Il suo coltello scavando, quasi con grazia, nel corpo putrido e fatiscente delle sue vittime porta alla luce anche le interiora di un’epoca, moralista e puritana, come fu quella Vittoriana. A farci scorrere le pagine di questo libro, al di là dell’analisi sociologica, c’è la lucida follia di Lyttleton Stewart Forbes Winslow, un medico psichiatra che incarna, secondo Farjeon, il misterioso volto dell’assassino di Whitechapel, c’è il suo vissuto psicologico, la sua tranquilla e cosciente cronistoria di ogni singolo delitto e c’è l’efficace affresco narrativo e socio-culturale dei sobborghi Londinesi; gli stessi dove già amava immergersi Dorian Gray (link) , dove si aggirava il losco Mr Hyde (link) , alterego di Jekyll o dove Wakefield (link) si perdeva tra la folla. Finita l’ultima riga si rimane prigionieri di un’indefinita inquietudine, come se il sipario si chiudesse prima dell’ultimo atto. Sarà perché il nostro autore è anche un attore teatrale o perché, se l’identità di Jack the Ripper continua a sfuggirci, potrebbe infondo voler dire che non ha mai smesso di uccidere? Jack è tra noi, o peggio dentro ognuno di noi.
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