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“Il Pianeta Selvaggio” torna al cinema: la meraviglia psichedelica di Laloux e Topor risplende in 4K

C’è un mondo dove gli umani sono piccoli come insetti e gli dei hanno la pelle blu. Un mondo che non appartiene al futuro, ma al sogno. Dal 3 novembre, grazie a CG Entertainment e Cat People Distribuzione, torna finalmente sul grande schermo Il pianeta selvaggio (La Planète sauvage), il capolavoro d’animazione e fantascienza firmato da René Laloux e Roland Topor, in una nuova versione restaurata in 4K che ne esalta ogni tratto, ogni ombra, ogni visione. Un viaggio nell’immaginario che, cinquant’anni dopo il suo debutto a Cannes, continua a parlare con voce profetica alla nostra epoca digitale.

Uscito nel 1973 e vincitore del Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes, Il pianeta selvaggio non è solo un film: è un’esperienza. Nato dall’incontro tra René Laloux, autore di Les Temps Morts e I Maestri del Tempo, e Roland Topor, artista surrealista, illustratore e cofondatore del movimento Panique insieme a Arrabal e Jodorowsky, il film è tratto dal romanzo di fantascienza Homo Domesticus di Stefan Wul. L’opera si muove fra filosofia, antropologia e poesia visiva, fondendo la fantascienza sociologica con l’arte più visionaria.

Nel pianeta Ygam, i giganteschi e meditativi Draag vivono immersi in una dimensione mentale e spirituale che sfiora l’ascetismo. I loro figli, invece, si divertono con gli Oms — piccoli esseri umani ridotti a giocattoli, addomesticati o schiacciati come insetti. Ma uno di loro, Terr, fugge portando con sé un dispositivo di conoscenza, una cuffia elettronica che gli permetterà di comprendere il linguaggio e il sapere dei suoi padroni. Da lì inizia una ribellione che è anche risveglio, un grido cosmico di libertà.


Una fiaba cosmica tra Dalí, Magritte e Jodorowsky

Il pianeta selvaggio è una sinfonia visiva costruita interamente a mano: collage, ritagli, dissolvenze e disegni a tratteggio incrociato che rendono ogni fotogramma una tavola d’autore. L’universo di Topor è inquieto e poetico, fatto di creature ibride e paesaggi onirici dove il reale si piega come un foglio di carta. È un film che si muove tra le visioni di Dalí, le inquietudini di Bosch e la fantasia filosofica di Jodorowsky, ma mantiene una sua purezza: quella dell’arte che non spiega, ma evoca.

Ogni dettaglio del film — dalla lentezza rituale dei movimenti dei Draag alle tinte psichedeliche della colonna sonora composta da Alain Goraguer — contribuisce a un’esperienza sensoriale totalizzante. La musica, sospesa tra jazz e elettronica analogica anni ’70, amplifica la dimensione lisergica e aliena del racconto, trasformando lo schermo in una mente che sogna.


Un messaggio ancora urgente

Dietro la sua estetica surreale, Il pianeta selvaggio nasconde una riflessione di bruciante attualità. È una parabola sulla deumanizzazione, sull’oppressione dei popoli e sulla perdita dell’empatia. Gli Oms rappresentano l’essere umano ridotto a oggetto, ma anche la forza della conoscenza che diventa liberazione. Il film anticipa temi oggi centrali: la convivenza tra specie, la ribellione degli esclusi, la memoria come resistenza.

In un’epoca di intelligenze artificiali e algoritmi che definiscono la nostra percezione del mondo, il film di Laloux e Topor ci ricorda che la vera libertà nasce dall’immaginazione. Non è un caso che registi come Terry Gilliam, Guillermo del Toro e persino i Daft Punk abbiano dichiarato di essersi ispirati alla sua estetica aliena. Dalla forma di Aeon Flux ai colori di Adventure Time, l’eredità visiva di Il pianeta selvaggio pulsa ancora nel DNA della cultura pop contemporanea.


Il restauro: un ritorno alla luce

Il restauro in 4K realizzato nel 2025 da Argos Film, in collaborazione con Eclair Classics e con il supporto del CNC (Centre National du Cinéma et de l’image animée), ha permesso di riscoprire l’opera nella sua purezza originaria. I negativi fotochimici da 35 mm — acetato, interpositivo e negativo ottico — sono stati digitalizzati con la massima fedeltà per preservare le texture del disegno e le sfumature di colore originali. Il risultato è una rinascita: le visioni di Ygam tornano a vivere in un’armonia cromatica che amplifica la forza evocativa del tratto di Topor.

Il lavoro di restauro ha rispettato l’essenza artigianale del film: nessuna modernizzazione forzata, nessuna pulizia eccessiva. Solo la restituzione della sua materia viva — il segno, il colore, il respiro dell’inchiostro e della carta.


Un doppio viaggio: film e corto d’autore

In occasione della nuova distribuzione italiana, le proiezioni includeranno anche Les Escargots (1966), corto surreale di Laloux e Topor premiato ai festival di Cracovia e Trieste. Una piccola parabola ecologica e ironica in cui le lacrime di un contadino fanno crescere piante e lumache giganti fino a scatenare un’apocalisse. Un preludio perfetto al mondo poetico e anarchico del film maggiore, dove la follia diventa poesia e l’assurdo, verità.


Un culto ritrovato per le nuove generazioni

CG Entertainment e Cat People riportano nelle sale un film che non è solo un classico, ma una profezia visiva. In un panorama dominato da CGI e franchise, Il pianeta selvaggio ricorda che l’animazione può essere arte pura, filosofia visiva e manifesto politico. Per i collezionisti, CG ha annunciato anche una campagna di crowdfunding “Start Up!” per realizzare un cofanetto home video da collezione, un vero oggetto da culto per cinefili e nerd dell’immaginario.

Guardare oggi Il pianeta selvaggio significa confrontarsi con una domanda che non smette di riecheggiare: chi siamo quando smettiamo di sognare?
Laloux e Topor, con carta e forbici, disegnavano l’universo non come riflesso del reale, ma come atto di ribellione alla sua banalità. Il loro messaggio continua a risuonare, potente e dolce come una meditazione cosmica.

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