Con l’arrivo della primavera, Roma si lascia sedurre da un rito di contemplazione antichissimo, che viene da lontano, dal Paese del Sol Levante. Il 12 e 13 aprile 2025, tra i sentieri profumati e le serre silenziose del Museo Orto Botanico della Sapienza Università di Roma, è andato in scena l’Hanami all’Orto Botanico: un evento capace di trasformare il cuore verde di Trastevere in un piccolo Giappone in fiore. Passeggiare sotto i ciliegi adornati da migliaia di petali rosa pallido è stato come entrare in un mondo sospeso, fatto di poesia e silenzio, dove ogni respiro si trasforma in un gesto di gratitudine verso la natura. Non solo una festa per gli occhi, ma una celebrazione dell’impermanenza, quell’idea tanto cara alla filosofia giapponese secondo cui nulla è eterno, e proprio per questo ogni attimo è prezioso. Hanami in giapponese significa letteralmente “guardare i fiori” – hana (花), fiore, e mi (見), vedere – ma in realtà vuol dire molto di più: significa fermarsi, osservare, sentire. È uno stato d’animo, un invito a rallentare, a lasciarsi attraversare dalla bellezza prima che scompaia.

Possiamo definire il giardino giapponese come uno spazio in continuità con l’ambiente circostante. Uno stilema compositivo, un modo tutto particolare di comporre/scrivere lo spazio del giardino. Il riconoscimento della progettazione dei giardini come forma artistica, è avvenuto in Giappone tra la fine XI sec. e la seconda metà del XII, periodo nel quale i principi estetici sono stati codificati in un trattato, il Sakuteiki (Annotazioni sulla composizione dei giardini). Il Sakuteiki rappresenta quindi una precoce consacrazione del giardino come forma d’Arte.

Cos’è il rituale dell’hanami? Il rituale dell’Hanami è una cerimonia originaria del Giappone che celebra la bellezza fugace dei fiori di ciliegio. Si tratta semplicemente della pratica comune di ammirare i fiori di ciliegio. Le 60 specie vegetali presenti – tra cui Acer palmatum, Acer buergerianum, Magnolia stellata, Cerasus serrulata, Kerria japonica, Dhalia imperialis, Camelia japonica – sono emblematiche del giardino giapponese.
Oltre ad avere una valenza filosofica, poetica ed artistica, richiamano lo scorrere delle stagioni, in particolare in primavera la fioritura dei ciliegi viene celebrata dall’Hanami. Nella loro disposizione c’è il preciso intento di conferire naturalezza alla mano dell’uomo, l’Autore cerca di riflettere lo stato d’animo di chi osserva, accompagnandolo alla riscoperta del rapporto intimo tra uomo e natura.
Ma il fine settimana di Hanami all’Orto Botanico non si è limitato alla semplice osservazione della natura: ha offerto un vero e proprio viaggio sensoriale attraverso la cultura nipponica. Tra le fronde dei sakura si sono alternate attività tradizionali e artistiche, performance, laboratori e incontri, capaci di coinvolgere pubblico di ogni età.
Energia e vibrazioni, tra eleganza, potenza dei movimenti, sincronie, improvvisazioni.
Questo il “manifesto” del concerto-spettacolo di percussioni giapponesi del Gruppo Taiko, primo gruppo italiano di tamburi giapponesi. Ne fanno parte, Catia Castagna attrice e percussionista, Marilena Bisceglia percussionista e aikidoka e Daniela Anzellotti. Eleganza e potenza dei movimenti, precisione nell’esecuzione con spazi dedicati a piccole e “giocose” improvvisazioni ma senza la pretesa di “essere giapponesi”. Questa è una tecnica “contaminata” dalle precedenti esperienze artistiche delle due percussioniste.
