Nel mondo del fumetto italiano, ci sono autori che non si limitano a raccontare storie: le ribaltano, le smontano e le ricompongono con un’intelligenza sottile, capace di far ridere e riflettere allo stesso tempo. Silvia Ziche è una di loro. Con “Diabolik… sempre più sottosopra”, pubblicato nel 2025, l’autrice torna a giocare con il mito del Re del Terrore, proseguendo la rilettura ironica e graffiante iniziata nel 2021 con Diabolik sottosopra. Questa volta, però, il gioco diventa più audace, più profondo e, come suggerisce il titolo, decisamente più “sottosopra”.
Un ritorno sulla scena del crimine
Dopo il successo del primo volume, Ziche torna con una storia lunga e due brevi, accompagnata dalle sceneggiature di Tito Faraci e Mario Gomboli, autentiche colonne della saga di Diabolik. Il risultato è un esperimento riuscitissimo di metanarrazione fumettistica: un Diabolik che resta fedele a sé stesso, ma filtrato attraverso lo sguardo ironico e surreale dell’autrice, capace di ribaltare le regole del gioco senza mai tradirle.
Il “suo” Diabolik è un ladro, sì, ma anche un concetto. È l’archetipo del mistero, del controllo, dell’intelligenza fredda e calcolatrice, che si trova però a fare i conti con un universo dove l’ironia s’insinua come un gas soporifero. Ziche non parodia: analizza, gioca, smonta. E lo fa con il rispetto e la precisione di una fan che conosce ogni singola ombra del personaggio, ma anche con l’audacia di un’autrice che non teme di portarlo oltre la maschera.
L’arte di sovvertire con eleganza
Silvia Ziche ha costruito la sua carriera sull’arte del ribaltamento. Sin dai suoi esordi su “linus”, passando per “Smemoranda” e “Comix”, fino alle sue amatissime storie disneyane per Topolino, ha dimostrato che il fumetto può essere allo stesso tempo popolare, raffinato e profondamente psicologico. In Diabolik… sempre più sottosopra, la sua ironia è una lente deformante che svela ciò che spesso si nasconde dietro la patina lucida del noir.
Le sue tavole — fluide, espressive, dinamiche — alternano tensione e leggerezza, costruendo una narrazione in cui ogni vignetta diventa un piccolo cortocircuito tra il mito e la quotidianità. Il risultato è un Diabolik che, pur restando “l’originale”, diventa anche altro: un simbolo dell’ambiguità, della modernità e, soprattutto, della risata intelligente.
Un trio di maestri: Ziche, Faraci, Gomboli
Dietro questo volume c’è una collaborazione d’eccezione. Tito Faraci e Mario Gomboli, custodi e innovatori del mito di Diabolik, offrono le fondamenta narrative su cui Ziche costruisce la sua personale impalcatura. Il loro contributo garantisce che, per quanto “sottosopra” venga messo il mondo di Clerville, resti intatto il cuore del personaggio: la precisione, la logica, la tensione.
Il dialogo tra questi autori non è solo un incontro generazionale, ma un vero e proprio esperimento di linguaggio. Faraci e Gomboli incarnano la tradizione e la coerenza del fumetto d’autore italiano; Ziche, invece, ne rappresenta la libertà, la sfrontatezza, l’autoironia. Insieme, costruiscono un’opera che parla sia ai fan storici sia a chi si avvicina a Diabolik per la prima volta.
Silvia Ziche: una vita tra risate e riflessioni
Autrice completa, disegnatrice, sceneggiatrice, Silvia Ziche è una delle voci più riconoscibili del fumetto italiano contemporaneo. Oltre al suo lavoro su Topolino — dove ha firmato storie entrate nella storia editoriale del giornale — è conosciuta per Lucrezia, il suo alter ego satirico e ironico che da anni popola le pagine di Donna Moderna e numerose graphic novel.
Con titoli come …E noi dove eravamo? (2018), L’allegra vita della quota rosa (2019), Lucrezia, tutta o quasi (2020) e La gabbia (2022), Ziche ha dimostrato di saper passare dal sorriso alla critica sociale con una naturalezza disarmante. La sua matita non giudica, ma osserva, decifra e restituisce con ironia chirurgica le contraddizioni del nostro tempo.
E con Diabolik… sempre più sottosopra, questa capacità trova un terreno perfetto: un fumetto che parla del male e del mistero, ma che, sotto la lente di Ziche, rivela quanto di umano, fragile e persino buffo possa nascondersi dietro una maschera.
Diabolik tra tradizione e rivoluzione
Il fascino di Diabolik è sempre stato quello della coerenza. Dal suo debutto nel 1962, il personaggio creato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani è rimasto quasi immutato nella sua essenza: freddo, letale, perfetto. Ogni deviazione dal canone, quindi, è un rischio. Ma è proprio in questo rischio che Ziche trova la sua forza.
La sua operazione non è un atto di ribellione, ma di amore consapevole. Prendere Diabolik e portarlo nel suo mondo, quello del paradosso, del sorriso, del linguaggio vivace e quotidiano, significa restituirlo a una nuova generazione di lettori. E lo fa senza mai ridicolizzarlo: al contrario, lo umanizza. Gli toglie un po’ di oscurità per restituirgli, paradossalmente, più spessore.
Il suo “Re del Terrore” non è meno pericoloso — solo più complesso. Un simbolo che, attraverso l’ironia, diventa specchio dei tempi.
Un fumetto che è anche un meta-commento
In Diabolik… sempre più sottosopra, ogni tavola sembra porsi una domanda: può un personaggio così rigido, quasi archetipico, sopravvivere in un mondo in cui nulla è più bianco o nero? La risposta di Ziche è un sì ironico e affettuoso. Attraverso situazioni paradossali, giochi di linguaggio e piccoli cortocircuiti narrativi, l’autrice trasforma Diabolik in un laboratorio del fumetto stesso. È come se la pagina diventasse uno specchio, in cui il crimine si riflette nel sorriso, e la parodia diventa riflessione.
Diabolik… sempre più sottosopra è una di quelle opere che ricordano perché amiamo il fumetto italiano. Perché riesce a essere, contemporaneamente, popolare e sofisticato. Perché sa giocare con i suoi miti senza distruggerli. E perché autrici come Silvia Ziche ci ricordano che dietro ogni maschera – anche quella del più temuto ladro di Clerville – si nasconde sempre un sorriso ironico, un dubbio, una storia da raccontare ancora.











Aggiungi un commento