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Diane Keaton: addio alla musa irriverente di Hollywood

Se n’è andata oggi, a 79 anni, Diane Keaton: attrice, regista, produttrice, icona di stile e simbolo di un modo di essere donna a Hollywood che non si piega a nessuno. La notizia, confermata da People e CNN, ha scosso il mondo del cinema e i milioni di fan che in mezzo secolo di carriera avevano imparato ad amarla. La causa della morte non è stata resa nota, ma il suo lascito artistico è già leggenda: un percorso che dal teatro newyorkese la portò a conquistare un Premio Oscar con Io e Annie, diventando una delle figure più riconoscibili e amate della settima arte.

Diane Keaton – nata Diane Hall a Los Angeles il 5 gennaio 1946 – non è stata soltanto un’attrice. È stata un linguaggio, un’estetica, un modo di vivere la recitazione e il mondo. Il suo inconfondibile stile “maschile”, fatto di cappelli a tesa larga, cravatte e gilet, nasceva da un’esigenza di libertà più che di moda. Quel look, ispirato alle eroine indipendenti di Katharine Hepburn, sarebbe diventato un’icona del cinema americano degli anni ’70, consacrato dalla sua interpretazione in Io e Annie (1977).


Dalla California a Broadway: la nascita di un talento

Diane Hall cresce in una famiglia metodista, figlia di Dorothy Keaton – casalinga e fotografa dilettante – e di Jack Hall, agente immobiliare di origini irlandesi. Il suo primo colpo di fulmine per la scena arriva quando, da ragazzina, vede la madre vincere un concorso locale per casalinghe. Rimane affascinata dalla teatralità dell’evento, dalla possibilità di raccontarsi davanti a un pubblico. Da lì inizia la sua avventura.

Negli anni Sessanta si iscrive al Santa Ana College e poi all’Orange Coast College, ma abbandona presto gli studi per trasferirsi a New York. È qui che cambia cognome – scegliendo quello da nubile della madre, Keaton – e inizia a studiare recitazione al Neighborhood Playhouse, dove assimila la “tecnica Meisner”, basata sulla reazione emotiva all’altro. Una scuola che formerà il suo approccio empatico, istintivo e profondamente umano alla recitazione.

Nel 1968 debutta a Broadway nel musical Hair e poco dopo viene scelta da Woody Allen per la pièce Provaci ancora, Sam. Tra i due nasce un’intesa artistica e sentimentale destinata a segnare il cinema americano.


Il Padrino e la consacrazione

È Francis Ford Coppola, però, a darle la prima grande occasione: nel 1972 la vuole nel ruolo di Kay Adams, la moglie di Michael Corleone in Il Padrino. È un’interpretazione misurata e potente, che cattura la vulnerabilità e la forza silenziosa di una donna schiacciata dal potere e dalla famiglia. Keaton tornerà nel ruolo anche nei sequel del 1974 e del 1990, completando una delle saghe più importanti della storia del cinema.

Con il successo mondiale del film, Diane Keaton passa da promessa a icona. Ma non si accontenta. Rifiuta di essere la “brava ragazza accanto al gangster” e inizia a cercare ruoli che le permettano di esplorare sfumature più profonde e contraddittorie.


Annie Hall e l’immortalità

La sua consacrazione arriva nel 1977 con Io e Annie (Annie Hall), la commedia romantica scritta e diretta da Woody Allen che cambierà per sempre il genere. Annie – ironica, goffa, intelligente, con quel modo tutto suo di parlare – diventa il simbolo di una nuova femminilità: non perfetta, ma autentica. Il film le vale l’Oscar, il Golden Globe e il BAFTA come miglior attrice protagonista.

“Annie Hall” è anche un gioco di specchi tra l’artista e la donna: Annie è il nomignolo con cui Allen la chiamava, e Hall è il suo vero cognome. È, in un certo senso, la Keaton più vera che si sia mai vista sullo schermo.


Una carriera senza confini

Dopo Io e Annie, Diane Keaton si reinventa continuamente. È la tormentata insegnante di In cerca di Mr. Goodbar, la giornalista idealista in Reds (1981) – per il quale ottiene la seconda nomination all’Oscar – e l’intensa protagonista de La stanza di Marvin (1996).

Negli anni Novanta e Duemila torna al suo lato più ironico e romantico: Il club delle prime mogli (1996) la rende un’icona per un’intera generazione di donne; Tutto può succedere – Something’s Gotta Give (2003), accanto a Jack Nicholson, le regala la quarta nomination all’Oscar e un successo planetario.

Eppure Diane Keaton non si è mai limitata alla recitazione. È stata produttrice, regista, fotografa, scrittrice e perfino cantante. La sua filmografia attraversa oltre cinque decenni, dal 1970 al 2024, con tre film ancora in fase di pre-produzione che, probabilmente, non vedranno la sua presenza definitiva sul set.


Amori, amicizie e leggende

La sua vita privata è stata intensa quanto i suoi film. Amata da Woody Allen, Warren Beatty e Al Pacino, Keaton ha sempre difeso con ironia la sua indipendenza. Non si è mai sposata e ha adottato due figli, Duke e Dexter, a cui ha dedicato la parte più tenera della sua vita.

Era nota per la sua autoironia disarmante, per la capacità di prendersi poco sul serio anche di fronte al successo. In un’intervista aveva detto: “Non sono mai stata la donna che voleva sposare un uomo. Ho sempre voluto sposare la mia vita.”


Una luce che non si spegne

Diane Keaton era una leggenda vivente. Lo è ancora. Il suo modo di camminare, di ridere, di parlare – quel mix inconfondibile di vulnerabilità e intelligenza – continuerà a vivere nei film, nelle battute e nei ricordi di chi l’ha amata.

Come tutti i grandi artisti, Diane Keaton non muore davvero. Resta in ogni fotogramma, in ogni abito maschile portato con fierezza, in ogni sorriso storto di Annie Hall.

Il cinema, oggi, è un po’ più vuoto. Ma anche infinitamente più grato.

Redazione AI

Redazione AI

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