Cosa succederebbe se, un giorno come tanti altri, nel cuore di Tokyo si aprisse un enorme portale che collega la nostra realtà con un mondo fantasy? Non una realtà alternativa high-tech alla Steins;Gate, non un regno incantato da favola come in Sword Art Online, ma un vero e proprio mondo medievaleggiante, con tanto di draghi, elfi, semidee e un impero pronto a invadere il nostro mondo. È esattamente da questa premessa a metà tra il sogno e l’incubo che nasce GATE: Jieitai Kanochi nite, Kaku Tatakaeri, adattamento anime dell’omonima light novel di Takumi Yanai, prodotto da A-1 Pictures e diretto da Takahiko Kyōgoku.
La prima parte dell’anime è andata in onda in due tranche: la prima tra il luglio e il settembre del 2015, la seconda tra gennaio e marzo del 2016. E sebbene si tratti di una classica struttura da cour stagionale, l’impatto della storia è rimasto costante dall’inizio alla fine, con una narrazione che unisce azione serrata, riflessioni (a volte fin troppo esplicite) su politica e strategia militare, e un’ironia tutta giapponese che fa capolino tra un’esplosione e una conferenza diplomatica.
https://youtu.be/jr-YAO5loV8?list=RDjr-YAO5loV8
Guardando GATE mi sono sentita come se avessero impastato insieme i miei generi preferiti: l’isekai, il fantasy epico, l’anime militare e pure una spruzzata di slice of life otaku. Sì, perché il protagonista, Youji Itami, è un soldato delle Forze di Autodifesa giapponesi (JSDF), ma anche un otaku impenitente, più interessato ai suoi doujinshi che alla carriera. È proprio lui, nel bel mezzo dell’attacco iniziale da parte delle forze del Regno Fantasy, a distinguersi salvando civili e guadagnandosi così il comando di una missione oltre il portale: esplorare, negoziare e – se necessario – combattere. Una trama così poteva facilmente scivolare nella banalità, e invece GATE riesce a trovare una sua voce proprio nella collisione tra civiltà, nella tensione tra la nostra avanzatissima tecnologia e il mondo “altro”, intriso di magia, superstizione e gerarchie medievali.
E qui viene il bello. Perché non è solo uno scontro tra soldati e cavalieri, tra fucili d’assalto e spade arrugginite: è una vera e propria guerra culturale. E GATE non ha paura di metterci dentro tutto. La differenza tra democrazia e autoritarismo, il dilemma morale dell’intervento militare in terre straniere, il ruolo delle forze armate nella costruzione della pace (o nella conquista?), la propaganda. Sì, perché sotto la superficie affascinante di draghi e incantesimi si nasconde anche un messaggio abbastanza chiaro: arruolati nelle JSDF, anche tu potresti finire in un’avventura epica!
Lo so, lo so: suona un po’ sospetto. Ma credetemi, nonostante il sottotesto patriottico a tratti evidente, l’anime riesce a restare avvincente, soprattutto per chi – come me – adora i mondi paralleli e si chiede continuamente “cosa succederebbe se…?”. E poi, come si fa a resistere a personaggi come Rory Mercury, la semidea goth armata di falce gigante e con l’attitudine da rockstar ultraterrena? O Lelei, la maga pragmatica e poliglotta che si ritrova a fare da mediatrice culturale, e Tuka, un’elfa segnata da una tragedia ma determinata a ritrovare se stessa. Tre archetipi femminili classici dell’animazione giapponese, sì, ma declinati con una certa cura che li rende più che semplici decorazioni.
Il comparto tecnico è solido: l’animazione è fluida, le scene d’azione ben coreografate, la resa delle armi e dei mezzi militari incredibilmente accurata. Non mancano momenti spettacolari in cui l’artiglieria pesante fa letteralmente a pezzi i mostri fantasy, e lì non puoi fare a meno di sorridere di fronte a quell’incredibile (e forse inquietante) potere. La CGI? Presente, ma mai invasiva, usata con parsimonia nei momenti giusti. Le sigle musicali, a dire il vero, non mi hanno entusiasmata particolarmente, soprattutto la prima opening, ma sono gusti. A livello di character design, invece, promossi tutti: ben differenziati, riconoscibili, con uno stile che riesce a fondere il realismo con l’estetica anime.
Il punto di forza più grande di GATE, però, resta la sua capacità di bilanciare le sue componenti. La storia sa essere seria quando serve – riflettendo su temi come l’imperialismo, l’intervento estero, la diplomazia da salotto e la brutalità della guerra – ma sa anche alleggerirsi con momenti più leggeri, gag ben piazzate e piccole dinamiche di gruppo che strizzano l’occhio ai fan del genere. È un equilibrio difficile da mantenere, e non sempre riesce: a volte il passaggio da un registro all’altro è troppo brusco, e si rischia di perdere il pathos. Ma è un rischio calcolato, e per me funziona.
Non posso però ignorare le sue debolezze. Alcuni personaggi secondari sono appena abbozzati, funzionali più alla trama che a una reale crescita personale. E il tono propagandistico ogni tanto è talmente esplicito da stonare, soprattutto se si guarda l’anime con uno sguardo un po’ più critico. Ma a conti fatti, GATE riesce comunque a coinvolgere, a stupire, a far riflettere. E soprattutto, diverte. E non è forse questo il cuore di ogni buon anime?
GATE non è un capolavoro assoluto, ma è una visione obbligata per chi ama gli isekai con una marcia in più, per chi sogna mondi alternativi ma non vuole rinunciare a un po’ di sano realismo militare, e per chi apprezza quella sottile ironia tutta giapponese nel mettere insieme armi d’assalto, drappi regali, semidee gotiche e fan service moderato. Non sarà l’isekai perfetto, ma è sicuramente uno dei più interessanti del suo sottogenere.
E voi? Lo avete già visto? Vi è piaciuta l’idea di un esercito moderno che sbaraglia un impero fantasy o vi ha disturbato l’odore di propaganda? Fatemelo sapere nei commenti e, se vi va, condividete questo articolo con gli amici otaku sui vostri social! Chissà che non apriate anche voi un portale… almeno verso una bella discussione!
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