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Cuore Selvaggio torna al cinema: il tributo visionario a David Lynch che ci riporta nel cuore nero dell’America

C’è qualcosa di magico, disturbante e irripetibile in Cuore Selvaggio (Wild at Heart), il film di David Lynch che nel 1990 incendiò il Festival di Cannes conquistando la Palma d’Oro e dividendo il pubblico come solo un’opera d’arte autentica sa fare. Oggi, a distanza di oltre trent’anni, il film ritorna sul grande schermo in un ciclo di dieci proiezioni-evento, accompagnate da alcuni cortometraggi inediti, per rendere omaggio al regista recentemente scomparso. Un’occasione imperdibile per rituffarsi in quell’universo surreale e sovversivo che solo Lynch sapeva costruire con tanta coerenza e follia. E per celebrare degnamente uno dei cineasti più influenti, coraggiosi e inclassificabili della storia del cinema contemporaneo.

Quando parliamo di Cuore Selvaggio, parliamo di un’opera che brucia. Brucia nei colori, brucia nei sentimenti, brucia nella carne viva dei suoi personaggi. Nicolas Cage e Laura Dern sono Sailor Ripley e Lula Pace Fortune, due amanti in fuga da un mondo che non ha spazio per l’amore, la libertà e il sogno. Una coppia che sembra uscita da una ballata rockabilly scritta da un poeta maledetto: lui con la giacca di pelle di serpente simbolo della sua individualità, lei una moderna Dorothy catapultata non a Oz ma in un’America marcia, violenta e lisergica.

Il film nasce dall’incontro tra la penna pulp di Barry Gifford e l’immaginario disturbante di Lynch. Il romanzo da cui è tratto è un noir sporco e senza speranza, ma è proprio la mente visionaria del regista a trasformare questa storia in un’epopea gotica moderna. Quella di Cuore Selvaggio non è una fuga normale: è un viaggio psichedelico attraverso l’inconscio di un paese che ha smarrito la sua identità, popolato da assassini grotteschi, madri isteriche, cowboys decadenti e fatine che appaiono tra le fiamme per rivelare verità interiori.

Ogni fotogramma è intriso di contrasti. La bellezza dei sentimenti si scontra con la brutalità degli eventi. Il kitsch diventa poesia. La colonna sonora spazia da Elvis Presley al metal estremo, da Chris Isaak a sonorità industriali, creando un tappeto sonoro che amplifica l’assurdo e accompagna lo spettatore in un’altalena emotiva senza respiro. La celebre scena dell’incidente notturno, accompagnata da Wicked Game, è una delle più potenti e strazianti mai realizzate: un momento sospeso tra amore e morte, dove il confine tra sogno e incubo si dissolve in un gioco crudele.

David Lynch, reduce all’epoca dal successo planetario di Twin Peaks, imprime in questa pellicola tutti i suoi temi più ossessivi. L’inquietudine che si cela dietro la facciata rassicurante dell’America di provincia. Il contrasto tra il desiderio di redenzione e l’inevitabilità della dannazione. L’idea che l’amore – quello vero, totalizzante, animalesco – sia l’unica forza capace di opporsi al caos. Ma Cuore Selvaggio non è solo un film d’amore. È una favola nera che si nutre di citazioni, simbolismi e deformazioni. È Il mago di Oz riscritto da un autore horror sotto l’effetto di acido. Con tanto di strega cattiva (una straordinaria Diane Ladd, madre nella finzione e nella realtà di Laura Dern) e di fata buona che guida Sailor verso la riconciliazione.

A differenza dei lavori successivi di Lynch, come Mulholland Drive o Inland Empire, qui la trama segue un filo (relativamente) lineare. Ma è solo un’illusione. Ogni scena nasconde sottotesti, allegorie, rimandi culturali. La figura di Bobby Peru, interpretata da un Willem Dafoe grottesco e inquietante, incarna la corruzione, il male che seduce e devasta. È il cuore nero dell’America, ciò che resta quando si spengono le luci del diner e i sogni si fanno incubi.

Eppure, nonostante tutto, il film rimane profondamente umano. Sailor e Lula, nella loro goffa spontaneità, nella loro fragilità, sono due ribelli romantici. Il loro amore non è perfetto, ma è autentico. E forse è proprio questo che rende Cuore Selvaggio così potente: la capacità di raccontare l’orrore e il meraviglioso con lo stesso sguardo innamorato. Di mostrarci che anche in un mondo dominato dalla violenza, dalla follia e dalla morte, può esistere una possibilità di salvezza. Anche solo per un istante.

Rivedere oggi Cuore Selvaggio al cinema è un atto di resistenza contro l’omologazione culturale. È un rito collettivo, un ritorno a un tempo in cui il cinema sapeva ancora essere scandaloso, imprevedibile, poetico. È un’occasione per riscoprire il genio di David Lynch, per esplorare i suoi mondi deformati e per lasciarsi travolgere dalla sua capacità unica di raccontare l’indicibile. E in un’epoca dove tutto è spiegato, razionalizzato, semplificato, il mistero lynchiano è più necessario che mai.

Se anche tu hai amato Sailor e Lula, se hai urlato davanti allo schermo quando Cage canta Love Me Tender, se ancora sogni deserti infuocati e fate buone in abito da sera, non puoi perdere questo appuntamento. E se Cuore Selvaggio è per te una scoperta, lasciati sedurre da questo viaggio estremo e senza compromessi. Non è un film per tutti. Ma è un film che, se ti entra dentro, non ti lascia più andare.

Parliamone insieme: che ricordo avete di Cuore Selvaggio? Lo avete visto all’epoca o sarà la vostra prima volta sul grande schermo? Condividete le vostre emozioni, i vostri ricordi e le vostre interpretazioni nei commenti qui sotto o sui vostri social, taggando @CorriereNerd.it. Lynch si nutre dei nostri sogni… e dei nostri incubi.

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