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Hollywood sotto attacco (di dazi): Trump e la crociata contro i film girati all’estero minacciano anche gli anime

Notizia bomba, gente. Di quelle che sembrano uscite dritte dritte da un episodio di Black Mirror scritto da uno sceneggiatore ubriaco di protezionismo e patriottismo esasperato. Donald Trump, ex Presidente degli Stati Uniti e habitué delle polemiche da trending topic, ha sganciato l’ennesima mina mediatica: vuole imporre un dazio del 100% su tutti i film realizzati fuori dai confini americani. Avete letto bene: il doppio del costo per ogni pellicola “straniera” che varca la frontiera a stelle e strisce. Altro che sequel di Independence Day, qui si parla di una guerra commerciale con effetti speciali realissimi.

L’annuncio è arrivato – neanche a dirlo – su Truth Social, la piattaforma di Trump, e ha subito fatto il giro del mondo. Secondo The Donald, l’industria cinematografica americana è in agonia, strangolata dagli incentivi che altri Paesi (tipo Canada, Regno Unito, Ungheria) offrono per attirare produzioni hollywoodiane. Una minaccia alla “sicurezza nazionale” e, udite udite, una forma di “propaganda straniera”. Il suo obiettivo è chiaro e urla slogan come solo lui sa fare: “We want those made in America, again!”. Difficile non sentirci l’eco di quel famoso “Make America Great Again”, ma declinato in salsa cinefila.

Ma attenzione, non è solo l’ennesimo sfogo social per accendere i riflettori. Trump avrebbe già dato mandato al Dipartimento del Commercio e all’Ufficio del Rappresentante per il Commercio di avviare l’iter per questa mega tariffa del 100%. Una mossa che, se attuata, potrebbe rivoluzionare (e forse devastare) il panorama dell’intrattenimento globale. E indovinate un po’? A farne le spese potremmo essere proprio noi, nerd incalliti, spettatori voraci di blockbuster e – soprattutto – amanti degli anime.

Il paradosso è che, fino a poco prima di questa “mazzata”, si parlava di incentivi per sostenere Hollywood. A promuoverli, niente meno che Jon Voight – sì, il papà di Angelina Jolie e uno degli ambasciatori speciali di Trump nel mondo dello spettacolo, insieme a nomi mica da poco come Sylvester Stallone e Mel Gibson. Voight stava dialogando con sindacati e major per proporre agevolazioni fiscali, anche alla luce degli incendi devastanti che hanno colpito Los Angeles. Ma al posto di un salvagente è arrivato un siluro. Alcuni insider sostenevano già che Trump covasse da tempo il desiderio di “blindare” l’industria americana contro le produzioni estere. Beh, ora lo sappiamo con certezza.

Ma veniamo al punto che più ci riguarda: cosa significa tutto questo per noi fan del cinema geek e, soprattutto, per il futuro dell’animazione giapponese?

Pensateci un attimo. Il successo globale di Demon Slayer – Il Treno Mugen, i record di One Piece Film: Red, la potenza emotiva di Godzilla Minus One, e la rinascita delle perle Ghibli in IMAX hanno mostrato quanto l’anime sia ormai un fenomeno internazionale. I cinema americani, che una volta consideravano l’animazione giapponese roba da nicchia, oggi si contendono i diritti per portare in sala questi gioielli. Ma se passasse il piano Trump, ogni film anime verrebbe tassato al 100% all’ingresso negli USA. Risultato? Il doppio del prezzo per portarlo nelle sale. Un incubo per distributori come GKIDS o Crunchyroll, che già operano in un mercato di margini strettissimi.

E non finisce qui. Se i dazi si estendessero anche a home video, Blu-ray o diritti streaming, si rischierebbe un ritorno agli anni ‘90, quando per vedere un film anime dovevi aspettare mesi, pregare che arrivasse sottotitolato e accontentarti di un DVD a tiratura limitata. Una regressione che farebbe male non solo ai fan, ma anche agli studi indipendenti giapponesi come Studio Chizu (Mamoru Hosoda) o Science Saru (Inu-Oh), già in difficoltà nella distribuzione internazionale.

Ma la questione non riguarda solo l’animazione giapponese. A tremare sono anche i colossi hollywoodiani che girano all’estero. Prendiamo Avengers: Doomsday, una delle punte di diamante del futuro Marvel Cinematic Universe, in lavorazione nel Regno Unito. Oppure Dune: Messiah, attesissimo seguito della saga sci-fi, le cui riprese partiranno in Ungheria. E poi L’Odissea di Christopher Nolan, partito dalla Sicilia per poi spostarsi in Marocco. Tutti potenzialmente nel mirino del nuovo protezionismo trumpiano.

Insomma, si rischia di mandare in tilt l’intero ecosistema produttivo globale, basato su location internazionali, incentivi locali e troupe specializzate. Hollywood non è più un luogo fisico, è un’idea globale, un network di talenti e risorse che collabora su scala planetaria. Stroncare questa rete significherebbe aumentare vertiginosamente i costi delle produzioni, e chi pensate che pagherà il conto finale? Esatto: noi spettatori. Biglietti più cari, abbonamenti streaming che lievitano, merchandising alle stelle.

E se pensate che il peggio sia passato, aspettate di sentire la vendetta degli altri Paesi. Perché la vera paura è la ritorsione: e se l’Europa, la Cina o il Giappone decidessero di piazzare a loro volta dazi sui film americani? Il botteghino globale vale miliardi per gli USA (22,6 miliardi di dollari nel solo 2024, secondo la Motion Picture Association). Un contrattacco commerciale potrebbe essere disastroso per le major, che vedrebbero affondare i loro incassi esteri. E la spirale di rincari ci colpirebbe come un pugno di Hulk in piena faccia.

Per fortuna, una voce contraria si è già levata dagli stessi Stati Uniti. Gavin Newsom, Governatore della California (alias la casa madre di Hollywood), ha definito il piano di Trump come una “dichiarazione di guerra” al settore creativo californiano. Non solo sta spingendo per aumentare gli incentivi statali per le produzioni, ma ha anche messo in dubbio la legalità del provvedimento, sostenendo che un Presidente non abbia il potere unilaterale di imporre simili dazi.

La battaglia è solo all’inizio, ma il dado è tratto. Se il piano dovesse andare avanti, potremmo assistere a una trasformazione epocale del mondo dell’intrattenimento, dove vedere un anime al cinema o una nuova serie Marvel su Disney+ potrebbe diventare un lusso.

maio

maio

Massimiliano Oliosi, nato a Roma nel 1981, laureato in giurisprudenza, ma amante degli eventi e dell'organizzazione di essi, dal 1999 tramite varie realtà associative locali e nazionali partecipa ad eventi su tutto il territorio nazionale con un occhio particolare al dietro le quinte, alla macchina che fa girare tutto.

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