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125 Anni nel Paese di Oz: il viaggio eterno di Dorothy e l’eredità pop (e politica) del Mago di Baum

Era il 17 maggio del 1900 quando un editore di Chicago, la George M. Hill Company, diede alle stampe un piccolo capolavoro destinato a diventare un pilastro dell’immaginario collettivo: The Wonderful Wizard of Oz (Il meraviglioso mago di Oz). Oggi, nel 2025, questo romanzo immortale firmato da L. Frank Baum spegne 125 candeline. E lo fa con la stessa magia con cui ha conquistato lettori di ogni età, attraversando epoche, guerre mondiali, rivoluzioni culturali e persino universi cinematografici alternativi. E se pensate che si tratti solo di una favola per bambini… beh, preparatevi a riscoprire il vero potere delle Scarpette d’Argento.

Dorothy, il Kansas e la nascita della meraviglia

Chiunque abbia un minimo di DNA nerd conosce almeno un frammento della storia: Dorothy, orfana del Kansas, viene trasportata da un tornado insieme al suo cagnolino Totò nel fantastico Paese dei Ghiottoni. È qui che la casa volante atterra accidentalmente sulla Malvagia Strega dell’Est, segnando l’inizio di un’epopea che ha il sapore del viaggio dell’eroe, ma con un tocco profondamente americano. La Buona Strega del Nord le regala le iconiche Scarpette d’Argento (divenute rosse solo con il film del 1939 per esigenze tecniche del Technicolor) e la indirizza verso il Mago di Oz, che abita nella leggendaria Città di Smeraldo.

La strada da percorrere? Una via dorata lastricata di mattoni gialli, che Baum immaginava come un percorso iniziatico, ma che alcuni studiosi hanno letto come metafora del Gold Standard. Ma andiamo con ordine.

Compagni di viaggio e archetipi americani

Lungo il suo cammino, Dorothy non è sola: incontra lo Spaventapasseri (che desidera un cervello), il Taglialegna di latta (che sogna un cuore) e il Leone codardo (alla ricerca del coraggio). Insieme formano una compagnia stravagante ma potentemente simbolica, una piccola fellowship ante-litteram, ciascuno in cerca di qualcosa che crede di non avere ma che, in realtà, possiede già.

Il loro viaggio culmina nell’incontro col Mago di Oz, che impone una condizione crudele per esaudire i desideri: eliminare la Malvagia Strega dell’Ovest. È solo dopo questa impresa — portata a termine da Dorothy con un semplice secchio d’acqua — che scoprono il grande segreto: il Mago è solo un illusionista, un ventriloquo finito lì per caso in mongolfiera. Eppure, anche lui ha qualcosa da offrire: false soluzioni, certo, ma capaci di infondere fiducia. Un’illusione che, paradossalmente, funziona.

E quando sembra che la mongolfiera possa riportarla a casa, Dorothy resta indietro. Sarà Glinda, la Buona Strega del Sud, a rivelarle il grande twist narrativo: le sue Scarpette d’Argento avevano sempre avuto il potere di riportarla in Kansas. Basta solo crederci. E battere i tacchi tre volte.

Una fiaba senza morale… o forse no?

Nella prefazione originale, Baum scrive chiaramente la sua intenzione: voleva creare una fiaba moderna, liberata dalla zavorra delle morali ottocentesche. Secondo lui, i racconti per l’infanzia non dovevano più insegnare qualcosa per forza, ma soltanto incantare. Eppure, come spesso accade con le grandi opere, il significato sfugge persino al suo creatore.

A partire dagli anni ’60, Il meraviglioso mago di Oz ha iniziato a essere analizzato come un’allegoria politica. Lo storico Henry Littlefield fu il primo a individuare un parallelo tra il romanzo e il dibattito sulla politica monetaria americana del XIX secolo. In questa chiave, la strada di mattoni gialli diventa l’oro, la città di Oz allude all’oncia (“oz” in inglese), le Scarpette d’Argento rappresentano il bimetallismo (oro + argento), e i personaggi principali incarnano diversi gruppi sociali: lo Spaventapasseri è l’agricoltore americano, il Taglialegna l’operaio, il Leone codardo il populista William Jennings Bryan. Persino il Mago — figura carismatica e ambigua — diventa l’emblema della politica vuota e spettacolare.

