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Kurt Cobain: Quando ero un alieno – il fumetto che racconta il ragazzo dietro la leggenda dei Nirvana

🚨 Breaking News per tutti i puristi del Grunge e gli appassionati di storie vere! 🚨 A distanza di oltre un decennio dalla sua prima uscita, una delle graphic novel più intense e rispettose dedicate a una delle icone più controverse della musica torna nelle nostre mani. Parliamo di “Kurt Cobain – Quando ero un alieno”, l’opera di Danilo Deninotti e Toni Bruno, che Feltrinelli Comics ha deciso di riportare in libreria per farci intraprendere un viaggio intimo, delicato e sorprendentemente nerd nell’infanzia e adolescenza del frontman dei Nirvana. Dimenticate il mito maledetto, il sensazionalismo e il gossip tossico: qui si esplora il ragazzo, l’alieno che ha inventato la colonna sonora di intere generazioni.


Aberdeen: La Culla di un Escluso (o di un Extraterrestre?)

Deninotti e Bruno compiono una scelta narrativa coraggiosa e mirata: bypassare l’apice della fama e il baratro finale, concentrandosi sul periodo formativo di Kurt Cobain. Non si parte dalla copertina di Nevermind, ma dalla grigia e piovosa provincia americana del Nord-Ovest, da Aberdeen. È qui che si sviluppa il nucleo di un’inquietudine che diventerà arte.

Il piccolo Kurt è un bambino sensibile, talentuoso, ma soprattutto estraneo. Quell’innato senso di solitudine e l’incapacità di adattarsi all’ambiente circostante si cristallizzano in una convinzione quasi mitologica: non appartiene a questo pianeta. È convinto di essere sceso da un’astronave e che i suoi simili extraterrestri sarebbero tornati un giorno per salvarlo dalla mediocrità e dal conflitto di una famiglia che si stava sgretolando.

Questa metafora dell’alieno non è un semplice vezzo biografico, ma la lente attraverso cui la graphic novel ci invita a leggere l’intera esistenza del futuro artista: un paesaggio emotivo fatto di distacco, poesia e, inesorabilmente, distanza dagli altri.


La Poetica dell’Alienazione Visualizzata

Il vero colpo di genio di quest’opera risiede nella sua capacità di visualizzare il concetto di alienazione. Deninotti e Bruno non si limitano a raccontare l’emozione, la rendono tangibile, quasi un bug grafico nella realtà percepita dal protagonista. Nel mondo visto attraverso gli occhi di Kurt, gli altri—la società, la famiglia—assumono spesso i tratti di figure aliene e distorte. Questo espediente grafico non è solo stilistico, ma è una potente metafora che ci cala nella percezione di un ragazzo che vedeva l’intera umanità come un paesaggio straniero e incomprensibile.

È in questo vuoto, però, che l’alieno comincia a trovare la sua “specie”. L’estraneità iniziale non porta alla totale reclusione, ma alla ricerca spasmodica di un linguaggio alternativo: la musica. L’unica forma di comunicazione possibile per un’anima fuori frequenza. È qui, tra altri ragazzi incasinati ed esclusi, avvolti nelle loro maglie larghe e T-shirt da band, che Kurt trova i suoi simili, i suoi fratelli di astronave—esseri fragili e arrabbiati come lui, uniti da una vitalità abbagliante e destinati a fondare una band che avrebbe rivoluzionato la storia.

I disegni di Toni Bruno sono l’anima visiva di questa malinconia. Le sue linee morbide e il suo stile oscillano abilmente tra il realismo dimesso della provincia americana e il sogno di un ragazzo convinto di aspettare il salvataggio cosmico.


Un Inno alla Formazione, Non un Epitaffio

Ciò che rende “Quando ero un alieno” un’opera essenziale per il lettore nerd e attento è la sua decisa presa di posizione: è un racconto di formazione, non una tragedia. L’opera si ferma un attimo prima che la fama diventi il mostro che inghiotte il suo creatore, lasciando fuori campo il finale che tutti conosciamo. Non c’è spazio per morbosità, nessuna celebrazione del “mito maledetto” o della morte prematura. Al contrario, la sceneggiatura compie una vera e propria operazione di pulizia, spazzando via anni di culto tossico per restituirci un alieno estremamente umano, capace di incanalare il proprio dolore in pura arte.

La ristampa targata Feltrinelli Comics arriva in un momento in cui l’inquietudine e il senso di spaesamento sembrano risuonare ancora più forte nelle nuove generazioni. È un fumetto universale che parla non solo ai fan dei Nirvana che hanno vissuto quegli anni, ma a chiunque, indipendentemente dall’età, si sia sentito almeno una volta “fuori frequenza”.

Chiudendo l’albo, si prova un vuoto, una strana sensazione di nostalgia luminosa. Il lettore sa come va a finire la storia, eppure si rende conto che il finale è la cosa meno importante. Quello che conta è il percorso, è rivivere ogni pagina e ogni accordo di quel ragazzo che, partendo dal sentirsi un alieno, è riuscito a parlare, gridare e sussurrare al mondo intero. In un mondo di supereroi e giganti, Deninotti e Bruno ci ricordano che il vero potere sta nell’accettare l’umanissima solitudine dell’alieno.

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