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Jiro Taniguchi e Morvan: Mon Annè. Un’intervista in italiano (traduzione)

Qualche mese fà il noto autore nipponico Jiro Taniguchi in occasione della presentazione di un suo  nuovo albo per l’Editore francese Dargaud ha rilasciato una interessante intervista a una rivista elettronica francese,intervista segnalata da Fumetti.org. La nuova opera,intitolata Mon Annè,  era per Jiro Taniguchi il suo primo albo pubblicato direttamente per un editore europeo creandolo in cooperazione con un autore europeo,la sceneggiatura dell’opera è stata realizzata da  Jean David Morvan, autore di Silloge, che vive fra Europa e Giappone.  L’opera,che si sviluppera in in quattro anni in quattro volumi,il primo dei quali presentato all’ultima edizione di Angouleme,si intitola Printemps, è un felice connubio del genio nipponico e dell’arte europea,su temi eterni e complessi. La protagonista è Capucine una ragazzina affetta da sindrome Trisonomica e la sua famiglia.L’albo parla di un anno della vita di Capucine,un anno iniziato con il rifiuto della scuola di accoglierla alla terza elementare,un rifiuto che costringe la sua famiglia,a fare i conti con la realtà dei problemi sollevati dalla malattia della bambina,con i propri problemi.

Originariamente l’intervista in francese è stata raccolta dal giornalista Vincent Degrez presentata da Af news,di Gianfranco Goria,purtroppo ho avuto problemi con link di Af News,che non è ben indirizzato,per alcune modifiche avvenute successivamente nel sito di Af News questo me ne scuso,vivamente con Af news.

 L’intervista

Mon Année per voi è davvero una “Prima Volta”. Lavorate per la prima volta direttamente per un editore belga, con uno sceneggiatore francese, usando direttamente i colori. È particolarmente interessante per voi?

È stato un sogno. Io conosco la B.D. da trent’anni e mi è stato offerto un modo per entrarvi trent’anni dopo averla scoperta.

Qual è, secondo voi, la differenza maggiore fra lavorare per un editore francese e lavorare per un editore nipponico, cosa avete sviluppato con Dargaud?

La grande differenza è l’assenza di un tantosha (un incaricato, l’editore responsabile). Jean David Morvan e io abbiamo sviluppato la storia, ci siamo accordati sulla sceneggiatura, etc.
L’editore non è intervenuto sull’elemento creativo.

Il contrario rispetto al Giappone, dove la discussione si realizza con l’editore. Essendo abituato al sistema nipponico, trovo la situazione davvero migliorata.

Avete consapevolezza di star gettando, attraverso Mon Année, una sorta di ponte fra Europa e Giappone?

Non pensavo prendesse questa rotta. La mia opera descrive molte sensazioni condivise dalla maggior parte degli individui, e questo, naturalmente, gli da un senso e un tono molto universale.

Come vi siete ripartiti il lavoro con Jean-David Morvan?

La storia e la sceneggiatura sono di sua competenza, sono nati attraverso una serie di brevi scambi di messaggi.
Io mi sono occupato del disegno sulla base di una larga documentazione ricevuta dalla Francia.

È stato facile per un giapponese disegnare, descrivere la Francia?

Ho fatto molte domande sugli usi e i costumi francesi, come si apparecchia una tavola in Francia, ad esempio, come ci si saluta.
Per i sentimenti, però, ho lavorato al mio solito, con il rischio di commettere qualche errore in relazione allo stile di vita.

Jean David Morvan si è adattato allo stile di Taniguchi?

Sì. Sì, ha fatto un ottimo lavoro. Se guardate le altre sue opere, l’adattamento è evidente.

Il personaggio principale del romanzo è una ragazza, Capucine, una giovane handicappata mentalmente.

Esiste una differenza fra come sono considerati gli handicap mentali in Europa e in Giappone?

Il sostegno sociale degli handicappati in Giappone è minore, davvero svantaggiato rispetto a quello presente in Europa.
Spero si evolva verso una migliore accettazione e un maggior sostegno sociale. Restano i settarismi.
Anche per il Giappone, l’argomento dell’handicap è un argomento difficile, del quale pochi autori parlano. Quando Jean David Morvan mi ha esposto questa sua idea – una famiglia francese con un figlio minorato – mi ha detto come in Francia esistessero altri fumetti su questo argomento. Non in Giappone. È un soggetto davvero atipico in Giappone!

Capucine non era il personaggio che lei aveva immaginato? Una ragazzina dotata di “super percezioni” per le cose, illustrate in Mon Année con dei disegni da bambino.

Non avevo ancora affrontato, nelle mie opere, il tema delle persone molto ricche. Una problematica piuttosto interessante per me.
Ho utilizzato dei disegni per bambini per rendere le percezioni di Capucine, mi hanno impegnato molto. Ai miei occhi sono ancora troppo ben disegnate!

Le prime pagine di Mon Année sono molto silenziose. Quale ruolo gioca il silenzio nelle vostre opere?

È molto importante. In giapponese non diremmo silenzio ma… vuoto (“vide”). Un vuoto molto denso. Un termine usato nella danza, nella musica, nella pittura, nel cinema, nei fumetti, ecc.

Questo concetto rivela un amore per i segreti, qualcosa da scoprire, un segreto da rivelare.

Ai miei occhi significa non cercare le cose in atto, ma uno stato di disponibilità a lasciare che le cose si rivelano. E lo fanno… se necessario!

