C’è un angolo di Milano in cui l’arte ha deciso di disobbedire alle leggi del tempo e della forma. Succede nello spazio elegante e colto dello Steinway & Sons Flagship Store, a due passi dal cuore pulsante della città, dove prende vita una mostra capace di riscrivere la grammatica della musica attraverso il linguaggio visivo della pittura. Il suo nome è un titolo poetico e misterioso: Alfi Gymnopèdies. Una palestra onirica sul pentagramma della pittura. E credetemi, è molto più di una semplice esposizione: è un viaggio sensoriale, una danza surreale dove le note di Erik Satie si incarnano in creature fantastiche.
L’artefice di questa esperienza visionaria è Alessandro Fusari, in arte ALFI, artista poliedrico capace di muoversi tra emozione e ironia con un tratto riconoscibile e profondo. Al suo fianco, la curatela sapiente di Gianluca Marziani, che ha saputo tradurre l’anima delle Gymnopédies di Satie in uno spazio espositivo che si fa palco, rito, sogno condiviso.
Ma andiamo con ordine. Le Gymnopédies di Erik Satie sono tre brani pianistici composti tra il 1888 e il 1895, diventati celebri per la loro atmosfera sospesa, malinconica, quasi ipnotica. Sono composizioni che sembrano fluttuare fuori dal tempo, con un’eleganza antica che affonda le radici nel mito greco delle gymnopaediae, celebrazioni danzanti in cui i giovani spartani si esibivano nudi, liberi da armature, in un rituale di purificazione fisica e spirituale.
Ed è proprio questa dimensione arcaica e simbolica che ALFI ha saputo trasformare in immagini. Nella mostra milanese, le linee del pentagramma non sono più soltanto righe musicali, ma si distendono come un orizzonte narrativo. Su questo scenario si dispongono cinque tele di uguale formato, allineate in sequenza orizzontale come a comporre una partitura visiva. Un pentagramma pittorico, dove le note prendono forma e vita grazie ai “mostri empatici” di ALFI — esseri antropomorfi, ironici, perturbanti e al tempo stesso incredibilmente umani, capaci di emozionare con un semplice sguardo o una posa fuori tempo.
Queste creature si muovono nello spazio come ballerini in una palestra rituale, incarnando l’energia della musica e il potere liberatorio del colore. Durante l’inaugurazione del 4 giugno, l’opera prenderà vita sotto gli occhi del pubblico con un live painting, in cui ALFI completerà le tele in diretta, trasformando la serata in un vero happening d’arte. L’esposizione rimarrà visitabile fino al 7 giugno, regalando ai visitatori l’opportunità di immergersi in un’esperienza unica, dove pittura e musica si fondono in un’unica sinfonia visiva.
Il mondo che ALFI costruisce è onirico, sì, ma anche terribilmente reale. C’è l’eco della città contemporanea nei suoi tratti, la memoria di un’umanità fragile ma tenace, che trova nelle sue creature un riflesso sincero, empatico. E le Gymnopédies di Satie, con la loro modernità intramontabile, diventano non solo colonna sonora, ma vera e propria architettura emotiva su cui costruire un racconto fatto di gesti, sguardi, simboli.
Come racconta lo stesso ALFI:
“Il mondo surreale di cui mi nutro sin dal primo giorno si va a incontrare con la musica e non può succedere che questo… una palestra in festa, gioia e colore danzano sulle linee, sui battiti del cuore che la musica sa solo che arricchire, far volare, sognare ad occhi aperti.” E le sue parole sono la chiave per entrare davvero in questo universo: qui non si contempla l’arte, la si vive, la si sogna.
Il curatore Gianluca Marziani aggiunge un’altra prospettiva interessante:
“La sapienza e la modernità dei tre brani di Satie diventano l’ambiente sonoro su cui scatta il rituale della festa contemporanea. Un inno alla gioia e alla momentanea liberazione da fobie diurne e incubi notturni. Quando i personaggi di ALFI diventano i nostri nuovi amici immaginari, nasce una nuova forma di arte condivisa e viva.”
E non è tutto. Durante l’evento sarà presentato anche un cofanetto in edizione limitata, una piccola gemma per collezionisti e appassionati: cinque stampe d’autore su supporto Dbond che riproducono le Gymnopédies in formato più intimo, trasformando la grande pittura in un’esperienza da portare a casa, da vivere quotidianamente come un piccolo rituale personale.
Alfi Gymnopèdies non è solo una mostra, ma un inno alla sinestesia tra musica e pittura, tra memoria classica e immaginazione contemporanea. È una dichiarazione d’amore all’arte come linguaggio universale, capace di toccare corde invisibili e accendere emozioni profonde. È un’opera sartoriale, pensata e cucita su misura per il tempio della musica che è Steinway & Sons, dove ogni tela vibra come una nota e ogni creatura è una sinfonia di libertà.
Se vi trovate a Milano tra il 4 e il 7 giugno, non lasciatevi sfuggire questa occasione. Entrate, ascoltate, guardate. E poi uscite… con una nuova colonna sonora nella mente e un nuovo amico immaginario nel cuore.
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