I manga all’Orto Botanico
Non è mancato lo spazio dedicato agli appassionati di manga: il fumettista Federico Pace ha condotto un talk imperdibile, spiegando come nascono i personaggi e le storie ispirate alla narrativa grafica nipponica. Federico Pace ha studiato fumetto e manga alla Scuola Internazionale di Comics con Midori Yamane e vive e lavora a Roma. Ha pubblicato diversi manga in Italia, in particolare per Tora edizioni, ma è noto tra i giovani lettori del fumetto giapponese, anche per illustrazioni e autoproduzioni. Con il suo sguardo e la giovana voce, interpreta e traduce i grandi temi della nostra società. Un’occasione preziosa per chi sogna di disegnare emozioni con lo stile giapponese, e per chi vuole capire meglio come questa forma d’arte racconti il nostro tempo.
Laboratorio di origami – l’arte giapponese del piegare la carta. L’origami all’Orto Botanico
Chi desiderava mettersi alla prova ha potuto partecipare al laboratorio di origami dell’Associazione Kanyukai, scoprendo come da un semplice foglio di carta possa nascere una gru, un fiore, una poesia visiva. L’origami è molto più che una tecnica: è una filosofia, una forma di meditazione attiva, capace di unire rigore e leggerezza. L’ Associazione Kanyukai – fondata nel 2003 a Osaka, in Giappone e promotrice dal 2021 della cultura giapponese in Italia – ti aspetta per insegnarti questa antica pratica, originariamente nata per la decorazione di templi e santuari. La parola origami deriva da “ori”, piega, e “kami”, a carta. L’origami è l’affascinante pratica giapponese di trasformare la carta in forme intricate che spesso raffigurano vari oggetti, come fiori o uccelli. Oltre alla sua arte, il fascino dell’origami risiede nella sua filosofia estetica unica. Celebrando il minimalismo nell’arte, riflesso nel termine shibumi (渋味), l’arte dell’origami trasforma il modesto in bello. Il washi, fragile ma temporaneo, rispecchia la vita e gli artisti dell’origami si sforzano di catturarla in forme tangibili, orientandosi verso oggetti naturali piuttosto che inanimati. Ispirandosi alla ricca tradizione estetica giapponese, realizzano straordinari origami, dinamici e realistici al tempo stesso: una vera e propria espressione artistica di alto livello.
Vuoi imparare a giocare con il kendama?
Un altro momento molto apprezzato è stato l’incontro con Davide Leonardi, campione di kendama freestyle, che ha coinvolto grandi e piccini nell’arte di questo antico gioco di abilità. Si potrebbero pensare che il kendama sia stato inventato in Giappone, ma in realtà non è così. Sebbene esistano teorie diverse, ci sono documenti che indicano che il kendama sia nato in Francia nel sedicesimo secolo.Questo gioco era chiamato bilboquet. Bil significa “palla” e boquet significa “piccolo albero” ad indicare un gioco con una piccola palla di legno.
Dal 1945 al 1955 circa, dopo la fine della seconda guerra mondiale, i kendama cominciarono ad essere venduti nei negozi di dolciumi insieme ad altri giocattoli popolari, come menko , bidama e beigoma.Nel 1975, l’autore per bambini Issei Fujiwara fondò la Japan Kendama Association, che standardizzò il kendama per l’uso competitivo e creò regole standardizzate allo scopo di consentire a un maggior numero di persone di giocare insieme allo stesso modo. Con un set di regole e specifiche per l’attrezzatura in atto, il kendama ha iniziato a crescere in popolarità come sport competitivo. Oggi la parola kendama è conosciuta in tutto il mondo e le competizioni si svolgono anche negli gli Stati Uniti e in Europa.
Lo shodō all’Orto Botanico.
