Nel cuore pulsante della Swingin’ London degli anni Sessanta, quando l’underground inglese vibrava al ritmo della psichedelia e l’arte si fondeva con la musica in un turbine di esperienze sensoriali, un giovane pittore dai capelli arruffati e dallo sguardo perso, Roger Keith “Syd” Barrett, accendeva una scintilla che avrebbe cambiato per sempre il volto del rock. Quella scintilla, che inizialmente brillava come una supernova, era destinata a spegnersi troppo presto, lasciando dietro di sé un alone di leggenda, mistero e malinconia. Oggi, a raccontare questa parabola luminosa e tragica, arriva un’opera imperdibile: Jugband Blues, un graphic novel orizzontale, cartonato, visionario e struggente, interamente dedicato al fondatore e primo leader dei Pink Floyd.
Pubblicato con la prefazione di Nino Gatti e un’introduzione di David Hine, Jugband Blues è molto più di un fumetto: è un viaggio nel cuore di un’epoca e nella mente di un uomo che ha incarnato, nel bene e nel male, lo spirito del tempo. Attraverso tavole illustrate che alternano ordine narrativo e caos visivo, proprio come la mente di Syd, il lettore viene trascinato nel vortice psichedelico che ha plasmato l’identità dei Pink Floyd — e, al contempo, distrutto il loro visionario fondatore.
Il titolo dell’opera non è casuale. Jugband Blues è l’ultimo brano scritto e registrato da Syd Barrett con i Pink Floyd, contenuto nel secondo album della band, A Saucerful of Secrets, pubblicato nel 1968. È una canzone che i fan più attenti e sensibili hanno sempre considerato come il suo struggente addio, una sorta di epitaffio sonoro con cui salutava il gruppo che aveva contribuito a fondare. Non a caso, mentre il resto della band stava prendendo una direzione più strutturata e “spaziale”, Syd sembrava ormai incapace di partecipare con lucidità alle registrazioni. Alienato, confuso, sempre più assente, durante le prove si racconta che si sedesse vicino all’amplificatore, scordasse le corde della chitarra fino a renderla inascoltabile, e rimanesse immobile, suonando una sola nota per l’intera durata del concerto. Era l’inizio della fine.
Il graphic novel racconta con rispetto e poesia questa lenta dissolvenza. Si parte da quando Syd, giovane e promettente studente d’arte, vaga tra i prati dell’Inghilterra postbellica, con in testa idee, visioni e sogni che ancora non hanno trovato forma. Poi la svolta: l’incontro con la musica, la fondazione della band — inizialmente chiamata The Pink Floyd Sound — e il fulmineo successo nella scena underground. Barrett diventa subito l’epicentro della creatività psichedelica, una sorta di sciamano pop capace di incanalare suoni, colori e emozioni in qualcosa di nuovo, magico e spiazzante. C’è sempre qualcuno che lo cerca, qualcuno che lo segue, qualcuno che lo desidera. Ma quel fuoco, tanto potente quanto fragile, si consuma rapidamente.
Il volume segue fedelmente le tappe di questo declino: l’uso sempre più frequente di droghe psichedeliche, in particolare LSD, l’incapacità di gestire la fama e la pressione, i comportamenti sempre più erratici. Fino all’inevitabile estromissione dalla band che aveva contribuito a fondare. Da quel momento, la figura di Syd si eclissa lentamente, trasformandosi in un fantasma vivo, una leggenda malinconica che continuerà a vivere nelle canzoni dei suoi ex compagni. Basta ascoltare Wish You Were Here per sentire l’eco del suo spirito e della sua assenza.
Jugband Blues è una lettera d’amore illustrata al genio perduto di Syd Barrett, un tributo visivo alla sua breve ma folgorante carriera, e al tempo stesso una riflessione profonda sui pericoli della genialità non protetta. È un’opera che tocca corde profonde non solo nei fan più irriducibili dei Pink Floyd, ma anche in chiunque ami le storie di anime fragili, di arte e follia, di ascese e cadute.
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