I più bei GdR multimediali di oggi discendono da costruzioni molto più semplici. L’ossatura dei “primitivi” GdR nati decenni fa era un insieme non troppo ingombrante di regole che stabilivano limiti e confini. Cosa più importante, disegnavano vie da percorrere, strumenti ed abilità più o meno magici. Si dava una necessaria, quantitativa dimensione a muri da scalare e temuti sotterranei da esplorare, ed una misura oggettiva e comparabile della forza di mostri, spade ed incantesimi. Dietro a un GdR di qualità non ci sono soltanto le suggestioni culturali e artistiche di un buon comparto grafico, o le avvincenti svolte, le scelte ardue e il vivido panorama di voci e di volti offerti da una buona storia, ma anche una solida spina dorsale numerica: una struttura portante che in ambiente PC o console è normalmente nascosta dietro le quinte. I giocatori più a proprio agio col mondo dei numeri hanno sondato e continuano avidamente a sondare sistemi portanti come questo, alla ricerca del modello di eroe più perfezionato e potente. In una curiosa, apparente contraddizione, i numeri costruiscono la struttura “fisica” e quantificabile di mondi di fantasia.
Venendo al nostro titolo di oggi, immagino che si prenda presto confidenza col concetto di “colpo critico”: nel mezzo di un combattimento il giocatore mette a segno un colpo che scatena una forza inattesa (danno doppio o magari triplo). Non è raro che il critico regali al mostro di turno una fine sorprendentemente rapida, repentina e sanguinosa. L’abitudine da parte dei Master è di dare enfasi a eventi come questo, che non mancano di aggiungere imprevedibilità ed emozioni allo scontro. In campo videoludico, il colpo critico è spesso evidenziato e sottolineato da mezzi grafici o sonori: numeri colorati, animati, punti esclamativi e magari un urlo di sorpresa e dolore da parte del malcapitato mostro. Il successo spettacolare di solito si celebra, almeno sul momento, come una nuova impresa del nostro eroe preferito, a dimostrazione di prodigiosa forza, abilità e magari intelligenza.
Se da un lato esistono i successi spettacolari, un sistema che dipende in buona parte dalla casualità dei dadi non è certo avido di spettacolari fallimenti, che poco si addicono a eroi dalle aspirazioni “epiche”, e hanno una buona probabilità di generare delusione o frustrazione, oppure una vagonata di risate (che non è una brutta cosa quando si ride tutti quanti, e sinceramente). La casualità, in fondo, fa parte della vita reale. I Master più abili spesso giustificano un risultato particolarmente deludente ai dadi con l’intervento, nel mondo di gioco, di uno o più imprevisti: un forte bagliore, un colpo di vento, un attimo di distrazione, di spavento… Occasionalmente però potrebbero esserci serie, irreversibili e micidiali conseguenze per uno degli avventurieri o forse per l’intero gruppo, casomai dovesse scatenarsi un effetto domino. La caduta imprevista di un elemento essenziale nel pieno della battaglia potrebbe significare l’inizio della fine per l’intera comitiva di temerari.
Il critico di norma è scatenato da un risultato molto alto ai dadi: 19-20, o magari solo 20 su un dado da 20. I risultati “sbalorditivi” del suo manifestarsi sono in un certo senso la punta dell’iceberg, in quanto la casualità espressa dai dadi è uno dei cardini del GdR. Può trattarsi di ottenere un tiro sufficientemente alto anche solo per colpire il mostro, per superare una data prova, o persino per determinare di quante caselle ci si muove. In diversi casi l’eroe può non solo infliggere colpi critici, ma anche subirli. Più spesso capiterà di mancare clamorosamente il nemico, proprio quando era più importante andare a segno. Colpo di fortuna, o di sfortuna? Successo o fallimento? Anche se ci si congratula con l’autore di un “critico” spettacolare, si ride dopo che è scivolato su una buccia di banana, o si piange sul fallimento di una prova vitale, non si dovrebbe accusare qualcuno solo per un cattivo tiro con i dadi.
Il confine tra pura casualità e abilità, tra semplice caso e responsabilità, è qualcosa di curiosamente “sfocato” e poroso, in particolare quando un evento rilevante scatena un fiotto di emozioni, perché anche e forse soprattutto di emozioni stiamo parlando. Per molto tempo la semplice “generazione di numeri casuali” è servita per astrarre i prodotti di abilità umane (oppure elfiche, naniche, aliene…) complesse da modellare. Riuscirà l’acrobata a scalare le mura del castello onde poi calare una corda per gli altri? Avrà successo il difficile negoziato tra il rappresentante del gruppo di avventurieri e un irritabile capo di Stato straniero…? Allora che senso ha attribuire merito o demerito al giocatore, se il dado ha agito per conto proprio? In effetti i numeri “generati” dal dado contribuiscono solo in parte all’esito finale.
