabili gattini: un’idea tanto stupida da essere geniale.
Ogni episodio è un carosello di situazioni grottesche — dai felini che cavalcano elefanti e gorilla come mecha biologici, alle comunità umane che venerano i gatti come divinità post-moderne. Ma dietro l’umorismo slapstick si nasconde una malinconia sottile: in questo mondo, la linea tra amore e distruzione è sottile come un baffo.
Citazioni, parodie e filosofia da lettiera
Nyaight of the Living Cat non è solo una parodia dei film horror. È anche una gigantesca lettera d’amore al cinema di genere. Ogni episodio cita — spesso nel titolo stesso — un cult occidentale: da “Commeowndo” a “Meow Am Legend”, passando per riferimenti a Resident Evil e Mad Max. Gli appassionati di film d’azione riconosceranno persino le battute di Schwarzenegger… miagolate da un gatto parlante chiamato Jones, evidente omaggio al felino di Alien.
Il tono oscilla costantemente tra la satira e la farsa: Miike e Kamitani trasformano il mondo in un delirio visivo dove il fanservice incontra la filosofia zen. Non manca una vena tragica, affidata a momenti di introspezione improvvisi o a personaggi secondari che scompaiono (o meglio, si “moggificano”) dopo un solo episodio.
Estetica del caos: l’arte dell’assurdo animato
Visivamente, l’anime alterna momenti di grande ispirazione a fasi più grezze, complice un budget non sempre all’altezza dell’ambizione. I colori sono cupi, quasi post-industriali, e la CGI a volte stona, ma è anche parte del fascino trash del progetto. Lo spettatore si ritrova in una costante oscillazione tra “che diavolo sto guardando?” e “non riesco a smettere di guardare”.
La regia di Kamitani gioca con i cliché del found footage e con i montaggi da survival horror, mentre la voce narrante di Shigeru Chiba commenta gli eventi come un documentario etologico delirante. Le sequenze ambientate nel “Cat Café” — flashback che chiudono ogni episodio con consigli su come prendersi cura dei gatti — sono piccole gemme metanarrative che mischiano ironia e malinconia, ricordandoci che, in fondo, il mondo è finito perché amavamo troppo i nostri mici.
Una serie per pochi, ma affezionati
Chi non ama i gatti probabilmente troverà Nyaight of the Living Cat una perdita di tempo totale. Chi invece li adora, e magari ha passato ore a guardare video di felini su YouTube, troverà in questo anime un’esperienza mistica e disturbante. È una serie volutamente “di nicchia”, dedicata a chi vive di citazioni e nonsense, a chi ama l’assurdo intelligente, o a chi crede che la cultura pop sia un gigantesco scherzo cosmico.
Certo, non tutto funziona: il ritmo zoppica, la trama si perde a metà stagione, e a tratti sembra un lungo sketch espanso. Ma quando esplode, lo fa con un’energia anarchica che ricorda Excel Saga, Detroit Metal City e il miglior Miike: quello che non teme di mescolare horror, grottesco e poesia felina.
Miagolando verso la seconda stagione
Il finale lascia aperte molte domande e un teaser fin troppo esplicito per una seconda stagione: un enorme cartello che recita “To be continued… purhaps?”. Se verrà davvero realizzata, Nyaight of the Living Cat potrebbe diventare una nuova pietra miliare del surreale animato giapponese — o l’ennesimo esperimento impazzito da ricordare con affetto e incredulità.
In ogni caso, Miike e soci ci hanno regalato qualcosa di raro: un’opera che non ha paura di essere stupida, perché sotto la pelliccia nasconde una verità disarmante. Nel mondo di Nyaight of the Living Cat, l’amore è un contagio — e forse, sotto sotto, lo è anche nel nostro.











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