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La recensione di Diabolik

Domani, 16 dicembre 2021, esce finalmente nelle sale l’atteso Diabolik firmato dai Manetti Brothers. Il film (rimasto nel cassetto per un paio d’anni a causa della pandemia) è il primo di una trilogia, i cui due sequel sono già in lavorazione. Nel cast Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea, rispettivamente nei ruoli di Diabolik (ma nei capitoli successivi il celeberrimo ladro avrà il volto di Giacomo Keaton Gianniotti), Eva Kant e l’ispettore Ginko. Li affiancano Alessandro Roia, Serena Rossi, Roberto Citran, Luca Di Giovanni, Antonino Iuorio, Vanessa Scalera, Daniela Piperno, Pier Giorgio Bellocchio e Claudia Gerini.

La trama riprende fedelmente gli eventi narrati negli albi “L’arresto di Diabolik” (del marzo 1963) ed il più recente “L’Arresto di Diabolik: il remake” (che accorpa anche l’albo dell’aprile ’63, “Atroce Vendetta”). Entra per la prima volta in scena Lady Eva Kant, la ricca e bellissima ereditiera dall’oscuro passato che diventerà insostituibile partner del criminale tanto nella vita privata quanto in quella ‘professionale’. Miriam Leone è perfetta per il ruolo e l’iconico chignon biondo le dona, è forse proprio lei la vera star del film. Marinelli e Mastandrea sono comunque impeccabili (ed è abbastanza divertente, almeno per i cinefili, vedere come il secondo si sia trasformato dal ladro Lupin III di “Basette” all’ispettore Ginko). Bellissime le location scelte per ricreare le fittizie Clerville e Ghent: dal centro di Milano (la pellicola si apre con uno spettacolare inseguimento in auto fra le vie del centro, Piazza Missori e San Babila) alle nevi di Courmayeur, fino al lungomare di Trieste, passando brevemente per Roma e Bologna.

I due registi romani hanno scelto, per portare sul grande schermo i personaggi ideati dalle sorelle Giussani, una chiave stilistica che sono certa piacerà molto agli appassionati ma non verrà apprezzata dal pubblico generalista: il rispetto totale delle tavole a fumetti (con l’unica concessione del colore al posto del bianco e nero), con tanto di split screen ricorrenti, primi piani su pugnali in volo e tagli di luce improbabili ad evidenziare occhi del fascinoso protagonista. La ricostruzione visiva delle ambientazione e delle atmosfere anni ’60 è maniacale, scenografie e costumi in questo senso sono un vero capolavoro. La recitazione è statica, volutamente artefatta, bidimensionale; la fotografia richiama i colori dei fotoromanzi e dei ‘poliziotteschi’ all’italiana degli anni ’60 e ’70. Tutto molto bello, non fosse che a risentirne è – inevitabilmente – il ritmo dell’azione ed il coinvolgimento emotivo dello spettatore (complice anche la durata eccessiva. Si sarebbe potuto, a mio avviso, snellire qualche ‘spiegone’ ed accorciare di una mezz’oretta la pellicola). In sostanza Diabolik è una riuscitissima lettera d’amore ad un personaggio che ha fatto la storia del fumetto italiano, ma è anche un film fuori mercato che difficilmente riuscirà a conquistare il pubblico durante il periodo natalizio. Spero di dovermi ricredere.

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Simona Marletti

Appassionata cinefila, avida lettrice, appassionata di musical e fotografa per passione, Simona è iscritta all'Albo dei Giornalisti di Milano, elenco Pubblicisti, dal 2011. Ha collaborato in passato per svariati anni con Cineblog ed altre testate del network di Blogo; oltre a Cinema Errante ed EveryEye. Fra i suoi molti hobby ci sono i viaggi ed il cosplay.

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