Ben prima che Brad Pitt e George Clooney portassero su schermo l’eleganza dei colpi impossibili, prima ancora che Steven Soderbergh reinventasse il concetto di “heist movie” con stile e ironia, c’era “Colpo grosso” (Ocean’s 11). Correva l’anno 1960, e il regista Lewis Milestone riuniva in un’unica pellicola un cast che da solo bastava a riempire i casinò di Las Vegas: Frank Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis Jr., Peter Lawford, Joey Bishop e il resto della leggendaria banda del Rat Pack. “Colpo grosso” non era solo un film, ma un manifesto di un’epoca. Quella scintillante, musicale e leggermente dissoluta dell’America postbellica, in cui Las Vegas era il simbolo della modernità e della tentazione. Al centro della storia, Danny Ocean, carismatico ex paracadutista della 82ª divisione aviotrasportata, decide di riunire undici compagni d’armi per mettere a segno il colpo del secolo: svaligiare contemporaneamente cinque casinò di Las Vegas la notte di Capodanno. Una sfida tanto folle da risultare irresistibile.
L’arte della truffa secondo il Rat Pack
Il film di Milestone è una macchina del tempo che ci catapulta nel cuore pulsante di un’America in pieno boom economico, dove il glamour e il rischio convivono nello stesso bicchiere di bourbon. Sinatra incarna la spavalderia di un leader naturale, mentre Dean Martin regala momenti di puro charme, alternando battute sagaci e il celebre numero musicale “Ain’t That a Kick in the Head?”, che diventerà uno dei simboli del film.
Ma “Colpo grosso” è molto più di un semplice film di rapina. È un ritratto di amicizia, cameratismo e ironia maschile, in un’epoca in cui i protagonisti del grande schermo erano uomini che ridevano davanti al pericolo e fumavano con lo sguardo di chi non aveva niente da perdere. Ogni scena respira il clima rilassato e complice del Rat Pack, quella fratellanza artistica che mescolava musica, cinema e vita notturna in un’unica, leggendaria avventura.
L’eleganza prima dell’azione
A differenza dei frenetici colpi moderni alla “Ocean’s Eleven” del 2001, qui il ritmo è jazz: rilassato, seducente, scandito da dialoghi frizzanti e da una regia che preferisce l’ironia alla tensione. Milestone non punta sulla suspense, ma sull’atmosfera. L’idea di vedere undici veterani della Seconda guerra mondiale – uomini che hanno conosciuto la disciplina, la paura e la solidarietà – trasformarsi in ladri gentiluomini, è il cuore morale e ironico del racconto.
Ogni membro della banda ha il suo ruolo, ma ciò che conta davvero non è il bottino, bensì il gesto. Il colpo perfetto, la sfida al destino, la dimostrazione che anche in un mondo dominato dal caso e dalla fortuna (come quello del gioco d’azzardo) c’è spazio per l’intelligenza e la precisione. È un film in cui la truffa diventa spettacolo, e il crimine si trasforma in una coreografia di sguardi, sorrisi e smoking impeccabili.
Il fascino immortale di Las Vegas
Girato in gran parte tra i veri casinò della Strip – Sands, Desert Inn, Riviera, Sahara e Flamingo – il film cattura la Las Vegas pre-moderna, quella delle insegne al neon e dei tavoli verdi fumosi, quando la città era ancora un luogo sospeso tra sogno e peccato.
Milestone e la sua troupe ci regalano un documento visivo straordinario, dove la fotografia scintillante e i costumi eleganti diventano un tributo al mito americano del rischio e del divertimento.
Il finale, amaramente ironico, è la perfetta chiusura di questa ballata sul destino: il bottino dei protagonisti, frutto di un piano perfettamente orchestrato, viene letteralmente bruciato in una scena che è diventata leggenda del cinema.
Il lascito: dal mito di Sinatra alla rinascita di Soderbergh
Più di quarant’anni dopo, Steven Soderbergh raccoglierà quella stessa eredità e la trasformerà in un nuovo linguaggio cinematografico, con “Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco” (2001). Anche in questo caso il cuore non è il denaro, ma la squadra, il ritmo, lo stile. Clooney e Pitt aggiornano il mito del Rat Pack per una nuova generazione, ma il debito con Sinatra e compagni è evidente in ogni battuta, in ogni sorriso.Il remake omaggia apertamente il classico del 1960, tanto da includere camei di Angie Dickinson e Henry Silva, due volti originali del film di Milestone. È un passaggio di testimone ideale tra due epoche: l’una fatta di sigarette, tuxedo e swing, l’altra di tecnologia, ironia e colpi sincronizzati al millisecondo.
Perché (ri)vedere “Colpo grosso” oggi
Riscoprire “Colpo grosso” significa tornare a un cinema in cui il carisma contava più degli effetti speciali, e in cui il ritmo narrativo era una questione di presenza scenica, di sguardi e battute. È un film che racconta un sogno americano più elegante e malinconico, dove la ribellione passa attraverso il fascino e la lealtà tra amici.
“Colpo grosso” è una capsula di tempo in cui la truffa diventa un atto di stile e Las Vegas è il palcoscenico di un’America che non esiste più, ma che continua a vivere nella nostra immaginazione — tra un bicchiere di bourbon e una canzone di Dean Martin.











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