Douroudoudou, una sorta di fusione fra un Pikachu nipponico e un terribile cane, è l’amico immaginario di Capucine. Eppure, alla fine del primo volume, diventa un’inquietante figura notturna.

La dualita di questa inquietante amico è voluta?

È stato Jean David a suggerire il carattere di Douroudoudou.
Per la ragazza che disegna sulla sabbia, all’inizio del primo volume, Douroudoudou è un amico. Ma è una bambina che cresce: non è sempre “nero”, non sempre “chiara”, lei impara le sfumature…

Dopo Mon Année, quale sarà il suo prossimo progetto?

Attualmente sto adattando un romanzo giapponese, Hiromi Kawakami: Les Années douces , un feuilleton.
Per il 2010 credo che realizzero l’Uomo che cammina traspo
sto nel Periodo Edo, che si estende dal 1600 fino al tardo XVIII secolo.

 In aggiunta a questa intervista – questa è una mia fonte – anche lo sceneggiatore Jean David Morvan ha tenuto a spiegare sia le fonti di documentazione di Mon Annèe, sia alcuni elementi del rapporto con Jiro Taniguchi e sul modo in cui ha rappresentato Capucine.

Parlare di disabilità e della sindrome di Down non è comune, nei fumetti. Perché questa scelta? Cosa ti ha motivato?

Volevo trovare un soggetto che avesse in sé una forza potente, che suscitasse interesse. Avevo numerose testimonianze e documentazioni, inizialmente oscillavo fra creare una storia basata sui problemi dell’autismo e una intorno alla sindrome di Down.
Mi è sembrato che trattare i problemi della Sindrome di Down, della vita di un bambino, desse la possibilità migliore per poter parlare delle emozioni, della vita, delle relazioni, della sua famiglia. L’intera storia nasce dal fatto che il padre di questa bambina – una persona che pretende di ottenere sempre di più nella vita – si trova davanti un ostacolo insormontabile: il rifiuto assoluto della scuola di far frequentare a sua figlia il terzo anno delle scuole elementari.
Non è più vero che si può ottenere di più e sempre di più, quel che si vuole dalla vita.
Tutto questo sconvolgerà la sua vita, il suo matrimonio, la sua relazione con sua figlia.

Come ti sei documentato ?

Ci siamo recati presso un IME [Istituto Medico Pedagogico] nella città di Soissons.
Non ho incontrato le famiglie, non si voleva che si prendessero delle foto dei bambini, e io comprendo la cosa.
Ho diversi volumi sulla teoria psicomotoria, ma non vi sono immagini: il punto è che ne avevo bisogno per la preparazione dei disegni. Ho approfittato degli aneddoti della donna di Yves sulla loro bambina.
È un argomento molto sensibile ed è molto difficile prendere fotografie di bambini nelle scuole. Quando questi ultimi sono dei bambini trisonomici, ciò passa molto rapidamente per voyeurisme. Una volta che si vedrà la nostra opera ad Angouleme, forse le cose saranno un po’ più semplici.

Jiro Taniguchi ha disegnato la piccola Capucine senza mostrarne, fisicamente, l’handicap: perché questa scelta grafica?

È  questa la sua concezione di Capucine. Quando un bambino trisonomico compie un comportamento particolare, ma ha l’apparenza di bambino affetto da sindrome trisonomica, la “brava gente” è più tollerante. Questa ragazzina non ha l’aria di essere una ragazzina affetta da sindrome trisonomica.. .i genitori sono obbligati a spiegare i suoi problemi quando si comporta in un certo modo, per evitare che si pensi che è solo maleducata.
Pensavo accentuasse i disegni, invece non lo ha fatto. E sono venuti bene. Non so perché l’abbia fatto, in fondo, forse alcuni codici sono ben diversi fra noi e il Giappone.

Ci sono molti livelli di sviluppo nel bambino trisonomico. Avete avuto delle esitazioni a prendere come modello un bambino che possiede capacità superiori alla media, anche a costo che rappresenti una parte trascurabile delle persone colpite dalla sindrome?

Volevamo prendere in considerazione una bambina, da seguire per un intero anno. Quel che ci interessava era il momento in cui il padre prende coscienza della situazione della bambina. Da lui in fondo negata.
Quella fase di rottura in cui si passa dalla speranza che la situazione sarà diversa rispetto a quella che è, al momento in cui si rende conto che questa speranza è inutile.

L’arrivo all’IME sarà uno choc per lei perché dovrà confrontarsi con altri ragazzi e si sentirà superiore agli altri.. Si confronta con l’immagine che avevano la sua mamma e papà. Volevo che fosse una storia più realistica possibile.

Mon Année è una tranche de vie vera e propria, che permetterà al lettore di scoprire il mondo della disabilità, ma, soprattutto, di provare tante emozioni come in ogni storia di Jiro Taniguchi.

In aggiunta allo studio preparatorio sull’opera, una rarità recuperata durante le ricerche per la documentazione, grazie ad ActualBD, noto sito francese, l’editore ha messo a disposizione della rete le tavole delle prime pagine del nuovo albo di Jiro Taniguchi e di Jean David Morvan, in cui si vedono Capucine e i suoi genitori in una splendida giornata di fine estate. L’albo ha un formato di 240×315 con 64 pagine interamente a colori. Il primo volume, intitolato “Printemps”, è stato pubblicato a novembre 2009 dall’editore Francese Dargaud. In totale sono previsti quattro volumi, uno ogni anno.

 Mi scuso per la lunga attesa…

Domenico Vescio.

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