Katsushika Hokusai, nato nel 1760, è senza dubbio uno degli artisti giapponesi che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte, influenzando profondamente la scena artistica occidentale moderna. La sua opera più celebre, “La Grande Onda presso la costa di Kanagawa”, realizzata nel 1839, è divenuta un simbolo universale, conosciuta ben oltre i confini del Giappone. La potente immagine di una gigantesca onda che si alza minacciosa sopra piccole imbarcazioni, con il Monte Fuji in lontananza, è ormai onnipresente: dai musei di tutto il mondo al merchandise, passando per la musica e persino la street art. Se la Monna Lisa è il volto dell’arte occidentale, “La Grande Onda” è la sua controparte giapponese, una delle immagini più riprodotte e reinterpretate della storia.
Quest’opera è solo una delle tante che Hokusai ha creato nel corso della sua carriera. La silografia, pur nelle sue dimensioni contenute (26×37 cm), è diventata emblema non solo del Giappone, ma anche di un intero modo di concepire l’arte e la natura. Realizzata tra il 1830 e il 1834 come parte della serie “Trentasei vedute del Monte Fuji”, essa rappresenta l’incontro tra l’umano e la natura, incarnato dall’onda che quasi travolge le piccole barchette dei pescatori. Sullo sfondo, in un delicato contrasto, si erge il Monte Fuji, simbolo della spiritualità giapponese e di un equilibrio tra divinità, umanità e natura.
La scelta di Hokusai di utilizzare il Blu di Prussia, un pigmento importato dall’Europa, arricchisce ulteriormente l’opera, creando una fusione tra due mondi, quello giapponese e quello occidentale. La grande onda non è un nemico da sconfiggere, ma una forza naturale da venerare, in una visione che unisce la filosofia giapponese dell’armonia e del rispetto per la natura, con l’approccio occidentale che cerca di rappresentare l’infinito e l’eroismo attraverso la pittura. Questo concetto di coesistenza tra divino e terreno riecheggia nei lavori di artisti europei come Piero della Francesca e Leonardo da Vinci, per arrivare fino a Van Gogh e Camille Claudel.
Hokusai, che ha vissuto gran parte della sua vita a Edo (oggi Tokyo), ha avuto un percorso segnato da successi e difficoltà. La sua carriera è iniziata con lo stile Ukiyo-e, che celebra la cultura popolare del Giappone, fatta di cortigiani, attori kabuki e poeti. Ma è stato con la sua attenzione alla natura e, in particolare, al Monte Fuji, che Hokusai ha raggiunto il massimo della sua espressione artistica. Il vulcano non è solo il soggetto dei suoi dipinti, ma un simbolo sacro di longevità e immortalità, tanto che lo stesso Hokusai ha trascorso la sua vita cercando la perfezione, nella speranza che l’avrebbe raggiunta alla veneranda età di 110 anni.
Nonostante una vita segnata da tragedie personali – dalla morte della moglie, a un ictus, passando per le difficoltà economiche e la morte di suo nipote, Hokusai ha continuato a lavorare instancabilmente fino alla fine. La sua ultima opera dedicata al Monte Fuji, un drago che emerge da una nuvola scura sopra la montagna, è un simbolo di speranza nell’immortalità, speranza che si è realizzata con la sua fama eterna. Oggi, dopo secoli, Hokusai è venerato come uno dei più grandi artisti della storia, ammirato da impressionisti e pittori di tutto il mondo, e rimane una fonte inesauribile di ispirazione per l’arte contemporanea.











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