Ogni tanto, tra la corsa frenetica della vita quotidiana e la concretezza del mondo reale, capita di avvertire un sussurro, un fruscio leggero tra le foglie, come se qualcosa – o qualcuno – ci stesse osservando da un’altra dimensione. Se c’è un giorno dell’anno in cui è permesso credere davvero che quel sussurro venga da una creatura incantata, quel giorno è il 24 giugno: l’International Fairy Day, la giornata mondiale dedicata al popolo fatato.
Nel 2025, questa celebrazione cade di martedì, ma nulla vieta di fermarsi per qualche ora – magari in un giardino fiorito o in un angolo di bosco – per lasciarsi trasportare da quella magia antica che affonda le radici nelle leggende di tutto il mondo. In alcune comunità, come al Kariong Eco Garden, verranno organizzati eventi tematici tra le 14 e le 16, con attività a tema e persino visite speciali di Tinkerbell in persona. Ma questa giornata non è solo un’occasione per travestirsi o leggere una fiaba: è un vero e proprio omaggio alla dimensione dell’incanto, che continua ad affascinare grandi e piccini.
Le origini fatate: tra ninfe, Parche e leggende dimenticate
Parlare di fate significa entrare in un dedalo mitologico che attraversa secoli e confini culturali. Sebbene le più note provengano dalla tradizione europea, in particolare da quella italiana e francese, figure affini si incontrano anche nelle mitologie slave, nordiche e celtiche. L’etimologia della parola “fata” ci conduce alle Fatae, le antiche personificazioni del destino, affini alle Parche romane, e in parte alle ninfe greche, spiriti della natura che abitavano fiumi, foreste e montagne.
Nel folklore medievale, queste creature sono state rivestite di nuovi significati: diventano le incantatrici che popolano i racconti cavallereschi, avvolte in lunghi abiti dai colori cangianti e con l’immancabile hennin, il cappello a cono tipico delle dame d’alto lignaggio. È in questo periodo che comincia a farsi strada l’iconografia della bacchetta magica, un oggetto potentemente simbolico che troviamo già nei miti classici, nelle mani di Circe o di Ermes, ma che nelle fiabe moderne diventa l’emblema stesso della fata: colei che trasforma, che interviene sul destino.
Il lato oscuro della luce: tra angeli caduti e maledizioni divine
Curiosamente, la magia delle fate non è mai solo luce e allegria. C’è sempre, in fondo, un alone di mistero, a volte persino di inquietudine. Una leggenda islandese, successivamente reinterpretata dai missionari cristiani, racconta che Eva, intenta a lavare i suoi figli, fu colta di sorpresa da Dio e nascose quelli che ancora non aveva lavato. Alla domanda divina se tutti i suoi figli fossero presenti, Eva mentì. Per punizione, Dio decretò che i figli nascosti sarebbero rimasti tali per sempre, invisibili agli occhi degli uomini. Secondo questo mito, le fate sarebbero proprio questi figli dimenticati: spiriti celati alla vista del mondo, eternamente esclusi ma mai veramente assenti.
Un’altra credenza, diffusa nelle regioni influenzate dal pensiero celtico, racconta che le fate siano angeli caduti, troppo buoni per l’inferno ma non abbastanza puri per restare in Paradiso. Così, confinati sulla Terra, si sarebbero adattati all’ambiente in cui sono “atterrati”, diventando ninfe d’acqua, spiriti delle foreste, custodi dei venti e dei fuochi fatui.
Da Shakespeare a Disney: l’evoluzione delle fate nella cultura pop
L’immaginario collettivo moderno deve moltissimo alla letteratura e al teatro elisabettiano. Shakespeare, con la sua “Sogno di una notte di mezza estate”, ci offre una visione eterea ma anche impertinente del mondo delle fate, inserendole nel “piccolo popolo” o sidhe, gli spiriti celtici legati alla natura e al ciclo delle stagioni. Questi esseri, minuscoli e alati, trovano la loro consacrazione definitiva nelle fiabe del XVIII e XIX secolo e, successivamente, nell’iconografia Disney, dove diventano dolci, luminose e spesso munite di una scia di glitter.
E chi non ha pensato almeno una volta alla Fata Turchina di Pinocchio, con il suo abito blu che riflette il colore del mistero e del soprannaturale? O alle madrine fatate de La Bella Addormentata, capaci di influenzare il destino con un solo tocco di bacchetta? Le fate sono sempre state personaggi chiave nel grande racconto dell’infanzia, ma anche simboli potenti di trasformazione, desiderio e rivalsa. Perché in fondo, ogni fiaba è una battaglia tra il potere di cambiare e la paura dell’ignoto.
Oggi, tra cosplay e magia condivisa
Nell’era digitale, l’International Fairy Day è diventato anche un evento social, condiviso con foto di cosplay ispirati, disegni, video tutorial per creare ali luccicanti fai-da-te e piccoli rituali casalinghi per attirare la benevolenza del popolo fatato. Dai filtri di Instagram alle community su Reddit, l’incanto trova nuove strade per manifestarsi, dimostrando che l’immaginazione ha ancora un posto nel nostro quotidiano.
E allora perché non partecipare anche noi? Magari preparando un tè in giardino con una corona di fiori in testa, leggendo un libro sulle leggende celtiche o inventando una storia da raccontare a chi amiamo. Basta poco per riscoprire quella parte di noi che crede ancora negli incantesimi, nelle lucciole come messaggeri segreti e nei desideri sussurrati al vento.
Del resto, ogni tanto, fermarsi a credere in qualcosa di impossibile è il modo migliore per ricordare che dentro di noi abita ancora un po’ di quella magia.
E tu, credi nelle fate? Hai mai partecipato a un evento per l’International Fairy Day o magari ne hai organizzato uno tu stesso? Raccontacelo nei commenti e condividi questo articolo con tutti gli amici che hanno ancora polvere di fata nel cuore!
Aggiungi commento