Hugh Rockoff ha proseguito questo filone, arricchendo l’analisi con altre sovrapposizioni storiche. Baum, che pure non dichiarò mai esplicitamente queste intenzioni, fu comunque un osservatore acuto del suo tempo, e lo spirito progressista che permea l’opera lo conferma.

Tra illustrazioni, musical e cult cinematografici

Il successo del romanzo fu immediato, anche grazie alle suggestive illustrazioni di William Wallace Denslow, che contribuirono a creare un mondo visivamente riconoscibile prima ancora dell’avvento del cinema. Già nel 1902 il libro venne adattato in un musical, mentre nel 1939 arrivò il film MGM con Judy Garland, destinato a ridefinire il concetto di “film fantasy” per generazioni. Da lì in poi, Oz non fu mai più solo un luogo immaginario: divenne un simbolo della cultura pop americana.

Ma la cosa straordinaria è che Il meraviglioso mago di Oz non ha mai smesso di generare reinterpretazioni. Dalle versioni hindu (dove il Taglialegna diventa un serpente per motivi religiosi) a quella sovietica di Aleksandr Volkov (che cambiò il nome della protagonista in Ellie e inserì orchi e rapimenti), fino alle ritraduzioni fedeli all’originale e agli infiniti sequel ufficiali e non. La saga di Oz si è espansa come un vero e proprio universo narrativo condiviso, molto prima che il termine “franchise” diventasse di moda.

La traduzione italiana e il lungo viaggio editoriale

In Italia, il romanzo arrivò solo nel 1944 con il titolo Nel Regno di Oz, pubblicato dalla S.A.I.E., che più tardi editerà altri quattro volumi della serie. La traduzione era in lavorazione già dagli anni Trenta, segno che l’interesse per quest’opera era già vivo nel nostro paese, anche se la notorietà esplose solo con la diffusione del film hollywoodiano.

Oggi, Il meraviglioso mago di Oz è stato tradotto in oltre cinquanta lingue, adattato, reinterpretato, parodiato. È diventato un archetipo, una mitologia moderna che attraversa i media e le generazioni, mantenendo intatta quella promessa iniziale di stupore e avventura.

Tornare a Oz, ogni volta come la prima

A 125 anni dalla sua pubblicazione, il viaggio di Dorothy continua a emozionare. Il suo cammino lungo la strada di mattoni gialli non è solo un tragitto geografico, ma un percorso interiore, una metafora della crescita e dell’autodeterminazione. Oz è il luogo dove la magia è possibile, ma anche dove la verità è spesso dietro le quinte — un sipario che può essere sollevato, come fece Totò nel momento più memorabile del film.

Il messaggio finale, che risuona ancora oggi con forza geek e poetica, è che non c’è posto come casa. Ma per capirlo davvero, forse dobbiamo tutti passare per Oz almeno una volta nella vita. Anche solo tra le pagine di un libro, o davanti a uno schermo.

E tu, lettore nerd del 2025, quante volte sei tornato nel Paese di Oz?

Gianluca Falletta

Gianluca Falletta

Gianluca Falletta, creatore di Satyrnet.it, finalista nel 2019 di Italia's Got Talent, è considerato "il papà del Cosplay Italiano". Come uno dei primi sostenitori e promotori del fenomeno made in Japan in Italia, Gianluca, in 25 anni di attività ha creato, realizzato e prodotto alcune delle più importanti manifestazioni di  settore Nerd e Pop, facendo diventare Satyrnet.it un punto di riferimento per gli appassionati. Dopo "l'apprendistato" presso Filmmaster Events e la Direzione Creativa di Next Group, due delle più importanti agenzie di eventi in Europa, Gianluca si occupa di creare experience e parchi a tema a livello internazionale e ha partecipato allo start-up dei nuovissimi parchi italiani Cinecittà World, Luneur Park e LunaFarm cercando di unire i concetti di narrazione, creatività con l'esigenza di offrire entertainment per il pubblico. Per info e contatti gianlucafalletta.com

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