L’abilità del giocatore interviene attraverso le sue decisioni, ed è su queste decisioni e le relative conseguenze (la causalità) che un buon gioco dovrebbe poggiare, per non ridursi al semplice, cieco azzardo. L’esperienza insegna che è importante saper distinguere tra quello che si può e quello che non si può controllare, e comprendere quanto controllo si può esercitare sui vari fattori in gioco, in modo da costruire una strategia vincente e saldare le proprie capacità con quelle dei compagni di squadra. Questa strategia permette ai giocatori di affermare il proprio controllo sugli eventi del mondo di gioco, in modo sempre crescente. In molti casi tale influenza si esprime attraverso uno e probabilmente più bonus imposti al grezzo tiro di dadi: valori numerici che si aggiungono al risultato del tiro e forniscono un affidabile aiuto nel superamento di una data prova. Il giocatore vorrà dotarsi di tutti i bonus che può procurarsi attraverso equipaggiamento, potenziamenti ed altre scelte di percorso e di specializzazione che determinano lo sviluppo e la crescita del suo personaggio.
La tipica “missione” da GdR carta & penna si può suddividere in diverse parti: ciascuna di esse presenta problemi, sfide od ostacoli che richiedono di essere risolti, generalmente in sequenza. I giocatori decidono come procedere in modo da massimizzare le possibilità di riuscita, e divertirsi allo stesso tempo. Forse gli avventurieri (se la vedono come via percorribile) preferiscono completare la missione servendosi soltanto della propria astuzia, possibilmente senza spargimento di sangue, per potersi poi congratulare a vicenda, dopo aver messo nel sacco un odioso nemico senza che si accorgesse di nulla. Un gruppo che invece sia più incline alla battaglia non si lascerà distrarre da nulla che possa farlo deviare dallo scontro armato – questa sembra essere la via privilegiata in molti GdR videoludici di oggi.
Tuttavia sono spesso lodati e apprezzati quei titoli che (rifacendosi alla tradizione carta & penna) offrono una certa varietà di gratificanti approcci alla risoluzione di un dato problema: porte sfondate a calci, inganno, diplomazia, astuzia… Il momento della scelta viene normalmente evidenziato, in modo che il giocatore rifletta sulle sue decisioni, sapendo che influiranno sul prosieguo delle vicende. Al contempo, col procedere del gioco si prende confidenza col sistema che metaforizza l’ampia gamma di abilità a disposizione dei personaggi. Queste abilità, sia in combattimento che fuori, forniscono opzioni ed alternative ed arricchiscono l’esperienza in quanto danno al giocatore molti modi diversi di influenzare il mondo di gioco, di caratterizzare il personaggio e di scrivere una storia che sia più “sua”. La semplice casualità viene aiutata e sostenuta in modo sostanziale dalla causalità, imposta da scelte più o meno consapevoli.
Per avere le maggiori possibilità di successo occorre costruire un personaggio capace, abile ed efficiente: le scelte iniziano qui. Tutta l’avventura è plasmata e orientata dalle decisioni e dal gusto dei giocatori e della loro guida, il Master. Ogni specialista che si possiede privilegia il proprio approccio: il meccanismo funziona davvero al meglio quando ogni singolo giocatore offre il proprio specifico contributo, partecipando e “scrivendo” la propria parte per il prosieguo dell’avventura. Nei casi migliori, sono proprio queste personali soluzioni (o gli eventuali incidenti…) a risultare indimenticabili per il gruppo.
Il GdR su PC/console, in quanto discendente di quello cartaceo, dal punto di vista della sua spina dorsale numerica si basa su principi simili. Tuttavia, visto che la parte più gravosa della contabilità passa nelle abilissime mani della CPU, il modello può essere molto più complesso di quello introdotto decenni or sono da Dungeons & Dragons e raffinato da successori, concorrenti e “parenti”. Su PC e console, la presenza di interfacce come mouse e tastiera, oppure controller/game pad, permette di associare il successo nelle varie prove del gioco alla destrezza che il giocatore possiede con l’interfaccia, garantendo coinvolgimento e soddisfazione potenzialmente superiori. Tuttavia il GdR propriamente detto non è fatto di semplice azione, ma include spesso molteplici approcci ed una componente strategica-gestionale all’interno della quale il giocatore compie le scelte che gli permetteranno di compensare e magari di approfittare di imprevisti e casualità. Oppure semplicemente gli conferiscono il potere di superare (o schiacciare) agevolmente ostacoli sempre più grandi. I punti di contatto tra GdR, azione e strategia sono molteplici, perché i generi sono confinanti e apprendono l’uno dall’altro.
