C’è un dolore che si insinua silenzioso tra le pagine dei fumetti, come una matita che lascia un ultimo segno sulla carta prima di essere riposta per sempre. Il 7 maggio 2025 ci ha lasciati Enea Riboldi, artista straordinario, illustratore e disegnatore che ha segnato con eleganza e intensità una parte fondamentale dell’immaginario nerd italiano. Un nome forse meno noto al grande pubblico, ma familiare e amatissimo da chi, ogni mese, attendeva in edicola la nuova copertina di Dampyr — la serie horror edita da Sergio Bonelli Editore che lui ha accompagnato sin dalla sua nascita nel 2000.
Per chi ama il fumetto italiano, dire “Enea Riboldi” significa evocare subito le atmosfere gotiche, oscure e affascinanti di Dampyr, il mezzo vampiro tormentato nato dalla mente di Mauro Boselli e Maurizio Colombo. Da Dampyr n. 1 – Il figlio del diavolo ad arrivare al recentissimo e storico numero 300, Riboldi è stato il volto silenzioso ma inconfondibile della serie. Ogni copertina, una promessa. Ogni illustrazione, una porta aperta sull’ignoto. Ma il contributo di Riboldi al mondo del fumetto e dell’illustrazione va ben oltre quel celebre mensile Bonelli.
Nato a Milano il 3 agosto 1954, Enea Riboldi è stato parte di una generazione di artisti che negli anni ’70 e ’80 hanno reso Milano una fucina creativa di fervore e sperimentazione. Inizia il suo percorso presso lo StudiOriga, culla di giovani talenti dove affina la tecnica e la versatilità, realizzando le matite per collane come MisterLady e Maghella, che parlavano a un’Italia pop e trasgressiva. Parallelamente, pubblica storie brevi sulla rivista musicale Gong, diretta da Graziano Origa — un’ulteriore dimostrazione di come la sua arte fosse capace di adattarsi ai più diversi linguaggi.
Negli anni ’80, la carriera di Riboldi si espande in molte direzioni. Collabora con la RAI, realizza illustrazioni per giochi da tavolo e wargame (come Rommel, pubblicato dall’International Team, autentica chicca per gli appassionati di boardgames vintage), lavora nel settore pubblicitario e perfino sulle carte da gioco. Le sue immagini diventano presenza familiare nei luoghi più insospettabili della cultura visiva italiana.
Una delle sue collaborazioni più affascinanti è senza dubbio quella con il mercato francese: dal 1983 al 1987 lavora alla saga Vol Solitaire, un’epopea bellica ambientata tra i cieli della Seconda Guerra Mondiale, scritta da Antonio Tettamanti. La storia, pubblicata da Dargaud e poi da Comic Art in Italia, è un altro tassello che dimostra quanto Riboldi sapesse fondere l’epico con l’intimo, trasformando ogni tavola in una narrazione pittorica.
Eppure, per noi nerd italiani, l’altro grande nome legato alla sua matita è quello di Dylan Dog. Riboldi realizza tre storie giganti dell’Indagatore dell’Incubo, confrontandosi con sceneggiature di autori del calibro di Claudio Chiaverotti, Tiziano Sclavi e un giovanissimo Pasquale Ruju. In quei numeri — Cronache di straordinaria follia, Il vicino di casa, Il mistero dell’isola D’yD e Cuori randagi — si intravede una tensione narrativa cupa e poetica, pienamente in linea con l’estetica “sclaviana” che aveva reso Dylan un’icona.
Il suo stile, riconoscibilissimo ma mai monotono, si adatta anche a contesti molto diversi: illustra Caterina dei briganti per la collana Junior della Mondadori, collabora con la rivista Splatter (un cult per gli amanti dell’horror underground anni ’90), e contribuisce per oltre vent’anni con vignette alla rivista nautica Bolina, dimostrando ancora una volta la vastità del suo orizzonte artistico.
Nel 2005, ancora una volta in Francia, arriva Cap Horn – La baie tournée vers l’est, primo capitolo di una saga scritta da Christian Perrissin e pubblicata da Les Humanoïdes Associés. Riboldi, affiancato dal team di coloristi Km Zero, mostra qui la maturità raggiunta nella narrazione visiva, in una graphic novel intensa e ricercata.
Ma è con Dampyr che ha scolpito il suo nome nel cuore dei lettori. Non era solo un copertinista, era l’alchimista delle atmosfere. Chi ha seguito il cammino del dhampir Harlan Draka, tra vampiri e maestri della notte, ha sempre potuto contare sul tratto di Riboldi per essere trasportato nel mood giusto, per avvertire quel brivido pre-lettura che solo una copertina davvero evocativa può offrire. La sua arte era un invito alla lettura, una soglia tra mondo reale e dimensioni oscure.
Oggi, nel rendergli omaggio, è impossibile non riflettere su quanto la figura dell’illustratore sia spesso sottovalutata nel racconto culturale. Eppure, quante volte abbiamo scelto un fumetto proprio per quella copertina, per quel volto, per quei colori? Enea Riboldi era un custode di sogni disegnati, un demiurgo silenzioso capace di plasmare interi mondi con il solo uso della grafite e dell’inchiostro.
La sua scomparsa lascia un vuoto profondo nel mondo del fumetto italiano e francese, ma anche nella memoria affettiva di tutti noi che, mese dopo mese, abbiamo atteso il ritorno di Dampyr come un appuntamento con l’ignoto, accompagnati sempre dallo sguardo magnetico e inquietante che Riboldi sapeva imprimere su ogni copertina.
Ciao Enea, e grazie per aver colorato i nostri incubi con tanta bellezza.
Se anche voi avete amato il lavoro di Enea Riboldi, raccontateci il vostro numero preferito di Dampyr, o la vostra copertina più amata. Condividete questo omaggio sui vostri social, parlatene con gli amici appassionati di fumetti e lasciate un commento: celebriamo insieme la memoria di un artista che ha dato forma ai nostri incubi e sogni più oscuri.
Aggiungi commento