CorriereNerd.it

“Dexter Resurrection”: Dexter Morgan è tornato. Di nuovo. E questa volta… non è più solo.

Se c’è un personaggio televisivo che sembra proprio incapace di morire — e non parlo solo di sopravvivere a ferite letali — è Dexter Morgan. Il nostro caro, oscuro, tormentato Dexter. Ma stavolta, credetemi, la mia non è un’esclamazione di entusiasmo. È più un sospiro stanco, quasi esasperato. Perché sì, Paramount+ con SHOWTIME ha deciso di rimettere in circolazione il killer etico con Dexter: Resurrection, una nuova serie che, almeno sulla carta, prometteva di ridefinire tutto ciò che credevamo di sapere sull’antieroe per eccellenza della TV. E invece? Beh, preparatevi, perché stavolta vi parlo da fan delusa, quasi tradita.

Quando nel lontano 2006 abbiamo conosciuto Dexter, eravamo tutti affascinati. Lui, il tecnico della scientifica di Miami di giorno, giustiziere di assassini di notte, incarnava un nuovo tipo di narrazione televisiva: disturbante, magnetica, capace di farti tifare per qualcuno che, razionalmente, non avresti mai dovuto neanche capire. Era la tv che ci faceva fare i conti con il nostro lato oscuro, che ci domandava quanto fossimo disposti a giustificare, a empatizzare, a scendere a compromessi morali.

Poi sono arrivate otto stagioni, un finale che ha lasciato l’amaro in bocca a chiunque avesse seguito la serie con devozione, e un sequel, Dexter: New Blood, che — pur con tutti i suoi limiti — aveva almeno avuto il coraggio di dare un (quasi) punto fermo alla storia. Il colpo di pistola di Harrison, il figlio che uccide il padre, era sembrato un modo amaro ma necessario per chiudere il cerchio.

E invece no.

Come un vampiro narrativo, Dexter risorge ancora, stavolta a New York, e ci viene presentato con una nuova promessa: sarà diverso, sarà più grande, sarà più profondo. Ma la verità? Sa solo di déjà-vu.

Il trailer lo dice chiaro: Dexter si sveglia da un coma, Harrison è scomparso, e lui deve inseguire le ombre del passato in una nuova giungla metropolitana. Fin qui, potrei anche starci. Ma poi arriva il dettaglio che mi ha fatto alzare un sopracciglio, e non in senso positivo: Dexter non è più un solitario. Entra in scena una cabala di serial killer, una specie di Suicide Squad del crimine, con Peter Dinklage come leader, Uma Thurman versione Coulson deviato, Neil Patrick Harris, Krysten Ritter, Eric Stonestreet e David Dastmalchian nel mix.

Sembra un sogno nerd? Forse. Ma la domanda che mi martella è: perché?

Non fraintendetemi: adoro ciascuno di questi attori. Sono pezzi da novanta del panorama televisivo e cinematografico, capaci di regalare momenti iconici. Ma qui, onestamente, sembrano messi insieme più per stuzzicare i fan con il giochino del “guarda chi c’è!” che per servire davvero la storia. È come se lo show sapesse di non avere più molto da dire e cercasse di intrattenerci agitando le mani in aria, sperando che le lucine ci distraggano abbastanza da non notare le crepe narrative.

New York, certo, è una cornice intrigante. Dimenticate il sole sfacciato di Miami e l’isolamento innevato di Iron Lake: qui siamo nel cuore pulsante di una metropoli insonne, un teatro perfetto per giochi di caccia e predazione. Ma la regia, affidata a Monica Raymund e Marcos Siega, perde quell’identità visiva che aveva reso unica la serie originale. E la colonna sonora… oh, la colonna sonora. Un continuo, fastidioso “hey, siamo cool!”, tanto invadente da farti desiderare il silenzio, o almeno un ritorno al minimalismo teso delle prime stagioni.

E il cuore emotivo?

Qui arriviamo al punto più dolente. Il rapporto tra Dexter e Harrison era il fulcro di New Blood. Ora diventa un’ombra, un pretesto. Harrison gestisce un hotel, si dibatte tra l’eredità del padre e la voglia di fuggirne, mentre Dexter, con la sua onnipresente voce interiore (che ormai rasenta l’auto-parodia), si aggira tra i vicoli bui come un fantasma che non sa più se vendicarsi o redimersi.

E poi ci sono i ritorni dal passato: David Zayas nei panni di Batista, James Remar di nuovo come Harry, il padre-mentore morto che ormai ha più tempo sullo schermo da spettro che da vivo. Li guardi e non puoi fare a meno di pensare: ma serviva davvero? È questo che volevamo?

La verità, almeno per me, è che Resurrection somiglia più a un’operazione di resuscitazione commerciale che a un atto creativo autentico. È un DLC televisivo non richiesto, un tentativo di spremere ancora un po’ di succo da un frutto ormai secco. Le dinamiche padre-figlio? Già viste. Il codice di Harry? Ripetuto all’infinito. Gli omicidi creativi? Sempre meno sorprendenti.

Mi dispiace dirlo, perché io per prima avrei voluto adorare questo ritorno. Avrei voluto perdermi di nuovo nella psiche contorta di Dexter Morgan, interrogarmi sulla natura del male, farmi travolgere da un thriller psicologico all’altezza delle stagioni migliori. Ma invece mi trovo davanti a una serie che, più che rinascere, si trascina.

Per i fan completisti, certo, ci sono cose da salvare. Michael C. Hall resta magnetico, impossibile distogliere lo sguardo da lui. La New York noir è affascinante, il cast secondario fa scintille qua e là. Ma nel complesso, tutto sembra più un esercizio di stile nostalgico che un vero passo avanti. E forse è questo il vero problema: non è Dexter a essere cambiato. Siamo noi. Noi che nel frattempo abbiamo visto crescere le serie crime, abbiamo imparato a pretendere di più, a non accontentarci delle stesse dinamiche ripetute all’infinito.

Quindi vi chiedo: voi ci sarete? Darete a Dexter un’altra possibilità… o pensate che sia arrivato il momento di chiudere definitivamente il sacco degli strumenti? Fatemelo sapere nei commenti, condividete questo articolo con i vostri amici di binge-watching e raccontatemi le vostre teorie. Perché una cosa è certa: anche se Dexter continua a tornare, forse siamo noi spettatori a dover decidere quando dire basta.

Maria Merola

Maria Merola

Laureata in Beni Culturali, lavora nel campo del marketing e degli eventi. Ama Star Wars, il cosplay e tutto ciò che riguarda il mondo del fantastico, come rifugio dalla realtà quotidiana. In particolare è l'autrice del blog "La Terra in Mezzo" dedicato ai miti e alle leggende del suo Molise.

Aggiungi commento

Seguici sui social