CorriereNerd.it

I Frammenti di Bovadium: il Ritorno di Tolkien… nel Traffico

Chiunque abbia mai sfogliato le pagine del Silmarillion o marciato con cuore gonfio di speranza lungo i sentieri ombrosi di Mordor, conosce J.R.R. Tolkien come il padre indiscusso dell’high fantasy moderno. Per noi che abbiamo imparato a pronunciare Mellon davanti a porte invisibili, il Professore è una figura mitica, uno scultore di mondi e lingue, uno storico di popoli mai esistiti eppure più vivi di molti reali. Ma cosa accade quando il creatore della Terra di Mezzo ci sorprende, ancora una volta, con un’opera che si discosta, apparentemente, da tutto ciò che conosciamo di lui?

Nell’autunno del 2025, ci attende un evento editoriale che scuoterà la comunità tolkieniana come l’arrivo di un Grigio Pellegrino al crepuscolo: I Frammenti di Bovadium. Un testo inedito, un racconto satirico partorito alla fine degli anni Cinquanta e custodito come un Silmaril nelle sale della Bodleian Library. Un racconto che non parla di elfi o draghi, ma di traffico, caos urbano e demoni… su quattro ruote.

Sì, avete capito bene. In questo breve romanzo — il cui titolo originale, The End of Bovadium, risuona come un oscuro presagio — Tolkien ci trasporta in una versione grottesca e parodica della sua amata Oxford, rinominata per l’occasione “Bovadium”. E lì, tra le sue strade soffocate da veicoli demoniaci detti Motores, prende forma un incubo moderno, figlio non di Sauron ma della modernizzazione incontrollata. Al centro del disastro, il “Demone di Vaccipratum”, allegoria affilata del magnate Lord Nuffield e della sua fabbrica di motori a Cowley, incarnazione industriale di un progresso cieco.

Il Professore, che per decenni ci ha abituati a epiche lotte tra luce e tenebra, ora ci offre una nuova prospettiva: quella di un uomo stanco della realtà, che osserva il suo mondo con sarcasmo e inquietudine. Il risultato è una satira spietata, un grido mascherato da gioco linguistico, in cui ogni ingorgo stradale è una piccola apocalisse e ogni parcheggio introvabile un oscuro sortilegio.

A rendere Bovadium ancora più affascinante è il suo stile: una mescolanza quasi alchemica di latino, nonsense e personaggi assurdi, come il Dottor Gums, Rotzopny e il misterioso Śarevelk. È un testo che respira umorismo colto, sfidando il lettore con enigmi linguistici e invenzioni narrative. Non stupisce che Tolkien stesso, con la consueta umiltà e autoironia, abbia dichiarato nel 1968 che non avrebbe mai pubblicato l’opera, ritenendola “di intralcio” rispetto ai suoi lavori principali. Eppure, la proposta c’era stata: nel 1960 alla rivista Time and Tide, e sei anni dopo a Rayner Unwin, il leggendario editore che portò alla luce Lo Hobbit.

E così, Bovadium è rimasto nascosto. Dormiva, come Smaug sotto Erebor, nella cartella A62 dei manoscritti Tolkien conservati a Oxford. Ma gli studiosi sapevano. Humphrey Carpenter lo citava nella biografia ufficiale, accostandolo al surreale Mr Bliss. Un’opera minore, forse, ma non meno rilevante. Anzi: oggi più che mai, mentre viviamo in città invase da motori ruggenti e cieli anneriti da smog, il Professore ci parla con voce profetica e amara.

L’edizione che verrà alla luce nell’ottobre 2025 è curata da Christopher Tolkien — che, come uno scriba di Gondolin, ha dedicato la vita a ricostruire l’opera paterna — e sarà accompagnata da un saggio critico firmato da Richard Ovenden OBE, bibliotecario della Bodleian Library e raffinato studioso tolkieniano. Le illustrazioni? Firmate dallo stesso Tolkien, inedite come antichi disegni elfi, mentre la copertina sarà opera di Emily Langford, ispirata a un’immagine originale dell’autore.

Nessuna edizione deluxe, per ora — e questa mancanza potrebbe divenire la reliquia più desiderata da noi collezionisti nerd — ma l’opera sarà disponibile in formato ebook, rendendo Bovadium accessibile anche a chi, come me, si trova più spesso in viaggio che tra scaffali polverosi.

E allora, cosa ci insegna questo Tolkien inedito e disilluso? Che il fantasy non è fuga, ma riflesso. Che dietro ogni drago si nasconde un dubbio contemporaneo. E che persino colui che ci ha insegnato a credere nei Valar e nei palantíri, era capace di guardare fuori dalla finestra e vedere, semplicemente, il mondo che cambiava — e di riderne.

Io non vedo l’ora di leggere I Frammenti di Bovadium. Non per cercarvi elfi o spade incantate, ma per ascoltare la voce di un uomo che, tra i clangori del traffico e le assurdità della vita moderna, non ha mai smesso di essere un narratore. E voi? Avete mai pensato a Tolkien come a un satirico, un ironista, un critico sociale?

Parliamone. Commentate qui sotto, raccontatemi cosa pensate di questo nuovo volto del Professore. E se l’articolo vi ha colpiti, condividetelo sui vostri social, nei gruppi di lettura, tra i corridoi digitali della Terra di Mezzo. Perché, ricordate: ogni buon viandante condivide le sue storie. Anche se parlano di parcheggi.

Dai nostri utenti

Dai nostri utenti

Appassionati di cultura nerd, videoludica e cinematografica, i nostri utenti contribuiscono con articoli approfonditi e recensioni coinvolgenti. Spaziando tra narrativa, fumetti, musica e tecnologia, offrono analisi su temi che vanno dal cinema alla letteratura, passando per il mondo del cosplay e le innovazioni nel campo dell’intelligenza artificiale e della robotica.

Con competenza e curiosità, i loro articoli arricchiscono il panorama nerd e pop con uno stile appassionato e divulgativo, dando voce alle molte sfaccettature di queste passioni. Questi preziosi contributi, a volte, sono stati performati a livello testuali, in modalità "editor", da ChatGPT o Google Gemini.

Aggiungi commento

Seguici sui social