Anche con tutte le meccaniche dirette a favorire l’abilità, è raro che la casualità sia del tutto ininfluente, in ambito GdR. Oltre al fattore emotivo della sorpresa, il critico può rappresentare il balzo in avanti che ci vuole nei progressi del personaggio e della sua storia. La parola chiave in molti sensi è proprio progresso, perché l’esperienza di gioco e il susseguirsi di missioni ed avventure per molti giocatori è un viaggio che porterà il personaggio verso una forma di crescita e di realizzazione. Salire di livello (leveling) è un procedimento caratteristico di tutti i GdR, ma viene veramente da chiedersi in quanti modi la fantasiosa “realizzazione” che ho appena menzionato sia legata ai numeri, o al quantitativo accumulo di potere, sotto forma di ricchezze ed oggetti magici o super-tecnologici per il personaggio.
Eccoci quindi arrivati ad uno dei momenti cruciali in cui il “critico” torna a pesare: quello in cui si determinano i contenuti di un baule pieno di tesori. Questo è uno dei momenti in assoluto più delicati, in particolare in quei GdR che si basano espressamente su questa dinamica. Sconfiggere mostri e nemici e superare prove sempre più difficili ha precise finalità che contribuiscono a divertimento e soddisfazione: dimostrare la propria abilità, vivere l’avventura, portare avanti la storia, e per l’appunto far progredire il personaggio attraverso l’accumulo di esperienza e preziosi, potenti oggetti. Quanto si desideri puntare su ciascuna di queste “direttive” è una scelta che spetta al Master carta & penna, o allo sviluppatore di videogiochi. Tornando allo scrigno del tesoro, se le tappe del leveling (e relativi benefici) sono fisse, in quanto si raggiungono con un preciso numero di punti esperienza, in molti casi lo stesso non si può dire per la tanto ambita ricchezza materiale. Qui torna in gioco la casualità in quanto, fin dai primi tempi del GdR carta e penna, il metodo tradizionale è stato lasciar decidere ai dadi cosa effettivamente contenga lo scrigno, basandosi sulle amate e odiate “tabelle del bottino” (loot tables).
Il colpo critico torna in gioco perché gli oggetti più preziosi ed ambiti sono spesso anche i più difficili da ottenere, e in una grande tabella con decine di voci, hanno una probabilità bassa di comparire: per esempio 5-10%, ovvero 1 o 2 su 20. La stessa probabilità che si ha di infliggere un critico a un certo mostro, senza bonus e modificatori di alcun tipo. Il problema risiede nel fatto che molti sistemi di gioco (salvo interventi da parte del Master) non conferiscono alcun bonus quando si tratta di “estrarre” le ricompense giuste. I GdR su PC e console hanno in gran parte ereditato questi criteri dal passato. In molti titoli contemporanei che si basano sull’accumulo di bottino, come Borderlands 2, Diablo 3 e Tom Clancy’s The Division, i giocatori, al momento di scoprire i fatidici drop (i tesori che un mostro sconfitto, o il suo scrigno, lasciano cadere al suolo) si affidano completamente o quasi al caso.
Trovare oggetti buoni ed utili può essere facile e gratificante al principio, poi diventa progressivamente più difficile, un po’ come poteva esserlo una volta avere la figurina mancante per completare una pagina dell’album. L’unico modo per aumentare le possibilità di ottenere buoni oggetti è aprire sempre più scrigni, cercando di tenere a mente il fatto che il giocatore spesso non ha alcuna influenza sull’estrazione in sé. Diablo 3, prima dell’uscita dell’espansione Reaper of Souls ha ricevuto un massiccio update che ha per l’appunto rivoluzionato il sistema di assegnazione dei tesori, considerato il maggiore punto debole del gioco. “Droppare” l’oggetto o gli oggetti desiderati in tanti MMORPG e simili finisce per essere l’incentivo principale, il fattore che maggiormente contribuisce a mantenere l’interesse del giocatore e, pericolosamente, l’unica vera fonte di progresso e realizzazione. La domanda da farsi è per quanto questo meccanismo basato su estrazioni inappellabili possa continuare a (in)soddisfare. Ciascuno di noi possiede la sua personale risposta, il suo personale gusto, ma ci sono circostanze in cui una bella storia, un bel film, un bel libro, possono dare la soddisfazione garantita che si era tristemente persa di vista.
