Immaginate di essere un ingegnere stradale in procinto di tracciare una nuova arteria in mezzo alla natura incontaminata dell’Islanda. Avete carte, misurazioni, georadar, droni. Ma c’è un elemento in più da tenere in considerazione: gli elfi. Sì, avete capito bene. In Islanda, anche gli Huldufólk, il “popolo nascosto”, hanno voce in capitolo nei progetti di urbanizzazione. E no, non è una trovata da manuale turistico, ma una realtà culturale profondamente radicata nel cuore della società islandese contemporanea.
In un mondo che corre verso il futuro con l’urgenza di un razzo in decollo, l’Islanda ci ricorda con saggia poesia che non sempre bisogna abbattere tutto ciò che è invisibile agli occhi. Perché su quest’isola vulcanica sperduta nell’Atlantico del Nord, l’invisibile è reale, e spesso è proprio ciò che modella il visibile.
Quando le rocce parlano, i bulldozer si fermano
Il rispetto per gli elfi non è una questione da stregoni o nostalgici del fantasy: è una componente viva della pianificazione territoriale. Quando si pianifica una nuova strada, si consultano mappe topografiche, si analizzano i flussi di traffico, e… si verifica che il tracciato non attraversi una dimora elfica. Esistono veri e propri mediatori culturali che “dialogano” con il popolo nascosto. Se questi si oppongono, beh, la strada si sposta.
Uno degli episodi più emblematici è quello del “Troll’s Pass”, un progetto stradale che ha dovuto piegarsi — letteralmente — alla volontà degli Huldufólk. Il percorso originario della carreggiata, che avrebbe attraversato una roccia sacra, è stato modificato per non disturbare i suoi inquilini. In altri casi, lavori sono stati interrotti o rinviati dopo “incidenti misteriosi”, che gli operai locali attribuiscono agli elfi in segno di protesta.
Può sembrare assurdo? Forse. Ma in Islanda è perfettamente normale. Non si tratta tanto di una credenza mistica quanto di un’espressione concreta di rispetto per la terra, per la sua energia e per la sua anima invisibile. Il folklore qui non è solo una storia da raccontare ai bambini prima di dormire: è una lente con cui si guarda il mondo e si prendono decisioni.
Elfi, ingegneri e identità culturale
Per comprendere appieno questa coesistenza tra urbanistica moderna e mitologia ancestrale, bisogna abbandonare il cinismo e indossare, almeno per un attimo, gli occhiali dell’immaginazione. Gli Huldufólk non sono solo spiritelli delle favole: sono il simbolo di un legame viscerale con il paesaggio. Un paesaggio che in Islanda è tutto fuorché banale: distese laviche, campi di muschio, montagne che sembrano dormienti giganti e rocce modellate dal ghiaccio e dal fuoco.
Nella cultura islandese, ogni elemento naturale ha un valore spirituale. Le colline possono essere case, le rocce possono essere chiese, e una curva su una strada può nascondere una comunità invisibile. Così, anche il gesto più tecnico – tracciare un’autostrada – si carica di rispetto e meraviglia. È come se ogni metro quadrato fosse sacro, non solo per l’ecologia, ma anche per la mitologia.
E mentre altrove la modernità sradica e spiana, in Islanda il progresso è una danza con il soprannaturale, una negoziazione tra ingegneria e incanto. Laddove altrove si costruisce sopra, qui si costruisce accanto.
Un esempio per il mondo?
Certo, potremmo liquidare tutto questo come folklore pittoresco. Ma sarebbe miope. Perché dietro queste storie c’è un messaggio potente: il progresso non deve necessariamente essere sinonimo di distruzione. Può esistere un modo di evolversi che tenga conto della storia, della cultura e persino della fantasia collettiva. L’Islanda ci mostra che il rispetto per ciò che non comprendiamo può essere la base per costruire un mondo più equilibrato, dove ingegneri e spiriti convivono.
E allora, la prossima volta che visiterete l’Islanda e vi troverete a percorrere una strada che sembra deviare senza un motivo apparente, fermatevi un attimo. Guardate fuori dal finestrino. Magari, in quella curva misteriosa, si cela un piccolo villaggio elfico, silenziosamente custodito da muschi e vento. Forse non li vedrete, ma se ascoltate attentamente, potreste percepirne la presenza.
E voi, cosa ne pensate? Progresso e folklore possono davvero convivere? Raccontatecelo nei commenti e condividete questo articolo sui vostri social: chissà che tra i vostri amici non si nasconda un Huldufólk in incognito!
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