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Figli di sangue e ossa: il fantasy afrofuturista che incanta e divide i lettori

Cosa succede quando il mondo della narrativa fantasy si tinge dei colori, dei ritmi e delle leggende dell’Africa occidentale? Succede che nasce un romanzo come “Figli di sangue e ossa”, titolo italiano di Children of Blood and Bone, l’opera prima della giovane scrittrice nigeriano-americana Tomi Adeyemi, che ha saputo scuotere il panorama della letteratura young adult con un racconto epico e profondamente attuale. Il libro, pubblicato in Italia da Rizzoli, rappresenta il primo capitolo della trilogia Legacy of Orïsha e ha letteralmente conquistato il pubblico internazionale, debuttando in vetta alla classifica del New York Times. Un successo straordinario che ha portato a uno dei contratti editoriali più importanti mai firmati per un esordiente, nonché alla cessione dei diritti cinematografici a Fox 2000 Pictures ancor prima dell’uscita in libreria.

Ma cosa rende questo romanzo così speciale? E perché ha diviso tanto i lettori, tra entusiasti ammiratori e voci più critiche?

Un mondo di magia perduta e oppressione

Figli di sangue e ossa ci trasporta nel regno immaginario di Orïsha, una terra ispirata a una Nigeria precoloniale alternativa. In questo mondo esistono due classi di persone: i divîners, che nascono con i capelli bianchi e un potenziale magico ancora da risvegliare, e i kosidán, la casta dominante e priva di poteri. Undici anni prima degli eventi narrati, il crudele Re Saran ha spezzato la connessione tra i divîners e la magia, ordinando un massacro che ha lasciato un’intera generazione senza madri, padri e speranza. Tra i sopravvissuti c’è la giovane Zélie Adebola, figlia di una potente Mietitrice, determinata a riportare la magia a Orïsha e a vendicare le ingiustizie subite dal suo popolo. Accompagnata dal fratello Tzain e dalla principessa ribelle Amari — fuggita dopo aver assistito all’assassinio della sua migliore amica da parte del padre — Zélie si lancia in un viaggio pericoloso per risvegliare i poteri sopiti dei maji, custoditi in tre artefatti sacri: un’antica pergamena, un pugnale d’osso e il leggendario sunstone.

Sul loro cammino incontreranno nemici implacabili, tra cui il tormentato Principe Inan, fratello di Amari, il cui cuore è dilaniato tra il dovere verso il padre e i nuovi poteri che si risvegliano dentro di lui. Ma sarà proprio il conflitto interiore dei personaggi — più ancora delle battaglie — a dare spessore a una storia che affronta senza timore i temi dell’oppressione, della discriminazione e della lotta per la libertà.

Un fantasy che parla al presente

Dietro la patina dell’avventura epica, Figli di sangue e ossa è un romanzo fortemente politico. Adeyemi, che ha impiegato 18 mesi e 45 bozze per completarlo, ha dichiarato di essersi ispirata tanto alle saghe fantasy occidentali — da Harry Potter a An Ember in the Ashes — quanto alla mitologia yoruba e alla cultura afro-brasiliana. Il progetto nasce anche come reazione alla brutalità della polizia americana contro la comunità nera, un tema che l’autrice affronta con coraggio, invitando i lettori a non chiudere gli occhi di fronte all’ingiustizia.La dicotomia tra kosidán e maji diventa così metafora potente di razzismo, schiavitù e colonialismo, ma anche di quei meccanismi sociali che ancora oggi alimentano la paura e l’oppressione. I personaggi di Zélie, Amari e Inan incarnano le molteplici risposte a questa realtà: rabbia, ribellione, mediazione, paura. In un mondo in cui la magia è sinonimo di identità e libertà, la lotta per riconquistarla diventa simbolo universale di emancipazione.

Luci e ombre di un successo planetario

Nonostante l’accoglienza trionfale della critica, Figli di sangue e ossa non ha mancato di suscitare discussioni accese tra i lettori più esigenti.Da un lato, c’è chi ha elogiato la ricchezza dell’immaginario creato da Adeyemi e la rappresentazione di protagoniste nere forti e complesse, capaci di ispirare un’intera nuova generazione di lettori. Il rapporto tra Zélie e Amari, in particolare, cresce pagina dopo pagina, pur senza mai diventare un’amicizia convenzionale, bensì un sodalizio fondato su rispetto e obiettivi comuni.Dall’altro, non mancano critiche all’evoluzione della trama, giudicata da alcuni come troppo derivativa o prevedibile. In effetti, lo schema del “viaggio dell’eroe” con un gruppo eterogeneo in missione per salvare il mondo è un cliché del genere, e qui non sempre riesce a sorprendere. Alcuni personaggi, come Tzain o lo stesso Inan, risultano meno incisivi rispetto alle figure femminili, mentre il tanto discusso instalove tra Zélie e Inan divide i lettori tra chi lo trova romantico e chi lo considera forzato.

Tuttavia, non si può negare che il romanzo possieda un ritmo avvincente, uno stile fluido e un worldbuilding che sa affascinare. Adeyemi ha saputo dar vita a un universo coerente e vibrante, in cui ogni elemento — dalla lingua agli incantesimi, dalle usanze religiose alle creature magiche — contribuisce a creare un mosaico narrativo autentico.

Un messaggio che va oltre la narrativa

Forse il vero cuore di Figli di sangue e ossa non sta tanto nell’originalità della trama, quanto nella sua capacità di portare al centro del mainstream temi e rappresentazioni che per troppo tempo sono stati marginalizzati. In un panorama letterario ancora dominato da modelli occidentali, il successo di questo romanzo è un segnale forte: c’è spazio per nuove voci, per storie che rispecchiano culture diverse e che parlano a tutti, attraverso il filtro universale della fantasia.

Tomi Adeyemi stessa ha dichiarato che il suo obiettivo era scrivere un libro che anche i razzisti avrebbero voluto leggere. E in un’epoca di tensioni sociali e discriminazioni, la sua opera si fa veicolo di un messaggio potente: la diversità è ricchezza, la rappresentazione è fondamentale, e ogni giovane lettrice e lettore deve potersi riconoscere nei protagonisti delle storie che ama.

In attesa del seguito

Figli di sangue e ossa si chiude con un finale aperto e ricco di pathos, lasciando presagire nuove sfide per Zélie e i suoi alleati. Il secondo volume della trilogia, Children of Virtue and Vengeance, ha già raccolto consensi, e l’attesa per la conclusione della saga è palpabile. E voi? Avete già letto Figli di sangue e ossa? Vi ha coinvolti o vi ha lasciato perplessi? Siete pronti a seguire Zélie in nuove avventure, oppure questo tipo di fantasy non fa per voi? Scrivetelo nei commenti qui sotto e, se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo sui vostri social per farlo conoscere anche ad altri appassionati nerd e geek! Il mondo di Orïsha aspetta solo di essere scoperto… insieme. 🌟

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