Vuoi sapere come si scrive il tuo nome in giapponese? o una parola che evoca un sentimento, un’emozione? Le Maestre calligrafe dell’Associazione Tondo Rosso – scuola di lingua e cultura giapponese a Roma e online da più di 15 anni – ti mostreranno la scrittura shodō. Il termine shodō 書道 significa “via della scrittura”, dove 書sho indica “la scrittura” e il carattere 道 dō è tradotto come “via, percorso”. Sottolinea la pratica di un’arte che richiede un impegno costante e che assume le caratteristiche di un “percorso”. Tale via conduce il praticante, tramite un perfezionamento tecnico, soprattutto ad un affinamento interiore. L’artista crea un’opera d’arte con un pennello di bambù, inchiostro e carta, dove egli trasferisce armonia e bellezza. Quindi, non si tratta solo di bella calligrafia, ma anche di tracciare dei tratti traferendo in essi la forza dell’artista e del suo spirito.
Il termine giapponese è spesso tradotto come “il modo della scrittura artistica o della bella scrittura” o come “l’arte della calligrafia tradizionale giapponese”. Ma è molto più di questo. La pratica dello Shodo non è la semplice pratica dello scrivere qualcosa a mano in modo elegante e raffinato affinchè ogni parola sia unica e piacevole alla vista. Racchiude una profonda esplorazione dell’espressione artistica radicata nella cultura giapponese. È una vera e propria arte.
Incontro con Kenta Suzuki
A illuminare ulteriormente questa edizione dell’Hanami è stato il carisma di Kenta Suzuki, divulgatore giapponese amatissimo in Italia, che ha saputo raccontare con ironia e profondità le mille sfumature della cultura del suo Paese. Sapevi che l’Hanami dal periodo Edo (1603-1869) rappresentava un evento dove tutti, dai samurai ai contadini, dai mercanti ai feudatari, potevano godersi insieme un bel picnic? Qual è il motivo per cui le persone, in Giappone, si inchinano così frequentemente? E perché nessuno si soffia il naso in metropolitana? Dove e quando nasce la secolare arte del tatuaggio? E quella dei manga? Nonostante la conoscenza sempre più approfondita e dettagliata che abbiamo della cultura nipponica, sono ancora moltissime le peculiarità del popolo giapponese che molti di noi ignorano. Una distanza che Kenta Suzuki, giapponese di nascita e italiano – anzi, romano – d’adozione, misura ogni giorno cercando di rispondere alle infinite domande che gli vengono sottoposte attraverso i suoi seguitissimi canali social.
Curiosità e interrogativi che Kenta ha deciso di soddisfare mettendo assieme una vera e propria enciclopedia illustrata delle unicità e delle stramberie che rendono i giapponesi uno dei popoli più eccentrici e affascinanti del pianeta.Kenta Suzuki con una media di 10 milioni di visualizzazioni al mese tra TikTok e Instagram, è oggi il più grande influencer giapponese in Italia. Ma non si ferma ai social: organizza eventi di cultura giapponese, degustazioni di sake, cene tradizionali e tour autentici nel paese del sol levante
Le Bambole Kokeshi
Le Kokeshi (こけし?, kokeshi) sono un tipo di bambola tradizionale giapponese, originarie della regione di Tōhoku. Realizzate manualmente in legno, hanno un busto semplice cilindrico e una larga testa sferica, con poche linee stilizzate a definire i caratteri del viso. Una caratteristica delle bambole Kokeshi è la mancanza di braccia e gambe.All’inizio del Novecento divennero talmente famose, che in Russia furono prese a modello dall’inventore della prima matrioska. Oltre a ornare le case giapponesi, sono ritenute di buon auspicio contro la cattiva sorte e considerate un raffinato oggetto da collezione da regalare a persone molto speciali.
Hanami all’orto botanico è stata una esperienza davvero diversa e intensa. Una festa giapponese dedicata alla contemplazione della fioritura di ciliegi sakura, simbolo della caducità della vita e del suo grande valore.
Sayonara da Roberto Di Vito
PS Se avete tempo di vedere 2 Brevi Videoclip girati all’istituto di cultura giapponese.
Mostra di bambole giapponesi. Riprese, montaggio e musica originale di Roberto Di Vito – “The dolls of the Japan – Shapes of Prayer, Embodiments of Love 日本の人形 – 祈りの形 – 愛の実施
Hanami all’istituto di cultura giapponese:
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