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L’elefantino a Piazza della Minerva

Ci vuole una mente robusta per sostenere una solida intelligenza.” Così rispondeva Papa Alessandro VII a chi domandava quale fosse il significato dell’elefante che sorregge l’obelisco in Piazza della Minerva, a Roma. Le parole del pontefice rivelano non solo l’ironia sottile, ma anche una verità profonda: la saggezza, per essere mantenuta e coltivata, necessita di una mente forte, capace di portare il peso della conoscenza, proprio come il piccolo elefante porta con sé l ‘obelisco.

Piazza della Minerva è un luogo dove il tempo sembra essere stratificato, un microcosmo romano in cui antiche divinità e simboli cristiani si sovrappongono in un equilibrio precario, reso perfetto dall’arte e dalla fede. Il nome della piazza affonda le radici nell’antico “Tempio di Minerva Chalcidica”, costruito dall’imperatore Domiziano nel cuore della Roma imperiale, all’interno dei “Saepta Iulia”. Di questo tempio oggi resta solo il ricordo, inciso nei frammenti marmorei della pianta severiana. Ma è proprio questo incontro tra memoria e pietra che fa di Piazza della Minerva un luogo dove le epoche si fondono e si annodano in un intreccio indissolubile.

Domina la piazza la Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, un edificio sacro che racchiude in sé secoli di arte, storia e devozione. La tradizione vuole che questa chiesa esistesse già al tempo di Papa Zaccaria, tra il 741 e il 752, quando venne concessa alle suore basiliane provenienti da Costantinopoli. Nel corso dei secoli, però, l’edificio originario, di modeste dimensioni, lasciò il posto a una chiesa più grande, realizzata nel 1280, quando i Domenicani subentrarono alle suore.

L’interno di Santa Maria sopra Minerva è un capolavoro di architettura gotica e rinascimentale. Le sue tre navate, separate da imponenti pilastri, conducono il visitatore verso un transetto che si apre su una cappella e un coro ricchi di opere d’arte. Qui si erge la “Cristo risorto” di Michelangelo, una scultura che, sebbene segnata da una venatura nera, conserva intatta la potenza espressiva dell’artista fiorentino. L’opera venne completata nel 1521 e, originariamente, il Cristo appariva completamente nudo, simbolo di purezza e genuinità. Tuttavia, in seguito al Concilio di Trento, venne aggiunto un panneggio dorato, che ancora oggi avvolge il corpo del Salvatore.

Ma non è solo Michelangelo a lasciare il segno in questa chiesa. Antonio da Sangallo e Gian Lorenzo Bernini hanno arricchito l’edificio con opere che celebrano il fasto della Roma rinascimentale e barocca. La tomba di fra Giovanni da Fiesole, noto come il Beato Angelico, si trova proprio qui, insieme a quella di Andrea Bregno, e alla celebre scultura funebre di Suor Maria Raggi, opera del Bernini. Quest’ultimo capolavoro, con il suo drappo funebre mosso dal vento, sembra dare vita eterna a chi riposa al suo interno, come se la pietra stessa potesse farsi carne.

Nel cuore di questa chiesa riposa anche una delle figure più venerate della cristianità: Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia. La sua tomba si trova sotto l’altare maggiore, una semplice statua giacente, opera dello scultore Isaia da Pisa, che custodisce il corpo della santa. Nonostante Caterina sia morta nel 1380 in una casa vicina a Piazza San Chiara, il suo spirito aleggia tra le mura di Santa Maria sopra Minerva, come testimone di un tempo in cui fede e politica si intrecciavano in modi complessi e spesso drammatici.

Non è solo la chiesa, però, a raccontare storie di Roma. Proprio al centro della piazza sorge il famoso obelisco della Minerva, alto 5,47 metri, originariamente eretto dal faraone Aprie in Egitto. Trasportato a Roma per adornare l’Iseo Campense, fu riscoperto secoli dopo dai Domenicani e innalzato nuovamente nella piazza grazie all’ingegno di Gian Lorenzo Bernini, che ideò l’elefantentino come simbolo di forza e saggezza. L’elefante, scolpito da Ercole Ferrata, divenne ben presto oggetto di schermo per la sua buffa e sproporzionata figura, tanto che venne soprannominato “porcino”, un piccolo maialino. Col tempo, però, il soprannome divenne più gentile, trasformandosi in “pulcino”, e oggi il monumento è noto come il “Pulcino della Minerva“.

Piazza della Minerva, con il suo obelisco e la sua chiesa, è un luogo dove passato e presente si fondono, dove il peso della storia si solleva leggero sulle spalle di un piccolo elefante, come a ricordare che la grandezza, così come l’intelligenza , può essere sostenuto solo da chi ha il cuore e la mente abbastanza forti per farlo. E così, in questo angolo di Roma, tra le antiche divinità pagane ei santi cristiani, il tempo continua a scorrere, lasciando che le pietre raccontino la loro eterna storia di forza e saggezza.

Foto di copertina di Lalupa

Redazione

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