Ci sono fumetti che ti intrattengono, fumetti che ti stupiscono… e poi ci sono quelli che ti lasciano addosso un disagio sottile, un graffio nell’anima, come il rumore delle unghie su una porta chiusa. Nido di Corvo, la nuova uscita della collana Dark House di Weird Book, curata da Luigi Boccia e Andrea Pirondini, appartiene decisamente alla terza categoria. E lo dico da lettore che ha fatto dell’amore per le graphic novel italiane una missione quotidiana. Questa collana, per chi non la conoscesse, è un rifugio oscuro per le visioni più disturbanti e surreali del fumetto contemporaneo. Dark House è una casa nel senso più gotico del termine: un rifugio infestato dalle paure più recondite, dalle ossessioni che si annidano sotto la pelle della normalità. E Nido di Corvo è la perfetta incarnazione di questa poetica.
Il team creativo: un trittico che funziona come un rituale
La sceneggiatura, firmata da Andrea Cavaletto e Luca Angelo Spallone, è un esercizio chirurgico di tensione psicologica, accompagnata dalle tavole disturbanti e raffinate di Renato Florindi. Il progetto è nato in collaborazione con la Scuola Holden, e si sente: dietro ogni vignetta c’è una regia narrativa precisa, una struttura che affonda le radici nella letteratura gotica ma si nutre della sporcizia esistenziale di certi drammi familiari da cinema indipendente.
Il mulino maledetto e la discesa nella psiche
Il cuore della storia è un mulino: marcio, isolato, dimenticato da Dio e dagli uomini. Un luogo che non è solo ambientazione, ma personaggio vivo, respirante, complice e carnefice allo stesso tempo. Qui vive una famiglia disfunzionale, sull’orlo del crollo. Aurora, la madre, lancia una bomba: è incinta. Ma non c’è spazio per la speranza in questo annuncio – solo stanchezza, recriminazione, rancore. È in quel momento che arriva lui: il corvo.
Un essere inquietante, ambiguo, mai davvero definito. È animale? Demone? Incarnazione del male o specchio deformante dell’umanità dei protagonisti? Non ci viene detto, e va bene così. Perché Nido di Corvo è soprattutto un viaggio nella psiche, un’esplorazione del marcio che si annida nei rapporti più intimi, nella quotidianità che si fa incubo.
Il corvo e il seme della malvagità
Il corvo non uccide. Il corvo sussurra. Suggerisce. Seduce. Si insinua con una voce melliflua e promette piccole rivalse, rivincite domestiche, vendette minuscole ma efficaci. E uno a uno, i membri della famiglia iniziano a cedere. Piccoli gesti, piccole crudeltà, che crescono come una muffa velenosa fino a diventare una spirale incontrollabile. Nessuno è innocente. Nessuno è salvo.
E qui sta la forza emotiva di questa graphic novel: non c’è morale. Non c’è redenzione. Solo l’orrore quotidiano che diventa metafora dell’umano. Il mulino diventa teatro di una tragedia shakespeariana, ma senza eroi. Solo vittime e carnefici che si scambiano di posto come in una danza macabra.
Il segno grafico: tra claustrofobia e allucinazione
Il lavoro di Renato Florindi merita una menzione speciale. Il suo tratto è denso, stratificato, pieno di ombre e inquietudine. Le tavole hanno qualcosa di espressionista, ma anche un gusto moderno per il dettaglio disturbante. Ogni vignetta è un piccolo incubo a occh aperti. Gli interni del mulino sembrano vivi, pulsanti, e l’onnipresenza del corvo si fa visiva: una presenza nera che si insinua ovunque, anche quando non la vedi.Florindi riesce a trasformare il silenzio in angoscia, e le parole in peso. E questo, in un medium come il fumetto, è pura alchimia.
Se amate il fumetto italiano che osa, che graffia, che non si accontenta di raccontare storie ma vuole indagare l’anima, Nido di Corvo è una lettura obbligata. Non è un fumetto facile. Non vi darà conforto. Ma vi farà pensare, vi farà sentire sporchi, forse persino complici.Ed è proprio in questo che risiede la sua grandezza. Con Nido di Corvo, Weird Book e la collana Dark House confermano di essere un faro – o forse sarebbe meglio dire una torcia elettrica – che illumina gli angoli più bui della nostra produzione fumettistica. E noi, appassionati di graphic novel, non possiamo che ringraziare per questo coraggio editoriale.
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