Nei GdR cartacei il Master era spesso invitato, anche dal manuale, ad intervenire per mantenere l’equilibrio e la soddisfazione materiale all’interno del suo gruppetto di coraggiosi: il modo più classico è elargire ricompense in monete d’oro, poi spendibili per acquistare o costruire a propria scelta ciò di cui ognuno abbia bisogno. In presenza di risorse limitate, la scelta potrà essere difficile, ma comunque affidata al giocatore.
In campo videoludico, lasciare le chiavi nelle mani di un caso più o meno favorevole è stato svelato come un modo abbastanza poco elegante di diluire i contenuti, e costringere i propri giocatori ad elargire ore di tempo in cambio di progressi sempre inferiori. Come sempre si tratta di stabilire un equilibrio: gli sviluppatori non vogliono che i giocatori ottengano “subito” tutto quello che desiderano, ma che debbano impegnarsi per averlo. Tuttavia, come ai tempi del Master e dei suoi avventurieri, l’esperienza può proseguire soltanto se i loro gusti e le loro idee sono compatibili. Raggiunto un certo limite, è solo una questione di tempo prima che la corda si spezzi.
All’interno di questo discorso ci erano sfuggite delle domande essenziali: “Il gioco mi diverte ancora? Vale ancora la pena di spenderci tempo? Sento ancora quel ‘qualcosa’ di eroico?” Col moltiplicarsi potenzialmente incontrollato dei mostri da abbattere e degli scrigni da aprire, l’affievolirsi della trama e l’insorgere della noia nei confronti del combattimento, l’esperienza non rischierà di trasformarsi in un ciclo potenzialmente infinito, stagnante e fine a se stesso?
Gli sviluppatori di giochi per PC e console gestiscono le proprie regole in modo da risultare più o meno generosi: il passaggio delle consegne dal Master in carne ed ossa ad un ambiente pre-programmato e automatizzato significa che i game designer non potranno intervenire caso per caso a consolare un giocatore frustrato, anche perché l’automazione “industriale” dei GdR e la distribuzione globale significa che ci saranno migliaia se non milioni di giocatori. Appare comunque chiaro che gli sviluppatori desiderano che un dato gioco rimanga in attività il più a lungo possibile, con una community numerosa ed appassionata. Quindi (si spera) saranno motivati a intervenire sul sistema, correggendolo affinché gli utenti rimangano soddisfatti.
Prendendo ad esempio un classico della contemporaneità, ricordiamo che nella grande maggioranza dei casi, la sorte sorride a James Bond, o meglio, James Bond impone la sua volontà alla sorte. Invece l’eccessiva dipendenza dalla forza incontrollabile del caso è dannosa e passivizzante: schiaccia quel controllo che il bravo giocatore dovrebbe poter imporre al mondo di gioco; lo trasforma in uno spettatore annoiato piuttosto che in un agente attivo e determinante. Oltre alla passività, anche la ripetitività demolisce il senso di sorpresa, freschezza e imprevedibilità che è necessario come l’aria. Bisogna rendersi capaci di capire quando l’esperienza sta sfiorendo, e reimpossessarsi della propria a capacità di scelta.
Una cosa è fare conto su una casualità influenzabile, consistentemente, dalle decisioni e dall’impegno del giocatore. Altro invece è essere costretti ad affidarsi al puro azzardo, o a qualcosa di molto simile. Chi gestisce i giochi, sia esso Master o game designer, cerca di bilanciare le varie esigenze, le nostre esigenze: quanta casualità vogliamo nel nostro gioco? Quanta ne possiamo accettare? Meraviglia e sorpresa sono da sempre buone alleate del sistema-GdR, ed affinché funzioni bene, affinché si possa continuare, il fattore casualità deve lavorare a favore della soddisfazione dei giocatori. Il “critico”, si tratti di infliggere un colpo fatale nel corso di uno scontro importante, o di imbroccare il drop che ci voleva, si dovrebbe vivere come un bonus, un gradito dono al giocatore, piuttosto che qualcosa di continuamente atteso, magari con noia nascosta, e che viene maledetto ogni volta che manca di materializzarsi. Con il loro verificarsi o col loro assenteismo gli eventi memorabili, nel bene o nel male, tracciano un segno nell’esperienza del giocatore, e contribuiscono ad insegnargli cosa davvero vuole da questo genere d’intrattenimento. Ancora una volta, penso, sarà meglio puntare sulla scelta del giocatore e sulla sua abilità nel generare simili eventi, più che sulla cieca fortuna ai dadi.
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